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    Elementi di psicologia giuridica

    Lo psicologo giuridico è ormai divenuto una figura professionale indispensabile nella nostra società.
     
    Ma di cosa si occupa esattamente la psicologia giuridica e quali sono le competenze che deve possedere lo psicologo che lavora in questo ambito? 
     
    La psicologia giuridica è il frutto dell’incontro di due mondi differenti: il diritto e la psicologia. 
    La giurisprudenza si può definire una disciplina prescrittiva in quanto prescrive, indica come ci si deve comportare e come strutturare i rapporti nella società, essa si basa su un sistema di norme con carattere obbligatorio che regolano i rapporti sociali.
     
    Poiché tali rapporti sono messi in atto dall’individuo, è proprio qui che si inserisce la figura dello psicologo giuridico: laddove l’individuo violi la norma sarà necessaria l’azione dello psicologo al fine di comprendere le motivazioni che l’hanno spinto a comportarsi in quel determinato modo, e come si possa intervenire per evitare che la sua condotta si ripeta.
     
    Il compito dello psicologo è quindi duplice: analizzare la situazione ed evitare che il soggetto metta nuovamente in atto quel tipo di condotta. La psicologia, infatti, a differenza del diritto, non fornisce prescrizioni di ciò che si deve o non deve fare, ma descrive, fa capire ed agisce, attuando una valutazione e un intervento diretto sui problemi concreti. 
     
    La psicologia giuridica è una disciplina piuttosto recente che poggia le sue basi sul positivismo criminologico di Lombroso da una parte e dall’altra sulla scuola classica del diritto penale di Carrara.
     
    Secondo quest’ultimo le persone all’interno della società si basano su una serie di accordi e regole e chi le infrange deve pagare. In questa prospettiva ciò che interessa è l’entità del reato e non chi lo commette, non è quindi presente l’attenzione alla persona e la pena in questo caso ha una valenza essenzialmente punitiva.
     
    Secondo il positivismo criminologico di Lombroso, considerato unanimemente il padre dell’antropologia criminale, è invece importante fare attenzione non soltanto al reato in sé, e quindi alla regola che viene infranta, ma anche al soggetto che lo commette: dietro ogni reato c’è una persona che non funziona bene.
     
    Anche se molti assunti del determinismo criminologico lombrosiano sono ormai superati, l’attenzione al soggetto colpevole di reato è rimasta intatta.
     
    In quest’ottica oggi ha dunque senso intendere la pena come misura da utilizzare per riabilitare il soggetto, portandolo ad un miglior funzionamento e adattamento, e di conseguenza per reinserirlo successivamente nella società.
     
    L’articolo 27 della costituzione stabilisce infatti che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, venendo quindi considerata una misura di riabilitazione e reintegrazione sociale.
     
    Oggi possiamo distinguere diversi ambiti di intervento della psicologia giuridica:
    • Psicologia legislativa (mira al miglioramento delle norme giuridiche)
    • Psicologia legale (dà nozioni psicologiche sull’applicazione delle norme penali e civili)
    • Psicologia forense (si occupa dei fattori psicologici nella valutazione giudiziaria)
    • Psicologia giudiziaria (riguarda le dinamiche psicologiche dell’imputato, ossia il soggetto che presumibilmente ha compiuto il reato, e degli altri attori del processo, ossia la vittima che ha subito il danno, il Pubblico Ministero, gli avvocati, i testimoni, ecc.) 
    • Psicologia criminale (studia le dinamiche interne e le motivazioni che portano il soggetto a compiere il reato, ma anche le caratteristiche della vittima, nonché gli aspetti psicologici del fenomeno criminale e della situazione criminale).
    • Psicologia investigativa (studia la scena del crimine, la metodologia adottata dall’autore di reato, per cercare di risalire all’autore del reato)
    • Psicologia penitenziaria (relativa all’ambito penitenziario)
    • Psicologia rieducativa (si occupa della valenza e degli effetti psicologici della pena sul soggetto)
    Gli ambiti di applicazione della psicologia giuridica sono il diritto penale (relativo alle norme che sanzionano con pene pecuniarie o personali determinate condotte), il diritto civile (relativo i rapporti tra i cittadini), il diritto minorile (relativo ai minori di 18 anni). 
     
