Così l’art. 7 della Carta di Noto (2011):
Le modalità di raccolta della testimonianza di un minore vengono ridefinite con l’audizione protetta che ha l’obiettivo di dare la parola al bambino e di ascoltarlo, raccogliendo tutte le informazioni possibili sui presunti fatti.
L’audizione si svolge in una struttura specializzata in una stanza munita di specchio unidirezionale, con un impianto di videoregistrazione e di un citofono interno, lo psicologo si trova all’interno della stanza con il bambino, al di là dello specchio sono presenti le altre figure coinvolte come i ctp, gli avvocati e il pubblico ministero i quali possono intervenire comunicando le domande all’esperto che provvederà a tradurle al minore in un linguaggio comprensibile e adeguato alla sua età e alle sue condizioni psicologiche.
Le procedure di intervista infatti, devono adeguarsi allo sviluppo cognitivo ed emotivo del minore, senza lasciar trapelare le aspettative dell’interrogante o dare per scontato fatti in realtà oggetto di indagine.
In generale, il numero delle audizioni deve essere ridotto al minimo e l’utilizzo della registrazione audio visiva permette non solo un’osservazione accurata di aspetti che possono sfuggire ma soprattutto consente di evitare la ripetizione dell’ascolto del minore sottoponendolo ad un rinnovato stress.
Se, le audizioni devono essere eseguite o ripetute a una distanza temporale notevole l’una dall’altra, occorre procedere alla loro valutazione con massima cautela in ragione del mutamento della condizione psicologica sia rispetto all’epoca dei fatti, sia rispetto ai potenziali fattori di inquinamento del ricordo.
Tra i vari punti sui quali si sofferma la Carta di Noto uno riguarda gli esperti che sono coinvolti nella raccolta della testimonianza, che devono possedere delle competenze specifiche, derivanti da una formazione aggiornata nella psicologia forense e della testimonianza.
Inoltre la funzione dell’esperto incaricato di effettuare l’audizione o una valutazione della stessa a fini giudiziari è ben distinta da quella dell’esperto incaricato del sostegno e del trattamento e quindi deve essere affidata a soggetti diversi.
Prima dell’audizione ci sarà una fase di familiarizzazione, un momento di accoglienza del minore in cui l’esperto e il minore si presentano e si conoscono attraverso argomenti e domande “neutre” che non riguardano i presunti fatti.
L’esperto informa il minore sul perchè si trova in quella situazione e sulle modalità dell’audizione inoltre riferisce la possibilità di farsi accompagnare da una persona per lui significativa e rassicurante, anche se la soluzione migliore sarebbe la sola presenza del minore nella stanza insieme all’esperto senza alcun familiare.
Nei casi in cui è presente un familiare, ad esempio la madre, si dovrà cercare di ridurre al minimo il rischio di interferenza, posizionandola in una parte della stanza in cui non viene direttamente a contatto visivo con il figlio e pregandola di rimanere in silenzio.
L’esperto deve creare un clima sicuro ed empatico anche se come dichiarato nelle Linee Guida Nazionali sull’ascolto del minore testimone (art. 4.9): «l’empatia rappresenta una qualità dell’atteggiamento dell’intervistatore atta a favorire la comunicazione ma non può divenire strumento diagnostico preponderante in un contesto iudiziario».
L’ascolto dovrà invece essere il più possibile neutrale, cercando di massimizzare le informazioni e minimizzando lo stress.
Secondo Yuille, Cooper e Hervé (2009, p. 126): «bisogna operare una netta distinzione tra colloqui terapeutici e interviste investi ative. A colui che svol e un’intervista investi ativa viene richiesto di essere obiettivo, di mantenere una posizione neutrale rispetto alle accuse sottoposte ad inchiesta. Al contrario, il terapeuta si occupa non della realtà storica delle accuse quanto della loro realtà soggettiva. Il terapeuta deve sentirsi libero di essere direttivo ed evocativo l’intervistatore no».
In ambito giuridico la testimonianza del minore risulta più accurata se gli viene concesso di ricordare e raccontare i fatti liberamente senza dover rispondere a domande specifiche e senza aiuti o suggerimenti esterni; a seconda dell’età e delle caratteristiche del minore, il contenuto può risultare povero di dettagli, ma anche accurato e puntuale: i dettagli ricordati e riferiti autonomamente sono in generale tutti effettivamente presenti nell’evento originale.
Compito dell’esperto è facilitare il racconto del minore, prestando attenzione alla modalità con cui pone le domande che può avere ripercussioni sulla rappresentazione mentale dell’evento.
Per evitare condizionamenti, riducendo al minimo il rischio di suggestionarlo, è importante porre domande aperte evitando domande induttive che possono in qualche modo guidare la risposta. Deve rispettare i tempi del minore non interrompendo l’esposizione dei fatti e deve evitare atteggiamenti preconcetti che potrebbero compromettere l’intera audizione.
Inoltre durante il colloquio l’esperto deve essere in grado di conoscere e monitorare gli effetti che le sue domande hanno sul minore.
Un aspetto che deve precedere l’audizione sul quale si sofferma la Carta di Noto IV, è l’idoneità a testimoniare del minore, sottolineando l’uso di metodologie di valutazione e strumenti ripetibili e accurati, riconosciuti dalla comunità scientifica come affidabili.
Nella valutazione dell’idoneità a rendere testimonianza occorre considerare sia le capacità generiche come la memoria, l’attenzione, il livello di suggestionabilità, il livello di maturità psico-affettiva, sia le capacità specifiche come l’eventuale presenza di influenze suggestive o l’abilità di organizzare e riferire il ricordo.
Prioritario in tutto il contesto dell’audizione descritto in precedenza è e deve essere la tutela del minore.