L’Alzheimer è una patologia che ancora oggi non ha trovato una risposta definitiva e risolutiva in campo medico-scientifico, per questo motivo sono tenute in alta considerazione tutte quelle forme di ricerca e intervento che si dimostrino in grado di aiutare e accompagnare in maniera seria e competente coloro che ne soffrono.
La domanda per lo sviluppo di appropriate terapie complementari per migliorare la vita dei pazienti con malattie neurodegenerative di questo tipo sta quindi progressivamente crescendo, proprio in quanto i trattamenti medici convenzionali offrono la possibilità di alleviare i sintomi, ma non quella di far retrocedere o arrestare l’avanzamento della malattia.
Con il progredire del processo degenerativo, la qualità di vita dei pazienti si deteriora inevitabilmente, come anche quella dei loro familiari. Gli effetti negativi del deterioramento cognitivo emergono in tutta la loro pervasività, provocando non soltanto disturbi a livello linguistico comunicativo, motorio, esecutivo, ecc., ma anche a livello psicologico e comportamentale.
I cosiddetti Behavioural and Psychological Signs and Symptoms in Dementia (BPSD) sono appunto quei sintomi comportamentali e psicologici che possono complicare ulteriormente la malattia e su cui è possibile nonché opportuno lavorare per rendere più ‘dolce’ il suo decorso.
Diviene quindi necessaria e urgente l’applicazione di forme di intervento che agiscano in particolare sulla condizione di benessere personale e sociale che questi pazienti hanno ancora la possibilità di sperimentare.
Il miglioramento del loro stato emotivo genererà un effetto positivo che a cascata ricadrà sui loro caregivers, familiari e operatori sanitari, innescando un circolo virtuoso che tenderà ad auto-rafforzarsi.
Fra queste terapie rivestono un ruolo di particolare rilievo le artiterapie.
Esse si possono definire come quell’insieme di tecniche e metodologie che si avvalgono dell’uso di attività artistiche come mezzo preventivo, terapeutico, riabilitativo, di promozione e mantenimento del benessere psicofisico del soggetto.
A seconda del medium (strumento che agisce da mediatore) utilizzato per raggiungere l’obiettivo, si possono identificare diverse aree e relative modalità di intervento:
- arte visiva/grafico-plastica (arteterapia),
- musica (musicoterapia),
- danza-movimento (danzaterapia),
- teatro (teatroterapia).
Al giorno d’oggi le terapie che si basano sulle arti creative contribuiscono a sostenere numerose aree dell’assistenza sanitaria, affiancando i trattamenti tradizionali in diverse malattie fisiologiche e psicologiche.
Si è discusso ampiamente sulla reale efficacia delle artiterapie nel trattamento riabilitativo per persone con malattie mentali o cerebrali (morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, autismo, schizofrenia, ecc.).
Da un lato diversi studi osservativi e prove aneddotiche supportano con entusiasmo la loro validità.
Dall’altro lato, gli studi clinici rigorosi non sono così numerosi da garantire una solida evidenza empirica che permetta una valutazione completa dei rischi e dei benefici apportati da interventi di questo tipo.
Tuttavia, anche se l’attuale corpo di ricerca è ancora limitato rispetto a quello della medicina tradizionale, le artiterapie stanno convalidando il loro statuto attraverso una crescente quantità di studi sperimentali e descrittivi controllati.
Esse rappresentano così una parte significativa della medicina complementare del nostro tempo e contribuiscono in modo rilevante all’umanizzazione e al comfort delle moderne istituzioni sanitarie per alleviare lo stress, l’ansia e il dolore dei pazienti e dei loro familiari. Per questo motivo è facile prevedere che il loro ruolo nelle pratiche di assistenza sanitaria si amplierà ulteriormente.
L’arteterapia si rivela un utile strumento per ottenere un miglioramento della qualità di vita dei pazienti con demenza poiché, nonostante il progredire dei disturbi dovuti alla malattia, essi possono essere ancora in grado di produrre e apprezzare l’arte visiva.
Diversi studi indicano che l’arteterapia impegna l’attenzione, produce piacere, migliora i sintomi neuropsichiatrici, favorisce il comportamento sociale e l'accrescimento dell’autostima dei pazienti con Alzheimer.
Una componente importante risiede nel fatto che essa da una parte può agire a livello terapeutico, dall’altra può fornire preziose informazioni sullo stato del paziente, le quali possono essere a loro volta utilizzate per modificare l’intervento nella maniera più congrua alle sue condizioni attuali.
L’arteterapia può dunque essere utilizzata per osservare i deficit della persona relativi all’orientamento, la memoria, la percezione, la comprensione.
Permette infatti di valutare se vengono scelti colori realistici o omesse parti importanti della composizione, se la rappresentazione ha un senso per il paziente e per chi la osserva, se i colori e le forme possono ancora essere riconosciuti e nominati.
