Nella popolazione anziana si assiste ad un aumento dell’incidenza di malattie croniche, tra le quali la demenza è certamente quella maggiormente temuta. Tra le diverse forme di demenza, la demenza di Alzheimer è quella più diffusa e rappresenta una delle maggiori cause di disabilità, dipendenza e istituzionalizzazione per i malati e di carico e stress per i caregivers.
La demenza è una sindrome caratterizzata da sintomi che possono essere raggruppati in tre grandi domini: aspetti cognitivi, aspetti funzionali e sintomi comportamentali o neuropsichiatrici. Il declino cognitivo può coinvolgere diversi aree: la memoria, il linguaggio, l’apprendimento, le funzioni esecutive, l’attenzione, il movimento, la cognizione sociale eccetera.
Allo stato attuale non esiste un trattamento capace di curare la demenza di Alzheimer, la limitata efficacia dei trattamenti farmacologici e la plasticità del cervello umano sono le due maggiori spiegazioni dell’interesse crescente per i trattamenti non-farmacologici, che potrebbero rappresentare promettenti mezzi per incrementare il benessere psicologico e la qualità della vita delle persone con demenza, entrambi fortemente compromessi, nelle persone con demenza di Alzheimer.
Nelle strutture che accolgono persone con demenza, allo stato attuale, vengono proposte diverse attività che variano per tipo ed intensità. Alcuni tra questi trattamenti non farmacologici, in pazienti con Alzheimer lieve-moderato, hanno prodotto un miglioramento del benessere fisico e psicologico, della qualità della vita e dell’integrazione sociale.
Una recente review elenca alcuni interventi non farmacologici che potrebbero contribuire a promuovere il benessere e la qualità della vita della persona con demenza attraverso, ad esempio, una riduzione dei sintomi comportamentali, tra i quali, principalmente, la Terapia della bambola o doll therapy.
La Terapia della bambola consiste nell’utilizzo di bambole con caratteristiche particolari tali da favorire l’accudimento attivo da parte dell’anziano con un grado di demenza severo. Nata in Svezia verso la fine degli anni ‘90 dall’idea di Britt Marie Egedius Jakobsson, psicoterapeuta, che l’aveva pensata per stimolare l’empatia e le emozioni del proprio figlio autistico, la bambola “Empathy doll” si è trasformata da semplice giocattolo a strumento terapeutico: grazie alle sue caratteristiche particolari (distribuzione del peso, dimensioni, tessuto morbido, sguardo, capelli sbarazzini, posizione di braccia e gambe, dimensioni e tratti somatici) favorisce l’accudimento attivo da parte dell’anziano con grave decadimento cognitivo e la diminuzione di alcuni disturbi comportamentali, diventando così una risorsa nell’affrontare alcune situazioni problematiche che possono presentarsi durante il decorso della malattia.
Secondo i sostenitori di questa pratica terapeutica, l’esperienza emozionale della persona esposta a sedute di terapia della bambola, attiva i sistemi di accudimento e di esplorazione. Per verificare questa ipotesi, in una recente ricerca, sono stati confrontati un gruppo di pazienti con demenza istituzionalizzati e sottoposti a terapia, con un gruppo di controllo non trattato.
Il protocollo sperimentale utilizzato consisteva in 10 sessioni non consecutive, strutturate con l’obiettivo di ricreare una situazione di separazione da una figura conosciuta e l’interazione con l’ambiente, per ricreare parzialmente le fasi prototipiche della “Strange Situation”. Tutte le sessioni sono state videoregistrate e analizzate attraverso una griglia di osservazione. I parametri indagati e valutati sono stati i seguenti: la dimensione relazionale con l’ambiente, la direzione dello sguardo, i comportamenti di esplorazione e i comportamenti di accudimento.
Dai risultati si è potuto notare come l’applicazione della terapia della bambola abbia promosso e migliorato la dimensione affettiva e relazionale di attaccamento/accudimento e la dimensione attentiva nel comportamento di esplorazione, dei pazienti con una demenza di grado avanzato.
I risultati suggeriscono, quindi, che l’uso della terapia della bambola promuove miglioramenti significativi della capacità di relazione con il mondo circostante.
Altri autori hanno inoltre cercato di valutare l’efficacia di questo trattamento per persone con demenza, che presentano gravi sintomi comportamentali quali: agitazione, confusione, aggressività fisica e verbale, insonnia, apatia, depressione, disinteresse/inattività, wandering, affaccendamento finalistico.
I dati fanno emergere una diminuzione statisticamente significativa dei livelli di ansia, aggressività, oppositività, insonnia e disturbi comportamentali in genere e, al contempo, un miglioramento dei livelli di vivacità/attività.
Infine sono migliorate anche le modalità di relazione pre-verbali e non verbali, con una conseguente riattivazione delle relazioni con gli altri ospiti e operatori.
Grazie alla sollecitazione della memoria procedurale, tramite i gesti di cura come la vestizione, il cambio di abiti o ancora attraverso le azioni del cullare o dell’alimentare, sono significativamente migliorate anche le condotte di auto-assistenza e cura personale, messe in atto dalle singole pazienti.
La terapia della bambola si è dunque rivelata un intervento non farmacologico di grande valore per la pratica clinica: valido per il miglioramento del benessere della persona e volto a ridurre i disturbi comportamentali e psicologici nei pazienti con demenza.
Non solo, è anche una pratica decisamente innovativa, soprattutto in Italia, dove le strutture che la utilizzano, formando correttamente il personale e i familiari sulla maniera più giusta di somministrazione e controllo di questo strumento terapeutico sono ancora poche; è qui che lo psicologo, in qualità di “specialista dell’invecchiamento” può fare la differenza, se è a conoscenza della metodologia di somministrazione e valutazione della terapia della bambola.
In assenza di farmaci in grado di arrestare il deterioramento cognitivo e privi di pesanti effetti secondari sugli utilizzatori finali, dobbiamo mettere in campo ogni conoscenza e risorsa per contrastare la sofferenza, il disagio, lo stress e la perdita di qualità di vita che pazienti e familiari di malati di Alzheimer sperimentano quotidianamente. Una cosa “semplice” come una bambola potrebbe aiutare a vivere la demenza così, quasi come “un gioco da ragazzi”.
BIBLIOGRAFIA
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Implementation of a baby doll therapy protocol for people with dementia: Innovative practice.