Una contribuzione modesta, in media meno di 1.500 euro l'anno, in cambio di prestazioni pensionistiche che raggiungono i 740 euro, spalmati però su 12 mesi e a fronte di circa otto anni di versamenti. In pratica, poco più di 60 euro al mese. Si tratta dell'Enpap, l'ente di assistenza e previdenza degli psicologi italiani, vincolato a un sistema di calcolo contributivo a capitalizzazione, che però ne garantisce, per definizione, la sostenibilità di lungo periodo.
In questo quadro, sino al 2003, si è aggiunta una rivalutazione dei montanti non coperta dai rendimenti finanziari e, dunque, alimentata con i proventi della contribuzione integrativa. Secondo le stesse proiezioni dell'ente di previdenza, ha spiegato il presidente – recentemente rieletto – Demetrio Houlis, «tra 20-25 anni, il tasso di sostituzione, ovvero l'importo della pensione in base all'ultimo reddito professionale percepito dal professionista, dovrebbe aggirarsi attorno al 17 per cento».
Bilancio alla mano, la Cassa privata, istituita con il Dlgs 103/1996, ha aumentato, dal 2003 al 2004, i propri contribuenti dell'8%, con una crescita delle pensioni che si è invece impennata sino al 113%, passando dalle 128 unità del 2003 alle 273 dell'anno scorso. Il rapporto tra attivi e "ritirati", che già viaggiava a tre cifre (quasi 160 professionisti in attività per ciascun pensionato nel 2003) si è quindi, nel 2004, ridotto a 81, rimanendo comunque uno dei più elevati di tutta la "galassia" previdenziale professionale.
Un rapporto sempre solido, e tuttavia decrescente, anche quello tra entrate per contributi e uscite per pensioni, pari a 120 nel 2004 (era a quota 246 nel 2003). Se le entrate, infatti, sono aumentate dell'8,8% in un anno, le uscite si sono moltiplicate del 123 per cento. Tuttavia, ha sottolineato il presidente Houlis, «si stima che almeno 5mila iscritti, circa il 20%, svolgano la libera professione a tempo parziale, restando, innanzitutto, lavoratori dipendenti con un "primo pilastro" più stabile, costituito o già da decenni maturato presso le gestioni pubbliche. «In ogni caso – ha sollecitato Houlis – è necessario aprire un tavolo di confronto tra Governo e parti previdenziali, perché i margini di manovra per aumentare versamenti e rivalutazioni sono stretti e troppo vincolati ai parametri contenuti nella legge 335/95, adatti a una demografia ampia e non fisiologicamente limitata». Il contributo soggettivo annuo a carico di ogni iscritto all'Ente è pari al 10% del reddito professionale, dichiarato ai fini Irpef. Una percentuale che, a discrezione del singolo professionista e con scadenza annuale, può essere portata al 14 per cento. Il contributo integrativo, invece, è la maggiorazione del 2% sull'onorario.
Le richieste di Houlis di un tavolo di confronto con il ministero andrebbero nella direzione di coniugare, da un lato, un aumento della rivalutazione, e, dall'altro, un innalzamento delle aliquote per incrementare i meno di 1.500 euro annui di contribuzione media versata dagli psicologi. Un mix di difficile realizzazione se già oggi, come ha rilevato il Nucleo di valutazione per la spesa previdenziale del ministero del Welfare, l'Enpap deve ricorrere al contributo integrativo per far fronte alla rivalutazione dei montanti non coperta dai rendimenti finanziari. «Si trattava di una misura prevista dallo statuto – ha sottolineato Houlis – per assicurare temporaneamente l'equilibrio dell'ente. Tuttavia, abbiamo già rivisto le strategie d'investimento meno aggressivo e più stabile, nel medio-lungo periodo, tanto che, per la prima volta, i rendimenti finanziari copriranno la rivalutazione dei montanti».
Accanto a ciò, tuttavia, Houlis ritiene essenziale sviluppare una serie di servizi, anche di tipo assistenziale, utilizzando le sinergie già avviate in sede Adepp, attraverso l'Emapi (l'Ente di mutua assistenza dei professionisti). Sull'onda della delega previdenziale, si vorrebbe proporre «entro fine anno, un progetto di attuazione di un'assistenza sanitaria integrativa».
Articolo di Laura Cavestri, tratto da http://www.ilsole24ore.com
Ci sono 4 commenti.
Ho fatto un piccolo calcolo: considerando che uno psicologo dovrebbe andare in pensione a circa 70anni, perchè è comunque un lavoro che permette un ‘andata in pensionamento più tardi, rispetto ad altre professioni più logoranti, e considerando che il versamento di 1500 euro per 8 anni dovrebbbe fruttare 60 euro al mese, anche se sul lungo periodo; ragionando sul fatto che dopo i 70 anni c’è una speranza di vita, volendo essere ottimisti di altri 20, lo psicologo pensionato ha regalato 12000 euro e ne perderà circa la metà. Mi spiego meglio: se i 12000 euro li riponesse sotto il materasso frutterebbero esattamente 60 euro per 16 anni e 4 mesi. Il nostro psicologo pensionato avrebbe la bellezza di 86 anni e 4 mesi (se è nato il 1° gennaio e se ha stipulato la poliza sempre il 1° gennaio. Dov’è la convenienza?
mi chiedo se arrivati al 2007 le cose siano sempre più complesse ed economicamente sempre più pesanti. A questo punto non so se l’Enpap continuando così riuscirà a esistere….
di lavoro ce n’è sempre meno, di tase sempre di più. la situazione è non grave, ma gravissima, si vive in condizioni di disagio economico e non solo, sie ma ncano i soldi manca anche tant’ altro
e’ un’utopia forse sperare che nei prossimi immediati anni 2005 2006 si possa giungere ad una chiusura dell’enpap? Così da liberare dal ricatto istituzionale migliaia di psicologi che non hanno possibilità alcuna: o fanno il nero evadendo tasse e contribuzione o sottostanno al “pizzo” che l’ENPAP impone restituendoti niente, i tassi di interesse della cassa sono inesistenti, le uniche a trarne qualche vantaggio e che ne “hanno profittato” sono le psicologhe che si sono avvalse dei contributi di maternità (risultato il contributo è passato da 35 a 130 euro in 5 anni). E la chiamano previdenza?
E’ una cosa ridicola un abuso, un paradosso, non c’è uno psicologo che ne parli bene. Chiudiamola oppure raccogliamo delle firme per farla diventare una possibilità e non un’imposizione.