Inoltre attività come l’acquerello o la pittura a tempera sfidano le abilità percettive, organizzative e manipolative del paziente richiedendo molteplici passaggi (bagnare il pennello nell’acqua, scegliere il colore, posare il pennello sul foglio, muoverlo sulla carta, cambiare colore sciacquando il pennello, ecc.) che implicano adeguate capacità di coordinazione e manipolazione.
Infine, il paziente riesce a dare un titolo al suo quadro e a firmarlo?
Ricorda cosa ha appena disegnato o cosa ha disegnato nell’incontro precedente?
Tutte queste componenti coinvolte nel processo arteterapeutico da una parte permettono al paziente di esprimersi mettendo in gioco le sue facoltà conservate, dall’altra rivelano informazioni importanti sull’avanzamento della demenza.
L’arteterapeuta dovrà considerare tali informazioni e tenere conto dei limiti oggettivi che la malattia impone adoperando l’arteterapia in modo da far sentire ancora il paziente capace di creare qualcosa in prima persona aumentando la sua autostima e il suo senso di auto-efficacia senza provocare inutili frustrazioni.
L’arteterapia servirà a questi pazienti per sentirsi attivi, e allo stesso tempo stimolerà l’utilizzo delle loro capacità residue utilizzando una modalità piacevole di espressione.
Sarà utile inoltre per stimolare le loro reminiscenze (molti imput possono innescare la rievocazione dei ricordi) e, nella modalità di gruppo, per migliorare la dimensione relazionale, favorendo l’interazione fra i pazienti (attraverso, ad esempio, il lavorare insieme su un grande foglio di carta, realizzare un collage collettivo, e via dicendo).
L’arteterapia si dimostra quindi un alleato prezioso per osservare deficit e risorse dei pazienti e stimolare processi cognitivi, memoria, abilità motorie e di orientamento visuo-spaziale, ma non di meno per migliorare il loro benessere, la qualità della loro vita, le loro relazioni.
Ogni paziente nella produzione delle sue opere dovrà impegnarsi nel progettare la sua creazione ragionando su come realizzarla.
Anche se i pazienti affetti da demenza vanno perdendo la capacità di mantenere le loro normali attività, di svolgere compiti semplici e anche la loro capacità di divertirsi, attraverso la creazione di opportunità di esplorare le possibilità di espressione artistica, senza giudizio o critica, si può portarli ad una maggiore consapevolezza di sé e ad un rafforzamento della loro autostima, liberandone l’innata energia creativa.
Anche la musicoterapia viene oggi ampiamente utilizzata con questo tipo di pazienti.
Le due forme principali in cui la musicoterapia può essere applicata, ossia l’attivo-propositiva e la passivo-recettiva, potenziano, l’una con l’improvvisazione musicale, il canto, la scrittura di canzoni ed altre attività di questo tipo, l’altra con l’ascolto, ora la relazione ora gli effetti psicologici positivi che riguardano processi emotivi e pensieri.
Diversi studi indicano la sua efficacia nel trattamento dei sintomi ansiosi, depressivi e delle alterazioni comportamentali come agitazione, irrequietezza, aggressività che complicano la malattia di Alzheimer.
Attraverso l'uso sistematico di melodie, suoni e movimenti essa consente di aumentare il livello di benessere e l'interazione tra i pazienti, diminuendo il loro senso di isolamento.
La musicoterapia appare anche in grado di stimolare le capacità verbali e contrastare i deficit del linguaggio che si manifestano con un progressivo deterioramento dei discorsi spontanei, la tendenza parlare meno e a fare discorsi confusi.
Infatti la capacità di cantare vecchie canzoni può rimanere intatta a lungo, e, se espressa in gruppo, favorire la conversazione e incoraggiare risposte spontanee anche in una fase medio-tardiva, generando nei pazienti sentimenti positivi, un senso di realizzazione, soddisfazione e appartenenza.
Il ricorso a canzoni appartenenti al passato dei pazienti, in particolare canzoni legate alla loro identità sociale e nazionale, consentirebbe inoltre di suscitare ricordi e accedere a contenuti autobiografici, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia quando le facoltà cognitive sono maggiormente conservate.
Nelle fasi moderate e gravi sarà comunque possibile avvalersi del suo contributo per favorire il benessere e infine ‘accompagnare’ il paziente.
La musicoterapia -e quindi le attività relative al cantare, ascoltare musica, improvvisare, ecc.- altera dunque le diverse componenti della malattia attraverso gli impatti sensoriali, cognitivi, emotivi, comportamentali e sociali che produce.
Essa impegna una varietà di aree del cervello coinvolte nelle emozioni, motivazioni, cognizioni, e funzioni motorie, e pertanto può essere usata per incrementare le funzioni relazionali, cognitive, emotive e neuromotorie della persona.
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