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    Antitrust: sugli Ordini professionali servono norme per la concorrenza

    La maggior parte degli Ordini sta resistendo ai principi di liberalizzazione introdotti dalla legge  Bersani che va dunque rafforzata per garantire maggiore concorrenza nei servizi professionali. E’ la principale conclusione cui è giunta l’indagine conoscitiva dell’Antitrust su 13 ordini professionali, avviata a gennaio 2007. Dall’indagine emerge una scarsa propensione delle categorie, sia pur con positive eccezioni, ad accogliere nei codici deontologici quelle innovazioni necessarie per aumentare la spinta competitiva all’interno dei singoli comparti. La liberalizzazione della pattuizione del compenso del professionista, la possibilità di fare pubblicità informativa e di costituire società multidisciplinari non sono state colte come importanti opportunità di crescita ma come un ostacolo allo svolgimento della professione. L’Antitrust ribadisce che il settore dei servizi professionali non può sottrarsi ai principi concorrenziali più volte ribaditi anche a livello comunitario e auspica che gli Ordini adeguino completamente i loro codici alle linee indicate dall’Autorità.

    L’indagine condotta ha riguardato i codici deontologici di architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili.
    Di seguito le principali conclusioni dell'Antitrust

    RIFORMARE PER GARANTIRE LA LIBERALIZZAZIONE.

    La non corrispondenza di molti Codici ai principi concorrenziali è, di fatto, agevolata dalla normativa vigente: il decreto legge Bersani del 2006 come modificato dalla legge di conversione, a  differenza dell’originaria versione, si limita, infatti, a prevedere  la non obbligatorietà delle tariffe minime e fisse, lasciando  intendere che esse potrebbero essere considerate come riferimento,  raccomandazione o orientamento di prezzi per i professionisti,  attenuando così significativamente la portata liberalizzatrice della  riforma.

    Anche il potere di verifica sulla pubblicità attribuito agli ordini (ugualmente non previsto nel testo  dell’originario decreto legge) può essere utilizzato per limitare  l’uso della leva concorrenziale della pubblicità da parte dei  professionisti.

    Nell’ottica di favorire la più ampia liberalizzazione dei servizi professionali occorre inoltre prevedere  percorsi più agevoli di accesso alle professioni e un sistema degli
     ordinisti aperto alle rappresentanze di soggetti terzi per meglio  svolgere il necessario ruolo di raccordo tra professionisti e utenti  dei servizi professionali. E’ dunque auspicabile che il legislatore  preveda, a seconda delle circostanze, l’istituzione di corsi  universitari che consentano di conseguire direttamente l’abilitazione  all’esercizio della professione. Anche il periodo di tirocinio  dovrebbe essere proporzionato alle esigenze di apprendimento pratico  delle diverse professioni e dovrebbe poter essere svolto, ove in  concreto possibile, nell’ambito degli stessi corsi di studio.

    Infine, sarebbe opportuno che gli organi di governo degli ordini non  siano più espressione esclusiva degli appartenenti, ma siano composti  anche da soggetti estranei agli ordini stessi.

    Per questo l’Antitrust auspica un intervento del legislatore volto ad emendare la legge Bersani, prevedendo:

    1. l’abolizione delle tariffe minime o fisse
    2. l’abrogazione del potere di verifica della trasparenza e veridicità  della pubblicità esercitabile dagli ordini.
    3. l’istituzione di lauree abilitanti
    4. lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio
    5. la presenza di soggetti ‘terzi’ negli organi di governo degli  ordiniInoltre

    alcuni ordini (notai, geologi, giornalisti e psicologi) ancora oggi  prevedono, nei rispettivi codici deontologici, l’applicazione delle  tariffe minime o fisse per la remunerazione delle prestazioni professionali.

    Su un diverso profilo si cerca di superare l’abrogazione  dell’obbligatorietà dei minimi tariffari, prevedendo nei rispettivi  codici deontologici l’obbligo di rispettare il criterio del decoro  professionale (medici e odontoiatri, psicologi, geologi e ingegneri).

    Per l’Autorità, la nozione di decoro dovrebbe essere inserita, invece, nei codici di autoregolamentazione  esclusivamente come elemento che incentivi la concorrenza tra  professionisti e rafforzi i doveri di correttezza professionale nei confronti della clientela e non per guidare i comportamenti economici  dei professionisti. Un compenso alto può essere decoroso per una  prestazione di alto contenuto professionale ed economico, ma  indecoroso per una prestazione poco complessa, resa in modo  superficiale o di basso profilo economico.

    I ‘FILTRI’ SULLA PUBBLICITA’.

    Alcuni codici deontologici esaminati, dettano, in materia di pubblicità, disposizioni piuttosto restrittive, segno di una forte resistenza al recepimento dei principi antitrust. Particolarmente restii a introdurre i principi concorrenziali sono apparsi gli ordini degli avvocati, dei notai, degli architetti, degli ingegneri, dei medici e odontoiatri, degli psicologi e dei geologi. Altri ordini, tra cui il nuovo Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, il Collegio dei geometri, il Collegio dei periti industriali e l’Ordine dei farmacisti, hanno invece adeguato i rispettivi codici di condotta alle osservazioni formulate dall’Antitrust nel corso dell’indagine, eliminando le limitazioni relative ai mezzi di diffusione delle pubblicità e al contenuto delle pubblicità, tra cui i limiti del decoro e della dignità della professione. Solo geometri e periti industriali hanno infine previsto espressamente la facoltà di diffondere messaggi pubblicitari comparativi.

    Alcuni ordini hanno previsto un potere di controllo autorizzatorio e preventivo (avvocati, psicologi, medici e odontoiatri, ingegneri, geologi), mentre la legge Bersani si limita a prevedere una verifica successiva alla diffusione del messaggio pubblicitario. In alcuni codici è stata infine prevista la facoltà o l’obbligo di trasmissione della pubblicità, contestuale o successiva alla diffusione, all’organismo di controllo deontologico (farmacisti, psicologi, geologi, avvocati per i messaggi diffusi sul web).

    Fonte: http://www.repubblica.it

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