Chi è il giocatore patologico?
Un giocatore patologico è colui costruisce intorno a sé il vuoto, dove nessuno deve entrare, dove i problemi non esistono, dove perdere tutto crea la vana speranza di rivincere tutto.
Non è un caso che, soprattutto nei luoghi pubblici, le slot siano messe dov’è difficile vederle. Perché il gestore del locale sa benissimo che il giocatore pretende di non essere visto, e soprattutto pretende di essere solo.
Il giocatore patologico si nutre di solitudine, vergogna e sensi di colpa; una pratica che lo spinge all’isolamento ma non a smettere.
Allora la soluzione eccola servita.
“stare comodamente a casa davanti a un dispositivo collegato ad una rete internet, ed il gioco è fatto”
Il gioco on line è molto pericoloso
Il gioco d’azzardo on line funziona con lo stesso meccanismo del gioco tradizionale, con la sola differenza che per giocare basta connettersi e registrarsi ad un sito internet dedicato al gioco utilizzando i vari dispositivi tecnologici a disposizione.
Esso intreccia alcuni aspetti delle dipendenze che il mondo digitale può favorire con aspetti appartenenti al gioco d’azzardo classico.
Sono infatti soprattutto i giochi come il poker, in cui c’è una sfida con altri giocatori, virtuali nel gioco ma reali in quanto persone che si connettono da qualche parte nel mondo attraverso un dispositivo tecnologico, ad attirare maggiormente l’attenzione dei giocatori, soprattutto nella modalità cash poker, dove cioè la vincita è immediata e non è subordinata alla vincita di un torneo.
Questo meccanismo, di fatto, è lo stesso che spinge alcuni ragazzi a passare molte ore on-line a giocare ai mud, multi user domain, ovvero giochi in cui i personaggi non sono animati dal computer ma da altri utenti connessi da casa loro. Se poi si aggiunge a questo meccanismo, come nel caso del poker, il poter trarre un profitto, le possibilità di sviluppare una dipendenza o comunque di spendere molti soldi sono alte. Può essere pericoloso, pertanto, non solo per la perdita di denaro a cui si può andare incontro ma per il fatto di poter sviluppare anche una dipendenza da internet.
Quanto è difficile per un dipendente da gioco ammettere il proprio problema?
“Nella fase di instaurazione della dipendenza c’è un rifiuto ad ammettere il problema non solo ai familiari ma anche a sé stessi. All’inizio, c’è ancora un’illusione di controllo.
Il problema subentra quando si comincia a spendere sopra le proprie possibilità. La dipendenza patologica dipende non dall’entità della spesa ma dallo scollamento tra quello che una persona spende e quanto vorrebbe spendere.
Mano a mano cresce l’impulso a giocare, dettato soprattutto dal desiderio di recuperare le perdite, perché non c’è mai un bilancio positivo. La maggior parte dei pazienti arriva qui quando è già in una profonda situazione debitoria.
Un giocatore se non avesse debiti o conseguenze finanziarie non smetterebbe mai di giocare. La svolta c’è quando arriva la pressione dei familiari, per esempio quando si vede che non si riescono più a pagare le bollette per i debiti di gioco”.
In che modo si può guarire?
“I tempi sono lunghi. Per guarire ci si mette un anno e mezzo due anni. All’inizio sono molto frequenti le ricadute. Come succede per le dipendenze da alcol o stupefacenti, i malati di gioco quando arrivano da noi vivono una forte ansia e senza gioco si sentono in astinenza. È necessario che il controllo finanziario sia almeno in principio nelle mani di un familiare. Nel frattempo noi facciamo un percorso di terapia individuale e di gruppo. Spesso vengono coinvolte anche le famiglie, perché il gioco causa il disgregarsi dei rapporti familiari. Laddove subentra la depressione si valuta anche una terapia farmacologica”.
Perché per smettere sono necessarie Motivazione e Consapevolezza?
“Non ho diritto di voler cambiare qualcuno, se prima io stesso non sono pronto a essere cambiato”
Martin Buber
Per poter affrontare la condizione di dipendenza ed uscirne è necessario raggiungere la consapevolezza di ciò che sta accadendo. Il lavoro nel qui ed ora permette al dipendente di avviare un processo di consapevolezza di sé, di comprendere i comportamenti della dipendenza che mette in atto, di identificare le paure e i sentimenti associati a tali comportamenti, di identificare e chiarire i propri bisogni emozionali e sociali, di comunicare in modo positivo ed efficace, di sviluppare la capacità di chiarire i propri confini, di accrescere la propria autostima e di assumersi le proprie responsabilità.
Il colloquio motivazionale è volto ad aiutare le persone a riconoscere i loro problemi attuali o potenziali legati alla persistenza di un comportamento disfunzionale e a mettere in atto strategie necessarie per modificare questo comportamento. L’obiettivo è quello di aumentare la motivazione intrinseca del cliente, per far sì che le persone trovino da sé, e non dall’esterno, le abilità e le risorse per realizzare il cambiamento.
Autore: Dr.ssa Rosa Demarinis, Psicologa-Psicoterapeuta, collabora con Obiettivo Psicologia nel Corso online su "La Dipendenza da Internet: i comportamenti a rischio e le potenzialità psicopatologiche proprie della Rete".
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