Quando parliamo di sostenibilità ambientale pensiamo immediatamente all'ecologia, alle fonti rinnovabili, alla gestione dei rifiuti, ma raramente ci soffermiamo sull'influenza che l'ambiente può avere sul nostro benessere psicofisico.
Per capire l'importanza del legame tra individuo e ambiente abbiamo incontrato la Dott.ssa Laura Belloni – del Centro di riferimento regionale sulle criticità relazionali – che ci ha spiegato in che senso l'identità dell'individuo è legata ai luoghi dell'abitare: "troppo spesso il rapporto tra vivibilità e abitabilità non è così lineare, anzi, purtroppo capita che i due elementi siano in conflitto, basti pensare ad alcuni esempi di edilizia ospedaliera, oppure le case popolari e le carceri, tutti luoghi in cui è possibile trovare l'abitabilità – cioè un letto e un comodino – ma dove non esiste vivibilità.
Per l'essere umano è infatti fondamentale il rispetto della propria identità: l'uomo ha bisogno di personalizzare gli spazi per affermare la propria presenza come individuo e come individuo in relazione ad altri individui. Questo aspetto sembra banale ma è findamentale: per esempio, ci sono delle moderne architetture per cui tutti gli spazi sono già pensati a misura dell'uomo, ma sono talmente pensati e creati dall'architetto che l'uomo non li può usare! Gli spazi devono consentire all'essere umano di sognare, devono incentivare la creatività e quindi consentire all'individualità di emergere.
Spesso le nostre periferie poco hanno a che fare con la bellezza. Quanto è importante la dimensione estetica per il benessere dell'individuo?
"Le periferie sono luoghi tristi e anonimi perché sono spazi privi di storia, e invece per l'essere umano il futuro è storia: non c'è futuro senza storia. L'assenza di storia crea spersonalizzazione, e lì dove non c'è il rispetto per l'uomo c'è anche crisi identitaria. L'uniformità di forme, luoghi senza storia e senza colore determinano nell'organismo un abbassamento dei livelli di serotonina: il piacere e la bellezza sono legati".
A proposito di uniformità: le città moderne sono spesso troppo disorientanti. Che conseguenza ha questo sull'essere umano?
Le periferie di molte città sono disorientanti, mentre nella Firenze di un tempo, con il riferimento del cupolone, o con le strade che convergevano verso le piazze, ricostruivano un orientamento mentale che per l'essere umano è fondamentale, perché senza orientamento non c'è direzione, e senza direzione c'è follia, non c'è salute mentale.
Purtroppo oggi i grandi architetti non programmano la vivibilità delle nuove città, le fanno pezzo per pezzo, momento per momento…manca la piazza, che è invece un momento di ritrovo, di aggregazione e anche di ri-orientamento, perché alla piazza si arriva e dalla piazza si parte per la propria casa.
L'architetto che lavora da solo e non fa costruire la piazza agli abitanti del luogo, ha fallito. Devono essere i cittadini stessi a decidere come vivere gli spazi. L'architettura deve quindi seguire quella che è la vita sociale, il luogo di aggregazione esiste a prescindere, e da lì l'architetto può intervenire. E' necessario un dialogo reale tra le varie discipline e tra i diversi operatori, basti pensare agli ospedali: come si può costruire un ospedale senza ascoltare chi ci lavora? Esistono casi di ascensori troppo stretti in cui non passano i lettini!
E' fondamentale la collaborazione e ildialogo tra istituzioni, cittadinanza, operatori e specialisti di varie branche. Per pianificare una città non bastano ingengeri e architetti, ci vogliono sociologi, psichiatri, antropologi, filosofi e storici…persone che abbiano il desiderio di incidere benevolmente sulla vita dei cittadini."
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