Immersi nel cyberspazio. Rapiti da computer e cellulari. Vagano in un mondo che sta a metà tra realtà e immaginazione. Oscillano, ma sempre più inclini verso la segregazione nella virtualità. Il Giappone ha fatto da apripista, ma tutto l’Occidente si sta allineando. E i «ragazzi segregati» sono ormai quasi un milione in tutto il mondo. L’identikit fa spavento: età compresa tra 14 e 20 anni, non vanno a scuola, bandito ogni contatto con l’esterno, restano chiusi in casa e in silenzio, a volte per anni. L’unica ancora che li lega all’esterno è fatta di fili e byte: Internet, pc, social networks.
Anche in Italia c’è poco da stare allegri. Secondo uno studio a campione condotto dalla Clinica psichiatrica dell’università di Palermo, i giovani tra 14 e 18 anni trascorrono cinque ore e mezza ogni giorno attaccati al telefonino. Non riescono a concentrarsi per più di venti minuti. Distratti, svagati, finiscono letteralmente assorbiti da chat, community, web. Occhio e orecchio sono perennemente puntati sul telefonino. «Instaurano con i videogiochi prima, con il computer e la rete poi, ma anche con il cellulare, un rapporto scandito dalla velocità. L’attesa fra lo stimolo e la risposta è talmente ridotta che non c’è un intervallo di tempo per elaborare. Manca la disponibilità all’attesa», spiega Donata Miglietta psicoterapeuta e docente della Società italiana psicodramma analitico.
Il guaio è che l’età d’ingresso nel mondo parallelo si assottiglia sempre più. La vera generazione informatica è quella dei bambini nati tra la fine degli anni ’90 e il 2000. «Digital generation»: cresciuti guardando uno schermo davanti al quale hanno cominciato a stare già a cinque anni. Non è una differenza da poco, spiegano gli esperti: i ragazzi che oggi hanno 20 o 25 anni, per quanto assuefatti all’uso di giochi elettronici, cellulari e computer, sono cresciuti in una fase «pre-digitale». Hanno studiato su tomi di carta, riempito centinaia di pagine di appunti. I loro insegnanti? «Vecchio stampo», pressoché estranei all’informatica.
Tutto è cambiato adesso. E il rischio di un naufragio nel cyberspazio, per una generazione di giovani, è concreto. Psicologi e psichiatri snocciolano termini come ritiro dal mondo oggettuale, attività autoerotiche, aggressività contro se stessi, anoressia, tossicomania, disturbi dissociativi. Chi ha studiato questi fenomeni lascia poche speranze. Internet, sms e mms, videogiochi, social community possono modificare la mente? Sì, e le conseguenze sono molte: fantasie e illusioni, menti ipersollecitate con conseguenti difficoltà di concentrazione e riflessione.
«Il rifugio può diventare così abituale da trasformarsi in uno stile di vita segnato dalla dipendenza: abitare un mondo onirico considerato preferibile al mondo reale», dice la dottoressa Miglietta. È di pochi mesi fa il caso di un ragazzo che, dopo cinque notti trascorse a giocare con un videogame, perse la propria identità, convinto di essere diventato il personaggio del suo videogioco. Uscito di casa cominciò ad aggirarsi per le strade del suo quartiere alla ricerca di nemici da combattere e fanciulle da salvare. Portato in clinica psichiatrica, si presentò ai medici dicendo di chiamarsi ken, come l'eroe del videogame.
Certo, sono situazioni estreme. Di solito riguardano contesti familiari difficili, ragazzi e famiglie già disturbate. E qui si arriva al punto dolente. La famiglia. «I giochi elettronici, e l’uso del computer e di Internet devono essere gestiti con accuratezza», spiegano gli psicologi. Spetta ai genitori vigilare, vietare le interminabili sedute di fronte a tv e computer, dotare il pargolo di cellulare soltanto quando indispensabile. «E soprattutto seguirlo, parlargli. Perché se la tecnologia diventa l’unica esperienza a cui sono esposti bambini e adolescenti può rivelarsi distruttiva: a quel punto non c'è altro rimedio che la cura psicologica o psichiatrica».
I NUMERI
1 milione
La digital generation
Hanno un’età tra i 14 e i 20 anni: rifiutano scuola e società, restano in casa. Sono i nuovi segregati.
5 Ore al giorno
Tempo medio giornaliero dedicato dai ragazzi italiani all’invio e alla lettera di sms, i brevi messaggi di testo dei telefoni cellulari.
20 Minuti al giorno
Soglia massima di attenzione e concentrazione da parte degli adolescenti italiani della digital generation.
Fonte: http://www.lastampa.it