I sistemi di intelligenza artificiale (IA) che sono stati sviluppati fino ad oggi, possono essere "intelligenti", ma non sono altrettanto validi come l'apprendimento e lo sviluppo del pensiero delle persone.
Oggi, i ricercatori si rivolgono alla psicologia per progettare la prossima generazione di macchine intelligenti.
Per gli psicologi e i ricercatori di IA che adottano un approccio "bottom-up", allo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale, la domanda chiave è: "Da dove viene tutta questa conoscenza?".
Gli esseri umani possono essere in grado di comprendere le barzellette oppure riconoscere un ananas dopo averne visto un solo esempio, ma lo fanno attraverso decenni (o, nel caso di bambini, mesi o anni) di esperienza e osservazione.
I ricercatori che lavorano su questi temi e orientati alla connessione tra la psicologia e IA, pensano che se vogliamo costruire macchine con la flessibilità dell’intelligenza umana, avremo bisogno non solo di scrivere algoritmi che riflettono il ragionamento umano, ma anche, per cominciare di capire come il cervello sviluppa quegli algoritmi.
Smith, uno psicologo dell’età evolutiva presso l’Università dell’Indiana, crede che la risposta a quel puzzle possa venire dallo studio dei bambini.
Smith afferma che: "La mia opinione personale è che i bambini sono le cose più intelligenti sulla Terra in termini di apprendimento, possono imparare qualsiasi cosa e possono farlo da zero". "E ciò che i bambini fanno e che le macchine non fanno è generare i propri dati".
In altre parole, le reti neurali profonde (in inglese deep learning ovvero un insieme di algoritmi e tecniche statistiche utilizzati dai sistemi computazionali) imparano a distinguere tra mele e banane visualizzando migliaia di immagini di ciascuna di questi elementi.
Ma i bambini, dal momento in cui riescono a girare la testa, a gattonare e afferrare le cose, influenzano la composizione dei loro "dati di allenamento" scegliendo dove guardare, dove andare e cosa afferrare.
In una serie di studi, Smith e i suoi colleghi stanno analizzando bambini in età prescolare con videocamere montate sulla testa per analizzare da vicino come vedono il mondo.
Ad esempio, in un recente studio hanno scoperto che durante i pasti, i bambini di età compresa tra 8 e 10 mesi guardano preferenzialmente un numero limitato di scene e di oggetti – la sedia, gli utensili, il cibo e altro – in un modo che in seguito li aiuterà ad imparare le loro prime parole.
Hanno anche scoperto che le scene e gli oggetti che i bambini scelgono di guardare differiscono dai tipi di "immagini di allenamento" (training data) spesso usate nei modelli computazionali per i sistemi di apprendimento visivo tipici dell’intelligenza artificiale (Phil. Trans. R. Soc. B, Vol. 372, No. 1711, 2017).
Smith sta collaborando con i ricercatori che studiano lo sviluppo dell’apprendimento automatico (machine learning) per cercare di capire di più su come la struttura di questo tipo di dati visivi e di altri tipi di dati, aiuta i bambini a sviluppare i modelli mentali che saranno alla base dell'apprendimento lungo tutta la vita.
Altri psicologi dello sviluppo, nel frattempo, adottano un approccio più top-down. Gopnik, per esempio, è d'accordo con Smith sul fatto che studiare i neonati e bambini offrirà preziose conoscenze per l'intelligenza artificiale. Ma lei e i suoi colleghi lo fanno cercando di costruire modelli che spieghino l'apprendimento e il pensiero dei bambini e di capire in che modo questi modelli differiscono da quelli che sono alla base della cognizione degli adulti.
Ha scoperto, ad esempio, che i bambini hanno una notevole capacità creativa e un pensiero flessibile. Date alcune informazioni da interpretare o un problema da risolvere, è più probabile che i bambini considerino possibilità insolite rispetto agli adulti, il che li rende più soggetti a errori, ma anche più propensi rispetto agli adulti a risolvere rapidamente problemi che presentano una soluzione inaspettata.
"I bambini sono letteralmente e metaforicamente “rumorosi", dice. "Tradizionalmente, gli psicologi lo hanno visto come un bug, ma la mia idea è che un sacco di cose che le persone vedono come bug potrebbero essere delle caratteristiche importanti."
In una serie di studi, ad esempio, lei e i suoi colleghi hanno mostrato che, quando la soluzione al problema era inaspettata, allora i bambini erano più propensi degli adulti ad arrivare alla risposta giusta, e i bambini più piccoli erano più bravi di quanto non lo fossero i bambini più grandi (PNAS , Vol. 114, No. 30, 2017).
Costruire modelli che riflettono questo e altri aspetti tipici di come i bambini imparano potrebbe aiutare i ricercatori dell'IA a sviluppare computer che catturano parte della creatività dei bambini, del pensiero flessibile e della capacità di apprendimento.
Riferimenti
L'articolo è stato tratto da una ricerca pubblicata sul sito www.apa.org
L'articolo è stato tratto da una ricerca pubblicata sul sito www.apa.org
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