LEGGE BIAGI E SENTENZA DI MILANO DEL 28.05.03
Autore Valerio Benincasa
Su Italia Oggi di sabato 10 luglio c.m. è uscito un articolo a firma del prof. Tiziano Treu, ordinario di diritto del lavoro all’università Cattolica di Milano, dal titolo "La riforma del lavoro esalta la professione dello psicologo".
Vi invito a reperire l’articolo perchè riguarda sensibilmente il nostro futuro professionale. In ogni caso ne riporto brevemente i contenuti mettendo in luce le problematiche attinenti alla sentenza di Milano del 28 maggio 2003 nel rapporto con la legge Biagi.
La riforma del mercato del lavoro, legge Biagi, elenca analiticamente una serie di attività per lo svolgimento delle procedure di ricerca e selezione del personale come anche di verifica e valutazione dell’inserimento e del potenziale dei candidati. Inoltre la riforma amplifica il ruolo delle agenzie private del lavoro aumentandone le funzionalità e favorisce l’ingresso nel mercato di soggetti del "privato sociale" (associazioni sindacali e datoriali, enti bilaterali, scuole paritarie, ordine nazionale dei consulenti del lavoro) e di soggetti pubblici (comuni, università, etc.) che potranno esercitare attività di intermediazione di manodopera.
Ora, afferma Treu, c’è il problema di conciliare quanto emerge dalla sentenza del Tribunale di Milano con quanto è indicato dalla legge Biagi. Per Treu occorre fare uno sforzo interpretativo che porti alla conclusione che le agenzie eseguano la valutazione del potenziale solo avvalendosi di psicologi professionisti. Più in particolare:
- che gli psicologi trovino forme di collaborazione stabile con le agenzie per il lavoro, convenzioni in cui si stabiliscano rapporti e confini reciproci;
- che gli psicologi entrino direttamente nel mercato delle agenzie di ricerca e selezione del personale nelle seguenti due modalità:
- l’Ordine degli Psicologi potrebbe costituire un’agenzia del lavoro aperta alla collaborazione di tutti gli iscritti (pur non beneficiando del regime agevolato previsto per l’Ordine dei consulenti del lavoro);
- l’Ordine degli Psicologi potrebbe fornire un servizio di consulenza a tutti gli iscritti che decidessero di costituire un’agenzia (consulenza organizzativa e legale necessaria per la creazione dell’agenzia, dalle modalità di avvio sino ai criteri di gestione).
Considerazioni personali: credo che l’ipotesi 1) sia la più praticabile. La sentenza del 28 maggio 03 afferma che "l’attività di valutazione del potenziale si è concretata proprio nell’uso di strumenti conoscitivi per una diagnosi in ambito psicologico: invero per ciascun dipendente è stato redatto un articolato quadro di personalità… tale attività non può che essere qualificata di diagnosi psicologica che viene definita… il riconoscimento dei segni, assunti come indizi per la valutazione di facoltà specifiche della persona o del quadro globale della personalità il cui principale metodo di indagine è il test….". Dunque la diagnosi, anche nelle strutture produttive e dei servizi, non può essere effettuata se non dallo psicologo. In tal senso credo che occorra, raddoppiando gli sforzi, incrementare le attività di tutela e il contenzioso giudiziario.
Sempre di più non concordo con quanti sostengono che noi psicologi dovremmo affermarci solo per la qualità del nostro intervento: è una posizione molto ingenua. Guardate come ci hanno eliminato nei corsi di recupero per la patente a punti! Le autoscuole si considerano, pur non avendone sempre le capacità, le più idonee ad occuparsi di comportamento umano alla guida.
Per quanto riguarda l’ipotesi 2.2 non si tiene conto dei costi rilevanti connessi all’attivazione di un’agenzia. E’ comunque praticabile da colleghi che siano molto affermati professionalmente e con grandi capitali alle spalle (vedi quanto indicato nella legge n.30/2003 e decreto legislativo 276/2003).