Al di là della forma che un comportamento aggressivo può assumere la letteratura degli esperti concorda nel sostenere che l’aggressione è uno strumento appreso dal ragazzo come modo per ottenere ciò che vuole.
Ostilità e comportamenti aggressivi sono fra i problemi più seri e di difficile gestione che insegnanti, genitori ed educatori si trovano ad affrontare, chiedendo spesso l’intervento di uno psicologo esperto.
L’aggressività si sviluppa gradualmente a partire dai due-tre anni, può accrescere autoalimentandosi e pian piano si radica con il rischio di diventare una condotta antisociale in età adulta.
Le ricerche nell’ambito dei comportamenti aggressivi ci dicono che i ragazzi che sviluppano modelli di comportamenti antisociale tendono a provenire da nuclei familiari dove l’aggressività è accettata e “agita” almeno da un genitore (modeling) ed è sostenuta e rinforzata piuttosto che sostituita da modelli e pratiche comportamentali adeguate.
In aggiunta a queste spiegazioni del comportamento aggressivo nei bambini e nei ragazzi, Dodge (1993) si è focalizzato sui deficit dei processi cognitivi che sembrano alla base di una regolazione disfunzionale del comportamento.
Dodge ha elaborato un modello a 5 fasi che spiega come funziona l’attività di autoregolazione cognitiva necessaria per rispondere efficacemente ad una situazione sociale.
Prima fase: codificazione dello stimolo sociale. Questo primo passo prevede la ricerca e la focalizzazione dell’attenzione sulle informazioni importanti (es. espressione facciale, tono di voce) in base alle quali si intendono i propositi dell’altro. Sembra che i ragazzi aggressivi tendano ad interpretare impulsivamente questi segnali come intenzionalmente ostili.
Seconda fase: interpretazione dei segnali. I ragazzi aggressivi sembrerebbero inferire intenzioni ostili in situazione in cui la maggior parte dei ragazzi non lo farebbero.
Terza fase: ricerca della risposta. Si tratta, in questo passo, di generare le possibili risposte alla situazione sociale. I ragazzi aggressivi tendono a generare meno possibilità di risposta rispetto ad altri ragazzi posti nella stessa situazione. Inoltre le risposte dei ragazzi aggressivi sembrano orientate su soluzioni aggressive più che prosociali e cooperative.
Quarta fase: decisione della risposta. Questo passo prevede la scelta della risposta in seguito alla valutazione delle possibili conseguenze di ciascuna alternativa considerata. I ragazzi aggressivi tendono a valutare i comportamenti aggressivi come risposte efficaci, concentrandosi sui vantaggi personali, senza perciò tener conto delle possibili conseguenze negative dell’aggressività (es. causare sofferenza a chi riceve l’azione aggressiva, essere allontani dai compagni, ecc.).
Quinta fase: realizzazione della risposta. Quest’ultimo passo consiste nel mettere in atto il comportamento considerato più appropriato. I ragazzi aggressivi mancano di abilità necessarie per ottenere ciò che vogliono in modo cooperativo e prosociale. Ciò determina in loro un’” incompetenza” nell’area delle abilità socio-relazionali.
Valutare questi comportamenti già ai primi segnali di comparsa e intervenire in modo efficace permette di interromperli e di evitare che si autoalimentino.
La Dott.ssa Adriana Saba, collabora con Obiettivo Psicologia nel webinar "L’analisi funzionale e il modello di Glasser: due strumenti per la gestione dei comportamenti aggressivi in contesti educativi". Vai al programma >
Bibliografia
Brophi J. (1999), Insegnare a studenti con problemi, Roma, LAS.
Dodge K. (1993), Social-cognitive mechanism in the development of conduct disorder and depression. In L. Porter, & M. Rosenzweig (Eds), Annual review of psychology (Vol 44, pp. 559-584). Palo Alto, CA: Annual Reviews.
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