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    E’ morto Guido Petter, fondò la facoltà di Psicologia di Padova

    Guido Petter è spirato ieri alle 15.25 nella terapia intensiva dell'ospedale di Dolo, in seguito ad un malore che lo aveva colpito giovedì a Spinea. Classe 1927, partigiano e docente universitario del Bo, «compagno di strada» della sinistra e «padre fondatore» della psicologia, figura morale di primo piano negli «anni di piombo» e divulgatore instancabile. Petter lascia la moglie Beatrice Garau (autrice di libri per ragazzi) e i figli Anna (anche lei scrittrice) e Franco (architetto che insegna alla scuola di fotografia di Milano).
    Petter si era sentito male durante il convegno «Costituzione e diritti: il diritto all'istruzione» a Spinea con l'assessore Loredana Mainardi, la costituzionalista Lorenza Carlassarre e Giancarlo Cavinato, dirigente scolastico ed esponente del Movimento di cooperazione educativa. Aveva voluto comunque completare il suo intervento, prima di essere accompagnato al Pronto soccorso dell'ospedale di Mirano. Le sue condizioni hanno consigliato il trasferimento a Dolo: in Rianimazione, Petter non si è più ripreso.
    Il nome di Guido Petter è legato indissolubilmente alla Resistenza quanto alla psicologia. Partigiano della Brigata Garibaldi "Rocco" in Val d'Ossola, era presidente onorario dell'Istituto pedagogico della Resistenza. Nel 1958 diventa professore ordinario di Psicologia dello sviluppo al Bo. E' fra i fondatori della Facoltà, che si struttura autonomamente dal corso di laurea di Magistero. Petter era ancora professore a contratto di Psicologia dell'adolescenza.
    Uno studioso, ma soprattutto un instancabile divulgatore scientifico. Con una mole impressionante di pubblicazioni che ne ha accompagnato la carriera: studi e ricerche dedicati a percezione, linguaggio, sviluppo cognitivo, psicologia educativa. Petter è stato sinonimo della diffusione in Italia del pensiero di Jean Piaget: curò la traduzione delle sue opere che restano imprescindibili. Con il gruppo di suoi allievi a Padova (e non solo), Petter ha messo in campo le prime ricerche sull'epistemologia genetica e sullo sviluppo concettuale nell'infanzia. Di fatto, è stato il «maestro dei maestri» nell'Italia moderna. 
    Il nome di Petter è connesso anche agli anni di piombo. Ripetutamente «nel mirino» dell'Autonomia Operaia, il 9 maggio 1979 fu sprangato a martellate da un commando a pochi passi da casa. Un mese dopo il blitz del pm Pietro Calogero. Petter non aveva mai fatto un passo indietro. Aveva continuato a difendere la «sua Repubblica» dal terrorismo, dall'intolleranza e dalla violenza. Una posizione che ha mantenuto fino alla fine, fedele alla Costituzione come al Risorgimento garibaldino e alla Resistenza.
    Nel dicembre 2005, a Petter è andata la Medaglia d'oro del Presidente della Repubblica per i Benemeriti della cultura e dell'arte. L'ultima "lezione" con lo stile di sempre. Pacato, dialogico, nitido. Idee frutto di applicazione, studio, riflessione. Petter continuava a pensare anche pedalando in sella alla sua bici personalizzata. A Spinea giovedì scorso lo avevano invitato in municipio. Ha preso la parola dopo l'assessore e la professoressa Carlassare. «Petter stava parlando nella sua maniera brillante, poi ha accusato un improvviso spaesamento» racconta Lorenza Mainardi. Tutti preoccupati, ma lui ha completato la relazione. Petter stava raccogliendo saluti e complimenti alla fine del convegno, quando la situazione è precipitata. E' arrivata l'ambulanza che da Spinea è corsa all'ospedale Mirano: Petter era ancora cosciente.
     
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