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    Le attività dello psicologo nel campo dell’immigrazione

    La grande migrazione a cui assistiamo ha la diretta conseguenza di creare un indotto di accoglienza a diversi livelli.
     
    Tutti i centri di accoglienza hanno, al loro interno, psicologi con diversi ruoli, così come le associazioni che a vario titolo sul territorio si occupano di migranti. In passato gli psicologi appena laureati venivano spesso utilizzati con la qualifica di educatori (chiamati “operatori”) nelle diverse strutture di accoglienza.
     
    Ciò non accade più, in seguito a recenti normative che disciplinano ciascuna professione e le necessarie qualifiche e titoli per svolgerla, per cui nelle strutture per l’accoglienza dei migranti ci sono psicologi, mediatori culturali, assistenti sociali ed educatori. 
     
    Oggi lo psicologo nelle strutture di accoglienza per migranti può:
    • occuparsi dei colloqui psicosociali, lavorando come psicologo (anche se non psicoterapeuta), con l’obiettivo di gestire gli utenti da un punto di vista emotivo e psicologico
    • avere ruoli di coordinamento e vice coordinamento
    • fare formazione a gli educatori 
    • avere ruoli amministrativi
     
    Proviamo a comprendere più nel dettaglio chi sono le persone che migrano e, in relazione al loro status giuridico, quale tipo di accoglienza viene loro riservata e di conseguenza quali strutture vi sono sul territorio e quali opportunità di lavoro per gli psicologi.
     
    Quando si sente parlare di migranti in televisione o sui giornali ci si riferisce principalmente a quelli che per diverse ragioni hanno un titolo o avrebbero diritto ad un titolo per rimanere in Italia o in Europa: sono i richiedenti asilo internazionale.
     
    Parliamo di persone che scappano dalla guerra, da persecuzioni per religione, razza o inclinazioni sessuali che, giunti alle nostre frontiere, possono chiedere protezione perché impossibilitati a rientrare nel proprio paese.
     
    Una seconda categoria che ha sempre diritto di protezione sono i minori non accompagnati, i quali, a prescindere dalla situazione di provenienza, vengono accolti e tutelati fino alla maggiore età.
     
    La maggior parte dei migranti non cadono sotto queste casistiche, ma sono i cosiddetti migranti economici, che scappano dalla fame e secondo la legge andrebbero rimpatriati.
    Quest’ultima categoria di persone migranti gira sul territorio nazionale senza documenti e spera di poter andare verso l’Europa del nord o di trovare un lavoro che permetta loro di regolarizzarsi.
     
    Se queste persone vengono individuate dalle forze dell’ordine possono essere detenute nei CIE (Centri di identificazione ed Espulsione). Molti di questi sono stati chiusi anni fa in seguito alle polemiche scaturite intorno all’incostituzionalità di tali luoghi di detenzione.
    Anche i CIE hanno psicologi che lavorano al loro interno ma sono situazioni molto complesse e ve ne sono non più di quattro o cinque in tutta Italia. 
     
    Per quanto riguarda invece i minori, vi sono molte realtà di accoglienza per i MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati), nascono dalla trasformazione delle case famiglia, che normalmente ospiterebbero solo i minori che per qualche ragione vengono allontanati dalle famiglie di origine. 


    Se si hanno le qualifiche giuste e motivazione, queste sono realtà in via di espansione in quanto la legislazione Italiana sulla tutela dei MSNA è tra le più avanzate e inclusive dell’Europa. 


    Sono in genere strutturate in 2 livelli: strutture più grandi con più ospiti funzionano da Pronte Accoglienze per evitare al minore di rimanere per strada. Di qui, con un progetto personalizzato, i minori andranno in case famiglia più piccole, Seconde Accoglienze, per ospitalità a lungo termine. 
     
    In queste strutture i minori potranno rimanere fino alla maggiore età, ottenere i documenti e il permesso di soggiorno, studiare Italiano e certe volte anche andare a scuola. 
     
    L’ultima categoria citata è quella dei Richiedenti Asilo, che possono essere accolti in due modi:
    • CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), che ospitano anche 50 persone e sono gestiti in maniera autonoma dalle Prefetture con la partecipazione delle cooperative. Di fatto spesso sono a bassa soglia di accoglienza e di servizi, ma anche qui si può trovare lavoro come psicologi.
    • SPRAR (Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), gestito dai comuni, accoglie gli immigrati che fanno richiesta di Asilo politico e vengono seguiti in un percorso di integrazione, studio, formazione lavorativa e legale.
    A monte di tutto questo, nei luoghi di arrivo dei migranti, per esempio in Sicilia, vi sono grandi centri di accoglienza, nei quali sono accolti tutti in prima battuta per essere poi deviati verso altre strutture; molto interessante e formativo può essere un periodo di lavoro in questo tipo di realtà.
     
    Due altri requisiti possono essere d’aiuto per i giovani psicologi: la conoscenza di lingue straniere aiuta il primo contatto con i migranti, molti di quelli provenienti dall’Africa parlano francese, per esempio. Vi è poi la necessità di essersi almeno parzialmente formati sugli aspetti specifici dell’Etno-psicologia.
     
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