Esistono differenze di genere nelle funzioni cognitive, ma sono più limitate di quanto ritenuto finora.
Inoltre, sebbene tali capacità migliorino costantemente durante l’infanzia, tendono via via a livellarsi, fino ad annullarsi nel corso dell’adolescenza.
È quanto risulta da una ricerca, ora pubblicata sulla rivista “Journal of the International Neuropsychological Society”, svolta presso i National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti su un’ampia popolazione di soggetti che sono stati seguiti nel loro sviluppo psico-comportamentale dalla nascita fino all’adolescenza.
L’analisi, guidata da Deborah P. Waber, del Dipartimento di psichiatria del Children's Hospital Boston, si è poi focalizzata su soggetti di età compresa tra 6 e 18 anni che non presentavano disturbi neurologici o psichiatrici nei fattori di rischio familiari – come per esempio l’esposizione prenatale a sostanze tossiche – per avere un quadro dello sviluppo del cervello sano.
Bambini e ragazzini di entrambi i sessi sono stati sottoposti a scansioni mediante risonanza magnetica funzionale cerebrale mentre si cimentavano in una serie di test cognitivi e comportamentali per stabilire il loro quoziente intellettivo, l'abilità verbale, la velocità di elaborazione mentale, le capacità spaziali, la memoria, la destrezza fine, le funzioni psicosociali, le capacità di calcolo, ecc.
Dalle analisi statistiche è emerso come il sesso sia un fattore trascurabile nel determinare le prestazioni cognitive, contrariamente a quanto affermato in alcuni studi precedenti.
Le femmine infatti mostrano un lieve vantaggio nell’apprendimento verbale che tende a scomparire con l’adolescenza. Inoltre, per quanto riguarda lo sviluppo con l’età, i dati indicano come le prestazioni migliorino costantemente dall’età di sei anni e tendano a livellarsi nel periodo tra 10 e 12 anni di età, soglia oltre la quale i miglioramenti rallentano nel corso di tutta l’adolescenza, fino quasi a scomparire. (fc)
Fonte: http://lescienze.espresso.repubblica.it