Un nuovo tassello si aggiunge alla comprensione di fenomeni legati alla memoria. E’ noto che le esperienze traumatiche lasciano un segno, spesso indelebile, proprio a causa della grande emozione provocata dall’evento. I ricordi piacevoli non presentano l’intrusività e l’ossessività che caratterizzano quelli connessi a situazioni emotivamente stressanti. L’ipermemoria e l’ipervigilanza costituiscono un tratto distintivo della personalità dei soggetti traumatizzati, cosicché i ricordi dolorosi possono riattivarsi al minimo segnale associato al trauma, o ripresentarsi spontaneamente, in forma ricorrente, come flashback durante la veglia o incubi nel sonno.
Un deficit nell’estinzione di memorie spiacevoli è particolarmente importante riguardo alla paura e limita gli effetti dei trattamenti dei disturbi d’ansia. L’estinzione della paura implica le influenze inibitorie della corteccia prefrontale sull’amigdala (struttura del sistema limbico che rappresenta la sentinella delle emozioni, capace di rispondere prima della neocorteccia, ed eventualmente, di effettuare una sorta di “sequestro emozionale”). Proprio sulla struttura dell’amigdala si è concentrata l’attenzione di un gruppo di studio guidato da Nadine Gogolla, ricercatrice presso il Dipartimento di biologia cellulare e molecolare della Harvard University, individuando un processo che concorre alla permanenza dei ricordi paurosi. I risultati preliminari dello studio, condotto sui topi, sono stati pubblicati sulla rivista “Science”, con un approfondimento curato da Tommaso Pizzorusso, ricercatore all’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa.
La paura può essere indotta sperimentalmente in animali da laboratorio. L’ansia che viene appresa associando uno stimolo neutro che produce una sensazione inoffensiva (stimolo condizionato, ad esempio, il suono di un campanello o una gabbia bianca) con un rinforzo negativo (stimolo incondizionato, come una breve e leggera scossa elettrica a cui l’animale non può sottrarsi in alcun modo), è detta “paura condizionata”. Il processo opposto, l’estinzione della paura, è una tecnica che si basa sul decremento delle risposte alla paura quando si interrompe l’associazione tra lo stimolo condizionato e quello incondizionato, presentando ripetutamente lo stimolo condizionato senza farlo seguire dallo shock. E’ adesso comunemente accettata l’idea che l’estinzione rappresenti un nuovo apprendimento e non eradichi la preesistente memoria. Al contrario, la memoria originaria può ritornare spontaneamente, o può essere ripresa, se lo stimolo condiziononato viene presentato in contesti differenti da quello in cui il protocollo di estinzione è stato effettuato.
Le ricerche sugli animali hanno mostrato chiaramente che l’efficacia dell’apprendimento legato al processo di estinzione dipende dall’età. Nei soggetti giovani le memorie di eventi paurosi possono essere cancellate in maniera definitiva, mentre negli adulti il condizionamento alla paura induce la formazione di memorie resistenti al trattamento di estinzione. Queste osservazioni hanno suggerito l’ipotesi che le memorie di emozioni spaventose siano attivamente protette negli adulti. Il gruppo di ricerca ha dimostrato che la protezione è conferita dai proteoglicani di condroitin solfato (CSPGs) presenti nella rete perineuronale (una forma altamente strutturata di matrice extracellulare attorno ai neuroni inibitori) che costituisce l’impalcatura dell’amigdala.
Gli esperimenti sono stati condotti nei topi, durante il periodo postnatale (a 16 giorni e a 23 giorni dopo la nascita), e su topi adulti di tre mesi di vita. L’organizzazione dei CSPGs all’interno della rete perineuronale coincide con il periodo cruciale che segna il passaggio alla fase dello sviluppo (dall’età giovanile a quella adulta, intorno alla terza settimana di vita) in cui la memoria della paura diventa persistente. Se la matrice extracellulare è rimossa nell’amigdala di topi adulti tramite un enzima specifico, viene facilitata l’estinzione delle risposte alla paura condizionata, indicando che una rete perineuronale intatta media la formazione di memorie commesse alla paura resistenti all’eradicazione. Nadine Gogolla ha notato altresì che la degradazione chimica della matrice funziona nel cancellare i ricordi spiacevoli solo se viene effettuata prima del condizionamento alla paura e non agisce su quelli già esistenti. Ciò indica la possibilità che la presenza della rete protettiva modifichi il processo attraverso il quale i ricordi dolorosi vengono immagazzinati nel cervello. E’ un piccolo passo in avanti nella conoscenza della neurobiologia della paura, e potrà condurre alla messa a punto di farmaci utili a prevenire, se non a curare, i disturbi d’ansia, nei soggetti più vulnerabili.
Fonte: http://www.lastampa.it/