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    Gli interventi psicologici di orientamento per prevenire il disagio giovanile

    Per disagio giovanile intendiamo quel malessere psicologico e sociale che caratterizza la fascia di età di giovani adulti che va dai 18 ai 25 anni circa.
     
    E’ questo il momento in cui si richiede al giovane di confrontarsi con scelte e progetti di vita per il futuro, di passare da un contesto ancora protetto, come quello della scuola ad un mondo “adulto”; momento di autonomia, di un sempre maggiore allontanamento dalla famiglia e dagli affetti, transito verso esperienze specifiche (il lavoro o l’università) diverse dalle abituali.
     
    Notiamo che aspetti del periodo adolescenziale si protraggono anche nella giovane età e ciò probabilmente è attribuibile ad una impostazione sociale che vede l’allungamento del periodo scolastico, la difficoltà di collocazione lavorativa e il conseguente allungamento dei tempi in cui si raggiunge una autonomia economica.
     
    I problemi si rivelano soprattutto quando il giovane deve concretizzare i suoi progetti e deve trovare una strada per realizzarli.
     
    Ed è principalmente in questo momento che si manifesta il disagio; esso si presenta come una crisi di identità personale e sociale e può sfociare in un vero e proprio Disturbo da Attacchi di Panico.
     
    Il DAP colpisce infatti il 33% dei giovani adulti d’età compresa tra i 18 e i 25 anni, ovvero un giovane su tre presenta sintomi del disturbo, con un picco tra i 18-21 anni e colpisce soprattutto gli studenti, piuttosto che i lavoratori o i disoccupati.
     
    In questo scenario la psicologia ha sicuramente qualcosa da dire e da proporre, pensiamo in particolare agli interventi di Orientamento, scolastico o professionale, che  rappresentano, a nostro modo di vedere, un importante e fondamentale contributo, non solo perché la consulenza orientativa fa sì che il giovane possa superare il momento d’empasse, ma soprattutto perché lo psicologo orientatore può concepire ed impostare l’Orientamento come una vera e propria azione preventiva; pensata più che come intervento nel momento del bisogno, come intervento nelle fasi precedenti ai momenti di transito.
     
    L’Unione Europea va in questa direzione, tanto che nella Direttiva n° 487 del 1997 si afferma che “l’Orientamento costituisce una fondamentale componente strutturale del processo formativo di ogni persona lungo tutto l’arco della vita, a partire dall’infanzia e contribuisce in modo significativo allo sviluppo delle risorse per realizzare interventi efficaci sul territorio.”
     
    Intendiamo dunque che l’Orientamento debba essere una azione formativa a tutti gli effetti, che possa mettere in grado i giovani di orientarsi autonomamente nelle scelte complesse a cui sono chiamati.
     
    Esso deve assumere una funzione educativa e continuativa rispetto al percorso formativo scolastico e deve attivarsi all’inizio del percorso stesso; lo sottolinea anche la circolare ministeriale n°182 dl 1999 che assegna alla scuola dell’infanzia ed elementare il compito di attivare un processo mirato alla progressiva crescita personale, intesa come presa di coscienza di sé e di accrescimento globale delle capacità progettuali.
    La precocità dell’intervento è sicuramente legata all’importanza delle prime tappe evolutive nella definizione di alcune competenze che saranno poi essenziali per determinare scelte adeguate e responsabili. 
     
    Solo se la psicologia intende l’Orientamento come formazione continua alla progettualità e come empowerment, ossia come potenziamento generale della persona in formazione, che potrà evitare ai giovani di incorrere in disagi, malesseri e disturbi veri e propri.
     
    In questo senso la scelta professionale non è più un determinato e preciso momento nella storia individuale, ma è l’esito di un più globale processo di sviluppo, a cui il singolo arriva preparato, attrezzato di competenze. 
     
    Gli interventi psicologici in senso orientativo dovranno naturalmente essere pertinenti ai diversi cicli scolastici e direzionarsi tanto sugli studenti quanto sugli insegnanti.
     
    In questo secondo caso lo psicologo dovrà coadiuvare il lavoro della scuola supportando la programmazione delle attività orientative nel suo complesso sulla base degli specifici progetti d’Istituto.
     
    Per quanto concerne gli studenti lo psicologo mirerà allo sviluppo di competenze quali, ad esempio, la capacità di prendere decisioni in maniera flessibile, o la capacità di ridefinire, se necessario, i propri obiettivi, accanto allo sviluppo di una consapevolezza di sé e alla chiarificazione dei propri criteri di scelta che portano ad intraprendere un determinato percorso.
     
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