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    La produzione di conoscenza tra discorso e pratica

     

    University of Bath logo

    Carlo Perrotta
    2005
    University of Bath Uk

    Questo e' un progetto di ricerca avviato come tesi di dottorato presso il dipartimento di Psicologia dell'Universita' di Bath (UK) (www.bath.ac.uk). Chiunque voglia avere maggiori chiarimenti, informazioni, etc. puo' contattarmi a questo indirizzo email: cp229@bath.ac.uk

    OPSonline.it: la produzione di conoscenza tra discorso e pratica
    Una proposta di ricerca

    Lo studio delle comunità virtuali rappresenta una sfida ed una necessità. Una necessità perché le implicazioni di quello che Jones (1995) definisce “l’orizzonte sociale” del web si estendono ormai in moltissimi e variegati settori delle moderne società civili; una sfida poiché un gran numero di policy makers e ricercatori sono convinti delle immense, ma ancora embrionali, potenzialità di Internet in termini di diffusione e creazione di conoscenza. In un tale scenario è convinzione diffusa che la comunicazione mediata dal computer rappresenti il fondamento per una nuova e stimolante ‘affinità elettiva’ tra educazione/formazione e internet. Le comunità virtuali, in particolare, sono diventate oggetto di notevole attenzione da parte di organizzazioni e istituzioni, interessate alla possibilità di definire criteri di design e controllo delle innovative modalità di condivisione e collaborazione che esse sembrano promuovere.

    Esistono già numerose ricerche (per una –non esaustiva – rassegna vedi Renninger, A. K., Shumar, W., 2002) che analizzano le comunità virtuali focalizzando sulla dimensione conoscitiva e questo progetto, avviato come tesi di dottorato (PhD) presso il dipartimento di psicologia dell’università di Bath (UK), si colloca esattamente in questo filone.
    il punto di partenza è l’analisi del paradigma teorico delle ‘comunità di pratiche’ di Jean Lave (1991, 1997) and Etienne Wenger (1991, 1998), in relazione alle dinamiche emergenti nel corso di uno specifico case study; tale paradigma è diventato particolarmente popolare negli ultimi anni e molto spesso viene utilizzato come quadro di riferimento per l’analisi di un certa tipologia di comunità virtuali, le “comunità di pratiche on-line” vanno dunque differenziate da altre modalità di aggregazione ed interazione su internet come le Interest Communities o le Self-help Communities (Goodfellow, 2003; Preece, 2004) in virtù del loro più o meno esplicito focus sui processi di creazione di conoscenza.

    Tale approccio nasce all’interno di uno scenario più ampio definito solitamente come “situated cognition” (Kirshner, Whitston,1997), il quale si concentra principalmente su aggregati sociali in specifici contesti di interazione e sulle dinamiche di appartenenza al loro interno; in tale approccio sviluppare un’identità come membro di una comunità e incrementare il proprio bagaglio di conoscenze fanno parte dello stesso processo. Il costrutto di pratica, già analizzato in precedenza da un ampio e composito numero di influenti teorici come Marx, Bourdieu, Giddens e i cosiddetti “activity theorists” (Engeström, 1987; Davidov, 1988) che hanno reinterpretato ed ampliato le intuizioni di Lev Vygotskij (1966) sulle implicazioni psico-sociali dell’apprendimento collaborativo, presenta tuttavia alcune problematicità quando viene applicato allo studio delle comunità virtuali.

    Le comunità virtuali rappresentano infatti un oggetto d’analisi ibrido e difficile da definire, in cui una profonda componente simbolica e immaginativa si fonde con aspetti comunicativi e organizzativi (Jones, 1997; Shumar and Renninger, 2002) . In un tale contesto la dimensione storica e concreta dei vissuti quotidiani, su cui si fonda il concetto di pratica, acquista delle valenze estremamente particolari.
    Alcuni autori (Kirshner and Whitson, 1997; Bereiter, 1997) hanno già notato che collocare i processi conoscitivi all’interno di una cornice di radicale situatività conduce ad ignorare il ruolo che dinamiche riflessive ed astrattive giocano in tali processi.

