La Scuola è il secondo contesto sociale importante, dopo quello familiare, all’interno del quale il bambino trascorre la maggior parte del proprio tempo, apprendendo e strutturando informazioni, relazioni, norme e competenze, esperendo le emozioni e imparando a gestire e padroneggiare la meta-cognizione.
Nel corso degli anni scolastici, parallelamente alla crescita, vi sono degli step evolutivi sistematici, delle piccole prove che il bambino deve affrontare e superare, come l’apprendimento, la motivazione, la condivisione, la gestione delle frustrazioni e la pianificazione di un impegno.
Lungo questo percorso molti studenti possono incontrare difficoltà di apprendimento, di carattere temporaneo o permanente, difficoltà che, a causa di questa stretta relazione con tutti i livelli evolutivi coinvolti, possono incidere sulle prestazioni, sull’adattamento, sulla motivazione, sull’autonomia e sull’autostima, andando a formare un circolo vizioso.
La difficoltà che conduce al disagio a sua volta aumenta l’accrescimento della difficoltà stessa.
Queste criticità sono di varia natura: possono derivare da un disagio interno al vissuto del minore, da conflittualità familiari, da cause organiche o relazionali, nonché dalle stesse modalità di insegnamento proposte. Queste variabili confluiscono nei cosiddetti Bisogni Educativi Speciali (BES), come stabilito dal DM 2012.
In altri casi accade che le difficoltà vissute dal minore non siano di carattere generico, ma derivino da un deficit specifico, a carico delle principali competenze proprie del percorso scolastico, di apprendimento, lettura, scrittura e calcolo.
Se confermato da un adeguato processo diagnostico (Cornoldi, 2014), questi impedimenti prendono il nome di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA).
Nonostante questo disturbo sia stabile, è altresì emerso come tanto si possa fare per intervenire, migliorando sensibilmente l’evoluzione, il vissuto e tutelando le opportunità di apprendimento: predisponendo training col minore, adattando la didattica e le consegne, promuovendo le risorse e l’autostima del bambino, aiutando anche la famiglia nella corretta gestione del percorso di studi del bambino.
Diversi lavori (Moè, De Beni & Cornoldi, 2007) hanno preso in esame i legami tra i DSA e i fattori emotivi connessi, evidenziando come queste difficoltà possano concorrere a determinare situazioni di disagio o disadattamento (Ruggerini et al., 2010).
Dalla letteratura, in generale, il rischio di un’evoluzione psicopatologica appare cumulativo e determinato da più fattori: un bambino con DSA può vivere degli eventi di vita concomitanti, sfavorevoli e traumatici, che possono compromettere l’efficienza delle risorse psicologiche potenziando il rischio di un disturbo psichico (Valerio et al., 2013).
Numerosi lavori in tutto il mondo e anche in Italia dimostrano che il bambino con DSA, per quanto mantenga per tutta la vita, una certa difficoltà, può comunque, sostanzialmente, migliorare.
Un adeguato riconoscimento di questi disturbi ne migliorerebbe le condizioni: in Italia è stimato che circa il 3% della popolazione ha un DSA e di questi soltanto l’1% è stato correttamente diagnosticato.
La diagnosi precoce, insieme ad altri fattori come gravità, tempestività ed accuratezza dell’intervento, influisce profondamente sulla prognosi stessa (AID, 2009).
E’ dunque fondamentale per il contesto scolastico, con il supporto e l’intervento di professionisti psicologi esperti, riconoscere e intervenire tempestivamente, nell’interesse del bambino e della sua famiglia.
Per lasciare un commento è necessario aver effettuato il login.