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    Aiutare gli altri, aiuta noi stessi

    In Italia il fenomeno del volontariato nasce in seguito alle grandi calamità naturali verificatesi nel nostro paese a partire dall’alluvione di Firenze del 1966.

    Fu proprio in tale occasione e per la prima volta dal dopoguerra, che migliaia di persone (soprattutto giovani) affluirono spontaneamente da tutto il territorio per portare il proprio soccorso a Firenze, mossi da un forte senso di solidarietà verso le persone colpite e riconoscendo l'importanza di salvaguardare il patrimonio artistico e culturale della città. Tutt'oggi quei ragazzi sono ricordati come gli "angeli del fango".

    Da allora ad oggi, il fenomeno è andato crescendo in modo esponenziale strutturandosi in numerose organizzazioni presenti in Italia (vedi elenco).

    In Italia sono quasi 5milioni i volontari – il 10% della popolazione – e tanti sono convinti che sia terapeutico; lo psicologo Gustavo Charmet afferma: "Il volontariato? «Fa così bene che dovrebbe essere obbligatorio».

    Molti psicologi, soprattutto negli Stati Uniti, stanno studiando perché le persone fanno volontariato e come fanno le organizzazioni a tenere, all’interno del proprio organico, i volontari a lungo termine.
    Dan Toporek,
    vice presidente delle comunicazioni aziendali per il sito Web di viaggi Travelocity, a volte si chiedeva se mancasse qualcosa che potesse migliorare il proprio benessere ed invece che abbandonare il lavoro, ha deciso di mettere le risorse della sua azienda a disposizione delle persone.

    Insieme ad alcuni collaboratori, ha convinto i capi a lanciare un nuovo programma chiamato “Travel for Good” per promuovere vacanze di volontariato.
    In queste vacanze, le persone trascorrono il tempo in attività come la pulizia di parchi nazionali o la costruzione di case. E queste vacanze stanno diventando sempre più popolari. Un organizzatore di vacanze senza scopo di lucro, GlobeAware, dice che,
    dal 2000 a oggi, le persone che hanno aderito sono aumentate del 33%.

    E’ ammirevole e al tempo stesso sorprendente che le persone rinunciano al tempo libero senza nessun evidente guadagno personale.
    Eppure, come afferma lo psicologo
    Mark Snyder dell'Università del Minnesota, negli Stati Uniti, quasi un adulto su tre fa regolarmente volontariato.

    Snyder ha iniziato a chiedersi cosa è che spinge così tante persone a donare tempo ed energia.
    Con i suoi colleghi ha lavorato per rispondere a questa domanda per più di 20 anni.
    A metà degli anni '80, lui e la psicologa Allen Omoto, della Claremont Graduate University, hanno cominciato a studiare i volontari che prestano assistenza a pazienti affetti da HIV/AIDS.

    Nel corso degli anni, hanno identificato cinque motivazioni principali che spingono le persone verso questa scelta:

    • Valori. Il volontariato soddisfa valori personali o preoccupazioni umanitarie. Per alcune persone questo può avere una componente religiosa.
    • Preoccupazione per la comunità, come ad esempio un quartiere o gruppo etnico a cui ci si sente legati.
    • Valorizzazione e stima. Il volontariato fa sentire meglio con se stessi.
    • Intesa. Il volontariato permette una migliore comprensione delle altre persone, culture o luoghi.
    • Sviluppo personale. Il volontariato permette di incontrare nuove persone e fare nuove amicizie.


    Omoto e Snyder dicono che la loro ricerca potrebbe aiutare le organizzazioni di volontariato. Ad esempio, se le organizzazioni comprendono le motivazioni primarie dei loro volontari, potrebbero adottare strategie di reclutamento che soddisfino le motivazioni alla base del volontariato.

    Fondamenti teorici

    Gli psicologi che indagano le motivazioni reali dei volontari si basano sulla teoria dell'altruismo.

    Le persone fanno cose altruiste – tra cui il volontariato – perché sono veramente altruiste e disinteressate, o perché ricevono qualche beneficio dagli atti altruistici?

    Dan Batson, psicologo, presso l’Università del Kansas è convinto che il vero altruismo esiste come uno stato motivazionale che ha l'obiettivo di aumentare il benessere di un'altra persona.
    Egli teorizza che l’altruismo sia proprio delle persone che provano empatia per gli altri.

    In uno studio classico, per esempio, ha chiesto ai partecipanti di guardare un complice sottoposto a falsi "shock" per aver sbagliato un test di memoria.
    Quando ha chiesto alle persone di immaginare il dolore di quella persona, quelli che provavano compassione sono stati disposti a subire diversi shock al posto del complice, anche se sono stati autorizzati a lasciare l'esperimento in qualsiasi momento.
    Ma lo psicologo Robert Cialdini, dell'Arizona State University, non è d'accordo.

    Egli dice che questo fenomeno accade perché il pensiero del dolore di un'altra persona ci rende tristi, ed evitarlo è un modo per farci star meglio e farci sentire utili. Oppure tendiamo ad aiutare un’altra persona perché vorremmo essere aiutati nello stesso modo.

    Come prova di questo, Cialdini ha scoperto che quando i partecipanti si ritengono simili ad un'altra persona sono più propensi ad aiutarla e viceversa.
    “Noi non crediamo ad una sorta di altruismo puro. Diciamo che c’è sempre associata una forma di “egoismo”.

    La maggior parte degli psicologi che studiano il volontariato sostiene che, sebbene tali argomentazioni teoriche siano importanti, esse non hanno molta attinenza con la questione pratica del perché la gente fa volontariato.
    Nel mondo reale, l'atto stesso del volontariato può avere una componente altruistica, che riflette una vera preoccupazione per il benessere degli altri, ma anche una componente egoistica.

    E' opportuno considerare la presenza di entrambi i fattori, anziché vederli in contrasto tra loro.

    FONTI
    http://www.protezionecivile.gov.it/
    http://www.apa.org/monitor/dec06/helping.aspx
    http://www.protezionecivileromacapitale.it/

    Approfondimenti
    Batson, C. (1998). Altruismo e comportamento prosociale. In D.T. Gilbert, S.T. Fiske & G. Lindzey (a cura di), Il Manuale di Psicologia Sociale, vol. 2 (4° ed., Pp 282-316). Boston: McGraw Hill.
    Clary, AD ESEMPIO, e Snyder, S. (1999). Le motivazioni al volontariato: considerazioni teoriche e pratiche. Current Directions in Psychological Science, 8, 156-159.
    Omoto, A. & Snyder, S. (2002). Considerazioni di comunità: il contesto e il processo del volontariato. L'American Behavioral Scientist, 45, 846-867.

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