La fame emotiva (chiamata anche emotional eating) si riferisce all’abitudine di consumare ingenti quantità di cibo (prevalentemente poco salutare) non per una reale necessità fisiologica quanto in conseguenza di determinati stati emotivi.
Difatti il cibo può fornire quella consolazione immediata utile ad alleviare stati d’animo spiacevoli; tuttavia si tratta di un sollievo di breve durata, spesso seguito da sensi di colpa.
Questo genera un ulteriore bisogno di conforto che induce a mangiare ancora, innescando un circolo vizioso difficile da spezzare. Oltre a ciò si rischia di non acquisire le effettive capacità gestionali in grado di contrapporsi alle sensazioni negative.
Le emozioni principalmente coinvolte in questo processo sono la depressione, l’ansia, la solitudine, la noia, la rabbia o può genericamente lo stress.
Alcuni studi hanno mostrato che in corrispondenza dell’aumento di cortisolo, ovvero l’ormone dello stress, compare il desiderio di consumare cibi ricchi di grassi e di zuccheri, poiché rilasciano un’immediata gratificazione ed energia. Anche la grelina, prodotta nello stomaco e nel pancreas, stimola l’appetito e la sua produzione aumenta in periodi stressanti.
I motivi che conducono allo strutturarsi di questa situazione possono essere molteplici e toccano la sfera sociale (si mangia in compagnia, poiché si è incoraggiati dall’esempio degli altri) situazionale (si associa il consumo di alimenti ad attività specifiche quali guardare la televisione) fisiologica (il cibo viene usato come palliativo per dolori fisici, ad esempio il mal di testa).
Dal punto di vista emotivo, il cibo può servire a colmare un vuoto interiore, a sopperire a delle relazioni percepite come insoddisfacenti o può essere usato per mettere a tacere un super-io eccessivamente rigido e critico.
Talvolta l’abitudine è connessa ad esperienze passate, ad esempio nei casi in cui i genitori premiavano o punivano attraverso il cibo, gettando le basi per il collegamento tra cibo ed emozione.
Ma come distinguere la fame emotiva da quella biologica?
Innanzitutto la fame emotiva insorge all’improvviso poiché l’impulso proviene dal cervello e richiede un alimento specifico (solitamente dolce o salato).
La persona continua a mangiare oltre i limiti della sazietà, per poi provare successivamente sensi di colpa mentre le emozioni negative che tentava di annullare continuano a perdurare.
Al contrario l’appetito fisiologico emerge gradualmente, segnalato dallo stomaco, e non si desidera un alimento peculiare in quanto l’individuo ha solamente bisogno di placare un’esigenza oggettiva di nutrimento. Dopo essersi riempito, egli sarà in grado di fermarsi e non si sentirà a disagio con se stesso.
Una volta appurato che si tratta di fame emotiva, occorre identificare quale evento nella fattispecie è all’origine della sua comparsa.
Un metodo efficace può essere il diario alimentare: si annota tutto ciò che si mangia, specificando quando avviene e quali pensieri, circostanze ed emozioni si esperiscono in quel momento: in questo modo sarà possibile individuare cosa genera il comportamento alimentare eccessivo.
In seguito sarà necessario cercare delle alternative in risposta alla fame emotiva, come ad esempio fare una passeggiata o chiacchierare con un amico; in generale è adatta qualsiasi attività che si considera piacevole e che permette di distrarsi dal pensiero del cibo.
Anche ricorrere ad esercizi di rilassamento o meditazione può favorire lo sviluppo di un atteggiamento più sano.
Infine esistono dei rimedi naturali, basati sull’omeopatia e sulla floriterapia, che agendo sulle componenti emotive come l’ansia, il nervosismo o l’irritabilità possono fornire un valido aiuto anche per la gestione della fame emotiva.
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