    Le due principali funzioni dello psicologo giuridico sono da una parte quella diagnostica conoscitiva e di intervento, e dall’altra quella di giudizio e di decisione (tribunale dei minori e tribunale di sorveglianza). 
     
    Nel primo caso lo psicologo giuridico viene nominato direttamente come Consulente Tecnico d’Ufficio (ambito civile) dal giudice istruttore o come Perito d’Ufficio dal Pubblico Ministero (ambito penale) ed è chiamato a rispondere al quesito da essi posto nella sua relazione finale entro 30-90 giorni, con possibilità di proroga (il professionista che presta la sua attività nei confronti di una delle parti in causa è invece denominato Consulente Tecnico di Parte).
     
    Per questo motivo si parla di collocazione temporanea (durata di circa 3 mesi) e situazionale (dipende dalla singola situazione). La collocazione stabile-istituzionale si verifica invece quando si collabora con strutture che si occupano di giustizia come ad esempio presso il comune o equipè territoriali. 
     
    La perizia (in latino perìtia, derivante dal termine perìtus che significa esperto, competente) è l'analisi tecnica di una particolare situazione redatta da un esperto in una determinato campo, in questo caso quello psicologico.
    Essa si può definire più precisamente un insieme di atti e valutazioni di natura tecnica che consentono al giudice di acquisire, attraverso il ruolo del perito da lui stesso nominato, quei mezzi di prova essenziali ai fini della formulazione del giudizio.
     
    Nell’ambito penale l’elaborato è mezzo di prova a disposizione del giudice che ha la facoltà di servirsene se e quando lo riterrà opportuno in riferimento ai fatti relativi all’imputazione, alla punibilità, alla determinazione della pena e alla sicurezza (art. 187.cpp).
     
    Nell’ambito civile la consulenza non ha efficacia probatoria, non può essere assunta come prova processuale, poiché non ricerca elementi conoscitivi che abbiano valore di dimostrare una data verità. Essa è però un mezzo di integrazione importante disposto dal giudice nei casi in cui viene richiesta una specifica competenza tecnica di cui il magistrato è sprovvisto. 
     
    Nonostante il contributo dello psicologo sia fondamentale, l’ultima parola spetta sempre al giudice sia nell’ambito civile che nel penale.
    Nel civile perché come abbiamo detto l’elaborato finale non ha un’efficacia probatoria, non può essere cioè utilizzato come un mezzo di prova, nel penale perché, pur avendo valore di prova, la relazione, a fronte di altre prove, potrebbe essere invalidata.
     
    Nella sua relazione lo psicologo, sia nel ruolo di consulente tecnico d’ufficio (civile) che di perito (penale), può quindi fare il quadro della situazione, consigliare l’opportunità ritenuta migliore per quella determinata circostanza, ma sarà poi il giudice, che è Peritus Peritorum (il perito di tutti i periti), a decretare il verdetto finale. 
     
    La funzione di giudizio e di decisione è invece relativa al ruolo dello psicologo come giudice onorario presso il tribunale dei minorenni e il tribunale di sorveglianza, stabilendo attraverso una sentenza la decisione finale per il soggetto. 
     
    Poichè il ruolo dello psicologo in questo campo è estremamente delicato, dal momento che dalle sue valutazioni possono dipendere decisioni cruciali per la vita di altre persone, è importante che egli possegga competenze specifiche per svolgere al meglio un compito di così forte responsabilità.
     
    È indispensabile quindi che egli possegga una conoscenza approfondita della teoria dello sviluppo psicologico individuale normale e patologico, delle dinamiche di gruppo, di coppia e delle strutture familiari, che abbia una solida esperienza clinica e che conosca le leggi e le procedure giudiziali.
     
    Uno dei principi base della psicologia giuridica è che la norma deve essere regolatrice dell’attività specialistica, lo psicologo non vi si può discostare, essa servirà come punto di riferimento e orientamento per l’operato del professionista: gli obiettivi delle due discipline devono coincidere e deve esistere compatibilità tra categorie giuridiche e costrutti psicologici. 
     
    Laddove quindi due mondi solo apparentemente così distanti come la psicologia e la materia giuridica sono chiamati a incontrarsi, lo psicologo dovrà affinare le sue competenze dimostrando una elevata professionalità e preparazione sia nel campo che gli è proprio, ossia quello psicologico, sia nel campo giuridico.
     
    In questo modo si potrà consentire il raggiungimento di un esito proficuo di questa collaborazione.
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