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    Benevento, detenuto suicida in cella 18esimo caso dall’inizio dell’anno

    Nuovo suicidio in carcere. Questa volta è accaduto a Benevento, dove un detenuto italiano si è tolto la vita. Si tratta del 18esimo caso dall'inizio dell'anno. Un dato preoccupante, come denunciano i sindacati di polizia penitenziaria che registrano un fenomeno in crescita: 48 i casi nel 2008 passati a 72 lo scorso anno. L'uomo, 39 anni, napoletano, collaboratore di giustizia, si è suicidato nella tarda serata di ieri impiccandosi con una calzamaglia nella propria cella del reparto transito della casa circondariale di Benevento, struttura che ospita quasi 400 detenuti a fronte dei circa 240 posti regolamentari. Il detenuto, in attesa di giudizio dopo essere finito in una retata contro lo spaccio di sostanze stupefacenti, era giunto a Benevento lo scorso 12 febbraio.

    "La macabra conta, purtroppo e inevitabilmente, è destinata ad aumentare – dichiara il segretario generale della Uil penitenziari, Eugenio Sarno – è chiaro che le soluzioni tampone ed estemporanee adottate dal Dap nulla risolvono, se non addossare sulle già fragili spalle della polizia penitenziaria responsabilità e competenze estranee al proprio mandato", aggiunge.

    "Il fenomeno dei suicidi in carcere – afferma il segretario generale del Sappe, Donato Capece – ci preoccupa, come ci preoccupa la grave rivolta di Porto Azzurro e le continue aggressioni a poliziotti penitenziari. La carenza di personale di polizia penitenziaria (ben 6mila unità) e di educatori, di psicologi e di personale medico specializzato, il pesante sovraffollamento (oltre 67mila detenuti in carceri che ne potrebbero ospitare 43mila, con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate oltre ogni limite) sono temi che si dibattono da tempo, senza soluzione, e sono concause di questi tragici episodi".

    "Il personale di polizia penitenziaria – prosegue il segretario del Sappe – è stato ed è spesso lasciato da solo a gestire all'interno delle nostre carceri moltissime situazioni di disagio sociale. Non si può e non si deve chiedere al personale di 'accollarsi' la responsabilità di tracciare profili psicologici che possano eventualmente permettere di intuire l'eventuale rischio di autolesionismo da parte dei detenuti. E' necessario dare attuazione alle previsioni contenute nel piano carceri del governo, potenziando maggiormente il ricorso all'area penale esterna e limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari. Ma è il mondo della politica che dovrebbe fare di più". Una cosa è certa, conclude Capece: "Se non fosse per la professionalità, l'attenzione, il senso del dovere dei poliziotti penitenziari le morti per suicidio in carcere sarebbero molte di più di quelle attuali".

    Fonte: http://www.repubblica.it/

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