    Occorre precisare che gli stessi autori che implicitamente o esplicitamente aderiscono al paradigma della situated cognition, (e fra essi Wenger in primo luogo), suggeriscono che il concetto si situatività non si riferisce necessariamente ad una dimensione di co-presenza all’interno di un contesto fisico, dato che le modalità di partecipazione sono supportate in egual misura dalla capacità di trascendere con l’astrazione i vincoli contingenti, permettendo di proiettare la propria esperienza verso livelli più ampi di organizzazione sociale. Nonostante questa importante puntualizzazione, tuttavia, rimane in tali autori la convinzione che la condivisione quotidiana di pratiche e attività è il primo e più importante motore per la produzione di conoscenza.

    Da un lato sembra plausibile che alcuni dei processi descritti da Lave and Wenger, mi riferisco in particolare alle dinamiche di partecipazione caratterizzate da traettorie di progressivo coinvolgimento e responsabilizzazione (Legitimate Peripheral Participation), possano essere rintracciati all’interno di comunità virtuali (Hildreth, Kimble, Wright, 2000), e già questo rappresenta un interessante campo di indagine che il presente lavoro intende approfondire. Allo stesso tempo, tuttavia, la dimensione immateriale e meramente discorsiva che scaturisce dall’ “essere virtuale”, e le modalità con cui tale dimensione si intreccia con quella della co-presenza fisica all’interno di comunità “reali”, va tenuta in qualche modo in considerazione.

    Alcuni studi (Turkle, 1995; Baym, 1995) hanno rilevato che la comunicazione mediata da Internet sembra supportare, ed in alcuni casi incentivare, una ricca esplorazione discorsiva e riflessiva di temi “sensibili” come identità e relazioni; è ragionevole ipotizzare che tale fenomeno giochi un ruolo anche nelle comunità esplicitamente concentrate su produzione di conoscenza e sviluppo professionale: la mia principale research question cerca di indagare esattamente questo aspetto.
    Il campo di indagine è dunque la complessa interazione tra il potenziale discorsivo e riflessivo di internet e pratiche situate e/o virtuali. L’obiettivo è di far emergere, attraverso l’analisi dei diversi fattori implicati, alcune aree di approfondimento per coloro che sono interessati nella progettazione ed implementazione di comunità virtuali all’interno di specifiche strategie educative e/o formative. Il presente lavoro si propone dunque di arricchire la già promettente letteratura relativa al “Virtual community Building” (Preece, 2000; Kim, 2000), nella convinzione che il potenziale del web può e deve essere controllato e canalizzato all’interno di progetti concreti di diffusione e creazione di conoscenza.

    La scelta di Ops-online è dettata, come spesso avviene nella ricerca sociale, da ragioni pratiche e teoriche. Le ragioni teoriche sono ben esemplificate dalle parole che definiscono lo spirito del progetto, e conseguentemente la natura della comunità, intesa come un contesto per favorire la condivisione e creazione di conoscenza:

    “ (OPsonline si propone di)…fornire un luogo di incontro in cui studenti, giovani laureati, professionisti ed utenti in genere possano stabilire relazioni a reciproco valore aggiunto; condividere esperienze, informazioni e buone pratiche; aiutarsi vicendevolmente nel crescere come gruppo e categoria professionale”.

    Allo stesso tempo OPsonline rappresenta un esempio di comunità di successo, che si evoluta organicamente nel corso del tempo grazie all’impegno degli amministratori e dei partecipanti, sfruttando in maniera flessibile e intelligente le risorse “naturali” messe a disposizione dal web, senza l’utilizzo di particolari tecnologie od altri accorgimenti ad-hoc frutto di specifici modelli teorici. Questo fa di Opsonline un “campo neutro” ove è possibile individuare elementi che, emersi gradualmente nel corso del tempo, possono confermare, e forse arricchire, strategie di progettazione e valutazione di comunità di pratiche on line. Inoltre, la possibilità di accesso garantite dagli amministratori della comunità rappresenta un vantaggio pratico notevole, in previsione del tipo di metodologia che si intende utilizzare.

