Il Diversity Management è una forma di organizzazione aziendale dai risvolti sociali e culturali.
Esso può essere definito come un approccio organizzativo strategico, che considera le persone e la loro diversità come un bacino di risorse fondamentali per il successo aziendale e nel riconoscere l’esistenza delle diversità, ne sostiene anche una gestione diversificata, efficace ed efficiente, permettendo alle aziende di raggiungere migliori risultati in termini economici, di competitività e di immagine.
Il Diversity Management è nato in America negli anni ’80, un paese storicamente multietnico, si diffonde gradualmente a livello aziendale, dove viene adottato come strumento strategico di successo.
Con la parola “Diversità” si intende abbracciare un campo molto esteso: la diversità razziale, la diversità di genere, dell’ orientamento sessuale e attualmente, anche la diversità di condizioni psico-fisiche.
Alla base del Diversity Management c’è l’idea che ogni persona sia “attore protagonista e portatore di un bagaglio di valori e aspettative frutto della propria storia personale.
La persona insomma costituisce un sistema autonomo di cultura e l’azienda finisce così per diventare un insieme di culture” (Dott.ssa Chiara Cilona).
Il Diversity Management, dando centralità alla persona nella Gestione delle Risorse Umane, mira a creare un ambiente "inclusivo" in cui le differenze dei gruppi e degli individui non siano fonte di discriminazione ma oggetto di reale attenzione e ascolto; in quest’ottica quindi l’obiettivo è anche quello di superare le politiche per le Pari Opportunità, che invece spesso si limitano a proteggere ma non ad integrare realmente le minoranze.
Il Diversity Management invece vuole riconoscere, accettare e integrare le diversità, valorizzando l’eterogeneità per dare a tutti i dipendenti l’opportunità di sperimentarsi e di essere coinvolti pienamente nella vita aziendale, anche con l’obiettivo di fidelizzarli portandoli a impegnarsi sempre di più nel raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Proviamo a fare alcuni esempi concreti: un lavoratore non udente inserito nell’organico di un’industria metalmeccanica, paradossalmente riduce i rischi per la sicurezza sul lavoro, in quanto non esposto all’inquinamento acustico legato all’attività industriale e non necessita quindi di fermarsi periodicamente, al contrario dei suoi colleghi udenti; che importanza ha se un ingegnere è costretto su una sedia a rotelle, le competenze a lui utili sono ben altre, come la motivazione personale e la spinta all’autorealizzazione.
La chiave di svolta è la valorizzazione della diversità della singola risorsa attraverso il potenziamento dei suoi diversi talenti, producendo così un incremento della motivazione personale che si tradurrà di conseguenza in un alto tasso di produttività per l’azienda.
E’ evidente quindi come la diversità riesca a trasformarsi in un reale “Valore aggiunto” per l’azienda, in primis per una effettiva riduzione dei costi, derivante da una corretta politica di Diversity management:
- si riducono i costi legali, in quanto l’azienda non viola le norme relative alle pari opportunità;
- si riducono i costi legati alla selezione e formazione del personale, perché in un’ottica di Diversity Management si riduce anche il turn over delle minoranze;
- si riducono infine i costi per la salute e l’assenteismo, perché quando i lavoratori sono motivati e valorizzati dalla propria azienda, lavorano meglio, di più e si assentano meno.
Tuttavia è doveroso precisare che non è affatto facile per le aziende adottare le politiche di Diversity Management, perché ciò implica un reale cambiamento culturale che costituisce una vera sfida rispetto ai sistemi tradizionali che promuovono la somiglianza e l'omologazione.
Dunque bisogna entrare nell’ottica che la diversità arricchisce, non solo economicamente, ma anche umanamente, ed è in questa direzione che bisogna lavorare. Dalla diversità si può imparare molto, è l’opportunità di guardare il mondo che ci circonda da un altro punto di vista.
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