Colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni. La prevalenza specifica per classi di età è intorno all'1% nei soggetti di età compresa tra i 65 e 69 anni e raddoppia approssimativamente ogni 5 anni di età, arrivando a oltre il 30% nelle persone tra gli 85 e gli 89 anni. In Italia, secondo lo studio ILSA (Italian Longitudinal Study on Ageing) del Consiglio Nazionale di Ricerche interessa il 6,4% delle persone oltre i 65 anni, con una leggera prevalenza femminile, per un totale di 500 mila pazienti. Sono i dati della demenza di Alzheimer, la forma più comune di demenza senile, che nel mondo interessa circa 24 milioni di persone con 4,6 milioni di nuovi malati ogni anno, un caso ogni sette secondi, e che rappresenta circa il 60% di tutte le demenze cognitive. Dati destinati a raddoppiare nei prossimi vent’anni, con previsioni che si avvicinano ai 42,3 milioni di malati nel 2020 e agli 81,1 milioni nel 2040 (dati Alzheimer’s Disease International).
I costi della patologia – I costi legati all’Alzheimer ammontano all’1% del Pil mondiale, pari a 604 miliardi di dollari. Lo rivela il World Alzheimer Report diffuso in concomitanza con la XVII Giornata Mondiale dell’Alzheimer, curato da Anders Wimo del Karolinska Institutet di Stoccolma e da Martin Prince dell`Istituto di Psichiatria del King`s College di Londra. Gli esperti sostengono che la corsa dei costi sociali e sanitari legati alla malattia subirà ulteriori accelerazioni soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dovute all’incremento di reddito pro-capite, a un’aspettativa di vita più lunga e alla crescita in parallelo della patologie legate all’invecchiamento. In Italia, secondo i dati presentati dall'ultimo rapporto Censis-Fondazione Serono, il costo diretto a carico delle famiglie che assistono un malato di Alzheimer è pari a 10.627 euro all’anno, a cui possono essere sommati i circa 46.000 euro di costi indiretti, per un costo medio annuo complessivo per paziente di 56.646 euro.
La malattia – Prende il nome da Alois Alzheimer, neurologo tedesco che per la prima volta nel 1907 ne descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici: dall'autopsia il medico notò nel tessuto cerebrale di una donna di 51 anni morta per un'insolita malattia mentale la presenza di agglomerati, definiti in seguito 'placche amiloidi', e di fasci di fibre aggrovigliate, chiamati 'viluppi neuro-fibrillari'. Attualmente le placche formate dalle proteine amiloidi e i viluppi vengono considerate le cause dell'Alzheimer ma, nonostante gli sforzi a livello della ricerca, ancora non se ne conoscono le cause. La patologia inizialmente colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote poi sulla capacità di parlare e di pensare, e può arrivare a causare anche altri problemi come stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale. Chi ne soffre comincia a dimenticare le cose, per arrivare al punto in cui non riesce più a riconoscere nemmeno i familiari e ad aver bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici.
La diagnosi precoce – Diversi i test e gli strumenti realizzati, negli ultimi anni, per la diagnosi precoce. Una puntura lombare combinata con una scansione del cervello è il nuovo test messo a punto dai ricercatori dell'University College di Londra guidati da Jonathan Schott. Il test controlla due elementi predittivi della malattia di Alzheimer: il restringimento del cervello e il basso livello della proteina amiloide nel liquido cerebrospinale (dovuto all'accumulo dell'amiloide nel cervello). Un gruppo di studiosi guidati da David Bounce del Centre for Mental Health Research dell'Australian National University di Canberra ha messo a punto un esame, di cui si legge su Plos ONE, facilmente somministrabile "come la misurazione della pressione sanguigna". Il test, che sarà disponibile non prima dei prossimi due anni, si baserà sull'individuazione di minuscole lesioni nella materia bianca di uomini e donne apparentemente sani: la rilevazione precoce permetterebbe il monitoraggio negli anni dell'insorgenza delle demenze, e con l'uso dei nuovi farmaci alcuni soggetti potrebbero non sviluppare mai le patologie. Ricercatori americani dell'University of Tennessee hanno messo a punto un test computerizzato, di cui si legge sul Journal of Alzheimer's Disease, in grado di diagnosticare in anticipo l'insorgere delle demenze con una precisione fino al 96%.
La prevenzione – Se ancora non sono note le cause che portano alla formazione delle placche amiloidi e dei viluppi neurofibrillari, sono però noti alcuni fattori di rischio. Come spiegano Martin Prince e Cleusa Ferri dell’Institute of Psychiatry del King’s College di Londra, coordinatori dello studio promosso dall'Alzheimer’s Disease International e pubblicato su The Lancet per i cent'anni della scoperta della malattia, “la prevenzione dovrebbe puntare sui principali fattori di rischio per le malattie vascolari: ipertensione, fumo, diabete di tipo 2 e iperlipidemia”. Spazio dunque a una dieta equilibrata a base di pesce, pollo, frutta e verdura: uno studio pubblicato su Archives of Neurology dai ricercatori della Columbia University, durata quattro anni e condotta sulle abitudini alimentari di 2.148 soggetti di 65 anni ha infatti dimostrato che una dieta ricca di noci, pesce, pomodori, pollo, verdure crucifere (come broccoli e cavolfiori), verdure a foglia verde (come barbabietole, carote, sedano e lattuga) e scura (come bieta e spinaci) e povera invece di carne rossa, interiora e burro, risulta in grado di ridurre il rischio di Alzheimer del 38%. Un regime alimentare di questo tipo, secondo gli autori, sarebbe infatti in grado di fornire un apporto adeguato di acidi grassi (quelli saturi, i monoinsaturi, gli omega-3 e gli omega-6), vitamine (la E e la B12) e folati, che, insieme, sarebbero in grado di proteggere l`organismo da ipertensione e da alti livelli di grassi nel sangue. E non dimenticare un movimento fisico moderato ma costante nel tempo.