    La ricerca, in conclusione, si propone essenzialmente come case study. Attraverso l’analisi qualitativa delle interazioni della comunità si cercherà di far emergere gradualmente gli elementi che definiranno il quadro di riferimento e che saranno successivamente oggetto di ulteriori analisi. Si cercherà, tuttavia, di combinare l’utilizzo flessibile di metodologie come analisi del discorso e interviste e, laddove possibile, di metodi quantitativi per l’analisi della partecipazione on-line (dati aggregati relativi alla frequenza di posting, di logging etc.)

    Riferimenti bibliografici

    • Anderson, B. (1983). Imagined communities: Reflections on the origin and spread of nationalism. London: Verso.
    • Aycock, A. Buchignani, N. The e-mail murders: reflection on “dead” letters in Jones, S. (Ed.) (1995) Cybersociety. Computer Mediated Communication and Community. London: Sage.
    • Baym, N. K. The emergence of community in Computer Mediated Communication, in Jones, S. (Ed.) (1995) Cybersociety. Computer Mediated Communication and Community. London: Sage.
    • Bereiter, C. (1997). Situated cognition and how to overcome it, in Kirshner, D., Whitston, J. A. (Ed.). Situated cognition. Social, semiotic and psychological perspectives. London: Lawrence Erlbaum Associates.
    • Davidov, V. V. (1988). Problems of developmental teaching. The experience of theoretical and experimental psychological research. Parts 1-3. Soviet Education, 30 (8-10).
    • Engeström, Y. (1987) Learning by expanding. Orienta-Konsultit Oy, Helsinki.
    • Goodfellow, R. (2003) Communities of practice and other frameworks for conceptualising, developing and evaluating NCSL’s initiatives in linking staff and school communities. A report for the National College for School Leadership. Institute of Educational Technology, Open University.
      http://kn.open.ac.uk/public/getfile.cfm?documentfileid=2627
      Hildreth P., Kimble, C. Wright P. (2000). Communities of practice in the distributed international environment. Journal of Knowledge Management. Volume 4 n.1. p.27-38
    • Jones,S. (Ed.) (1995) Cybersociety. Computer mediated communication and community. London: Sage.
    • Jones, S. (Ed.) (1997). The internet and its social landscape. In Jones S. Virtual Culture. Identity and communication in cybersociety. London: Sage.
    • Jones, S. (Ed.) (1999). Doing Internet Research. Critical issues and methods fro examining the net. London: Sage
    • Kim, A-J, (2000) Community-Building on the Web. Peachpit Press.
    • Lave, J., Wenger, E. (1991). Situated learning: Legitimate Peripheral Participation. Cambridge University Press.
    • Lave, J., (1997). The culture of acquisition and the practice of understanding. In D.Kirshner & J.A. Whitson (Eds.) Situated Cognition: social, semiotic and psychological perspectives (pp.63-82) London: Lawrence Erlbaum Associates.
    • Paloff, R. M., Pratt, K. (1999) Building learning communities in cyberspace. San Francisco: Jossey Bass.
    • Preece, J. (2000). Online Communities: Designing Usability, Supporting Sociability. Chichester, John Wiley & Sons Ltd.
    • Renninger, A. K., Shumar, W. (Eds.) (2002). Building Virtual Communities. Learning and Change in Cyberspace. Cambridge University Press.
    • Scardamalia, M. & Bereiter, C. (1994). Computer support for knowledge-building communities. The Journal of the Learning Sciences, 3 (3), 265 – 283.
    • Trentin, G. (2004). Apprendimento in rete e condivisione delle conoscenze. Milano: Franco Angeli.
    • Turkle, S. (1995). Life on the Screen: Identity in the Age of the Internet. New York, NY: Simon & Schuster.
    • Vygotskij, L. S. (1966). Pensiero e Linguaggio, Giunti Barbera.
    • Wenger, E. (1998). Communities of practice : learning, meaning, and identity. New York: Cambridge University.
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