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    Depresso un italiano su quattro

    Sono circa 60 milioni in Europa le persone colpite da depressione. Di questi, più della metà soffre di una forma grave e invalidante. In Italia, un adulto su quattro nel corso della vita è interessato da un episodio di depressione maggiore, le donne più degli uomini (12,8% contro il 5,9%). Secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la malattia rappresenterà nel 2020 la seconda causa di disabilità nel mondo, dopo le patologie cardiache. Un problema serio che coinvolge famiglie e mondo del lavoro e non di facile soluzione: una persona depressa su 3 lo è ancora dopo un anno, una su 10 deve continuare la terapia dopo 5 dal primo episodio, oltre la metà avrà una ricaduta nell'arco della sua esistenza. La concomitanza di altre malattie croniche, come ipertensione, diabete e cancro, peggiora la qualità di vita.

    “Le terapie a disposizione – spiega il professor Giovanni Biggio, presidente della Società italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF) – non alleviano immediatamente i sintomi depressivi: il malato può avvertire prima gli effetti collaterali dei farmaci, come quelli gastrointestinali e sul sonno, ma anche disturbi della sfera sessuale e aumento di peso che spesso portano all’interruzione del trattamento”. Per questo la ricerca è orientata su approcci terapeutici innovativi, che offrano una risposta più rapida e più ampia.

    L’aumento della depressione, insieme ad altri disturbi come gli attacchi di panico e le psicosi, costituisce uno dei problemi con cui gli esperti si confrontano ogni giorno. Tra i principali argomenti al congresso di Neuropsicofarmacologia l’interazione gene-ambiente: oggi le acquisizioni scientifiche consentono di affermare che la patologia mentale può essere determinata già nella vita intrauterina. “Sappiamo con certezza – spiega il prof. Biggio – che se una donna durante la gravidanza abusa di alcol o di sostanze, viene maltrattata o subisce forti stress, il feto riceve segnali che modificano i geni coinvolti nello sviluppo del cervello: per questo nel nostro congresso parliamo di ‘fenomeni epigenetici’, cioè come i geni dell’individuo vengano modificati non nella struttura ma nella funzione da input ambientali.
    Oggi finalmente abbiamo prove biologiche che l’ambiente esterno è in grado di modificare i geni”. E i comportamenti e le abitudini dei giovani, in particolare la facilità con cui si consumano droghe e alcol, suscitano allarme tra gli esperti, perché aumentano la vulnerabilità per i disturbi mentali”.

    Fonte: SINPF
    http://it.health.yahoo.net/

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