Il reddito degli italiani aumenta. Il dato, che stride con il generale clima di pessimismo del Paese, è stato fornito questa mattina dal Censis, che ha presentato a Roma uno studio su “Gli angusti canali della formazione del reddito”. Contemporaneamente, però, si sviluppano fenomeni microevasivi: cresce il giro d’affari del sommerso (+28,2%), prodotto dagli evasori paratotali, a fronte di una marcata contrazione di quelli legati all’evasione totale (- 27,2 per cento). Un dato fornito dalla ricerca: nell’ultimo anno gli italiani colti all’uscita di un negozio senza scontrino o ricevuta fiscale sono passati, rispettivamente, dal 19,3% al 21,3% e dal 16,6% al 18,4 per cento. E quando la sede di lavoro si sposta a casa, la tentazione di non dichiarare al Fisco le prestazioni di badanti, colf, ripetizioni a domicilio e personal trainer è forte.
I redditi degli italiani
Il reddito al netto di imposte e contributi delle famiglie italiane negli ultimi 4 anni è cresciuto del 6,1%: per ogni singola famiglia l’aumento è stato del 2,4 per cento. Le motivazioni di questo aumento, secondo il Censis, sono la crescita del numero di percettori di reddito. “Qui si è andato innescando nell’ultimo decennio – sottolinea la ricerca – un pericoloso processo di divaricazione sociale, tra lavoratori autonomi e dipendenti, i cui livelli reddituali hanno iniziato a viaggiare su binari del tutto differenti”. In base ai dati Istat, infatti, tra il 2000 e il 2004 è stata registrata una stagnazione del reddito individuale da lavoro dipendente, cresciuto solo dell’1,6%, mentre il reddito da lavoro autonomo ha segnato un +10,1%, realizzato esclusivamente nell’ultimo quadriennio. E, ancora, sono aumentati i redditi di fabbricato (+16% in quattro anni), che hanno controbilanciato la contrazione delle rendite finanziarie (- 25,9 per cento) e c’è un costante incremento delle prestazioni sociali (+8 per cento).
Il lavoro continua a essere la principale fonte di reddito delle famiglie italiane, ma i benefici delle maggiori disponibilità finanziarie sono andati soprattutto a imprenditori e liberi professionisti e, complessivamente, alle famiglie medio-alte.
Evasione fiscale in crescita
Sempre più diffusa l’evasione fiscale che, secondo l’Istat, rappresenterebbe il 7,1% del Pil, cui si sommerebbe l’8,2% derivante da lavoro irregolare e costituirebbe circa la metà del totale del valore derivante da attività irregolare. La sensazione – sottolinea lo studio – è che stia crescendo un sommerso più fluido del passato, proprio perché fatto sempre più di terziario, cash e microtransazioni informali.
Il fenomeno si concentra soprattutto al Sud, dove ogni 10 euro dichiarati al Fisco se ne contano 99,5 nascosti. Nei servizi alle famiglie si stimano 112 euro evasi ogni 100 dichiarati. Evasione forte anche nei servizi avanzati alle imprese e nel commercio: il Censis ha calcolato che i primi, che coprono il 39,4% dell’imponibile evaso in Italia, sottraggono a tassazione l’86%, mentre i secondi il 70 per cento.
Un dato allarmante se si considera che gli esercizi pubblici sono i luoghi dove il fenomeno tende a essere più contenuto. Secondo una indagine Censis svolta lo scorso settembre il 96,8% degli italiani dichiara di ricevere lo scontrino fiscale nei negozi di alimentari, il 96,3% di aver avuto la ricevuta fiscale, come il 94,9% di chi è andato in un negozio di arredamento e il 92,7% di chi è stato in un ristorante o in un bar. Le eccezioni riguardano autoriparazioni, carrozzieri e istituti di bellezza, dove, stando a quello che dicono i clienti, la mancata fatturazione è più diffusa.
La tentazione di eludere il Fisco quando la sede di lavoro si sposta dalla strada a casa è forte. Ripetizioni a domicilio e personal trainer guidano la classifica delle evasioni (52,6%), seguite da badanti e colf (50%). Sorprendente trovare al terzo posto della graduatoria gli psicologi (36%), seguiti da idraulici (34%), falegnami, ingegneri e avvocati. Tassi di evasione più bassi per notai (6,2%) commercialisti (11,4%) e dentisti (15 per cento). In costante crescita anche la tendenza all’evasione dei lavoratori autonomi.
I redditi invisibili
Un lavoratore su sette percepisce una retribuzione in nero, questo escludendo i lavoratori in “grigio”, che ricevono senza dichiararlo fuoribusta, straordinari, sono soggetti a doppia busta paga o alla sottodichiarazione delle giornate lavorate. Il lavoro irregolare alimenta redditi invisibili che contribuiscono per il 50,6% alla produzione di sommerso. Si tratta di circa 103 miliardi di euro sottratti all’Erario, prodotto da oltre 3 milioni di lavoratori sommersi, il 14,2% della forza lavoro del Paese.
E’ totalmente sommerso un lavoratore su 10 al Nord, uno su 7 al centro, 1 su 4 al Sud. Lavora totalmente in nero un occupato su 3 in agricoltura e nei trasporti, uno su 4 in alberghi e pubblici esercizi, uno su 6 nel commercio, nelle attività immobiliari, di servizio all’impresa e di ricerca, uno su 7 in edilizia, nei servizi sociali e nella pubblica amministrazione.
La contrazione del lavoro irregolare ha riguardato solo gli immigrati, per effetto della regolarizzazione della legge Bossi-Fini che ha sistemato 700mila irregolari, ma che oggi, visto lo scarso numero di posti rispetto al fabbisogno delle imprese previsto dal decreto flussi, potrebbe trasformarsi in un boomerang (30mila posti rispetto a una stima di 165mila richieste). Il lavoro sommerso nostrano è, invece, in crescita: ha registrato un +0,3%, portando a 3 milioni il numero degli irregolari made in Italy.
Articolo di Nicoletta Cottone, tratto da http://www.ilsole24ore.com