Essere ad un passo dalla vittoria ma vederla svanire tra le mani eccita talmente tanto i centri cerebrali deputati alla produzione di adrenalina, endorfine, serotonina da creare dipendenza. Queste sostanze si liberano durante il gioco, durante la scommessa e nell'attesa del risultato; l'esito, sia vittoria o sconfitta, non ha importanza perché è l'eccitazione dell'attesa che conta. E arrivare a un passo dalla vincita persuade il giocatore, erroneamente, che la volta successiva sarà inesorabilmente quella giusta. Lo ha ribadito uno studio condotto presso la University of Cambridge e pubblicato sull'ultimo numero della rivista Neuron.
Il gambling, così si definisce la malattia da gioco, è stato ufficialmente inserito nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV), che riporta la classificazione dei disturbi psichici, già nel 1994. Viene considerata un’alterazione psichica che si può far risalire ai disturbi legati all’incapacità di controllare gli impulsi.
"Tutti i giochi sono strutturati in modo che il banco alla fine dei conti non perda mai; non esistono giochi basati sul caso in cui un giocatore può millantare di avere esperienza e esercizio tali da riuscire a vincere senza ombra di dubbio", ha dichiarato Luke Clark autore dello studio.
Ma perché, allora, si instaura la dipendenza? "Perché quando si è vicini ad una vittoria che poi sfuma nel cervello si attiva un'area che è detta della ricompensa: ci si aspetta che il premio arriverà e dunque si continua a giocare", ha continuato Clark.
Non tutti i soggetti hanno lo stesso rischio di incappare nella dipendenza dal gioco: sono particolarmente a rischio coloro che soffrono di discontrollo degli impulsi. Molti medici, soprattutto oltre oceano, convengono sulla necessità di intervenire su questa patologia con un approccio integrato che preveda sia una cura comportamentale che farmacologica.
Fonte: Clark L et al. Gambling Near-Misses Enhance Motivation to Gamble and Recruit Win-Related Brain Circuitry. Neuron, 2009;61: 481-90.
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