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    Dai manager alle famiglie, spunta lo stress da crisi

    Le storie si moltiplicano tristemente, ormai segnalano fenomeni di massa. Piccoli risparmiatori privati della pensione integrativa per il crollo delle banche. Anziani in preda al panico da povertà. Famiglie costrette a rinunciare alla propria casa per la crescita dei mutui. Basta consultare psichiatri di base o associazioni di volontariato per scoprire un'Italia disperata. Il caso di B.C, iniziali inventate. Ha 75 anni. La salute è malferma. La pensione di nemmeno 1000 euro non gli basta più, il costo della vita aumenta, vive nel terrore che i 25.000 euro risparmiati svaniscano come neve al sole («lo dice anche la tv che le banche possono fallire…»). E adesso non fa che cercare un posto di lavoro, magari come aiutante in un supermercato. Il medico ha tentato di dissuaderlo. Senza successo. Nemmeno lo psicologo di base c'è riuscito. Altra vicenda. Una famiglia (impiegato lui, lavoratrice precaria lei, due figli) quattro anni fa compra casa (siamo a Roma, uno stabile venduto da un ex ente a prezzi bassi su viale Trastevere). Lei perde il «lavoretto», il mutuo a tasso variabile diventa insostenibile. Addio casa. Lui cade in depressione, la vita del nucleo è sfigurata.

    Altra famiglia. Lui sempre impiegato, lei lavoratrice part time. Ma la moglie si ammala, sottrae reddito e tempo ai figli per curarsi. Contraggono tra parenti e amici 7000 euro di debiti, sfiorano gli strozzini perché la banca non ha base per impiantare un prestito e quindi diventa «nemica», soprattutto in tempi di crisi. L'aiuto arriva dalla Comunità di Sant'Egidio che li indirizza verso altre possibili soluzioni e aiuta anche psicologicamente genitori e due figli adolescenti ad affrontare la marea nera dell'angoscia. Altra storia, un ex dirigente di banca potrebbe far assumere la figlia in un posto simile al suo: «Ma non voglio. Avrebbe un peso moralmente insostenibile. Suggerire ai clienti meno forti, pensionati e piccoli risparmiatori, di investire su prodotti che il bancario in partenza sa essere incerti e rischiosi». Dice Emilio Lupo, direttore dell'Unità complessa di salute mentale della Asl Napoli 1 al Rione Sanità e segretario nazionale di Psichiatria democratica: «C'è allarme nelle fasce deboli perché mancano gli strumenti per decodificare un fenomeno troppo complesso che si abbatte sulla gente comune, e lì esplode l'angoscia».

    La novità si sovrappone a un problema ormai strutturale: «L'assenza generalizzata di una capacità di progettare il futuro e di inseguire un sogno personale e collettivo. Qui la politica, in entrambi gli schieramenti, ha una forte responsabilità». Ma quali meccanismi generalizzati avvia la sensazione collettiva di una crisi? Dice Alberto Gaston già docente di Clinica psichiatrica a «La Sapienza» di Roma: «Tra i motivi scatenanti della depressione cosiddetta "maggiore", oltre alla perdita della stima di sé o alla paura per la salute, c'è il terrore dell'impoverimento. Questo per spiegare quando sia antico e radicato il fenomeno di quella paura». E come reagiscono uomini e donne di fronte alla crisi? Chi è più bravo? «Esprimo un'opinione personale. Sicuramente le donne, perché hanno maggiore capacità di modulare il rapporto col bene materiale, manifestano più distacco e quindi non si fanno invadere dall'ansia di perderlo. L'uomo identifica nel bene un "territorio" di autoaffermazione». Avvisare o no i figli del possibile pericolo? «Solo nel caso di personalità sicure e strutturate. Altrimenti è solo un modo, da parte del genitore, di scaricare la propria angoscia. Invece è compito delle persone mature saperla gestire. Molte fragilità, in caso contrario, potrebbero aggravarsi».

    Infine Paolo Legrenzi, docente di Psicologia cognitiva dell'Istituto universitario di architettura di Venezia: «L'Italia è psicologicamente e collettivamente risparmiosa, fa come le formiche. Ora non si sa più dove mettere il cibo al riparo in vista dei tempi più duri. Alla fascia dei deboli che si sentono turlupinati dall'euro ora si aggiunge quella dei piccoli risparmiatori. In più le famiglie avvertono che, per la prima volta nella storia recente, i figli saranno più poveri delle generazioni precedenti». Un consiglio psicologico? «Saper storicizzare, ricordarsi che dopo la crisi 2000-2003 arrivò la ripresa, non farsi travolgere dall'ansia collettiva. Quello è l'errore principale».

    Articolo di Paolo Conti, tratto da: http://www.corriere.it

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