La crisi che stiamo vivendo è fondamentalmente un problema di management, non di policy, sia nelle sue origini che nelle possibili vie d’uscita. Le origini vanno ricercate principalmente nella overconfidence con cui manager di istituzioni (finanziarie e non) hanno preso decisioni di investimento e di crescita, nonché nei molteplici e diffusi errori nella gestione dei processi motivazionali, fondati su obiettivi a corto raggio, ricompensati solo con denaro e potere. Un problema al quale i policy-maker si sono trovati costretti a dare soluzioni di emergenza di proporzioni storiche, ma che rimarranno tali (di emergenza, appunto) fintantoché non si sia riusciti ad agire in profondità sulle pratiche manageriali ed organizzative, identificando gli strumenti più efficaci per una sfida di tale portata.
Il primo strumento a disposizione dei manager per raggiungere questo obiettivo è noto nei suoi principi ma molto meno nella pratica: la gestione dell’apprendimento organizzativo e dello sviluppo delle competenze strategiche. Che la capacità di apprendimento rapido ed efficiente sia l’unica vera chance per costruire un vantaggio competitivo sostenibile è scritto su tutti i libri di strategia. Ma se si va a vedere quanto le imprese investono davvero per vincere le loro sfide competitive in questo modo, non si può che rimanere delusi. Di imprese che abbiano saputo istituzionalizzare e continuamente migliorare i processi di apprendimento interni ve ne sono pochissime.
Il secondo ha a che vedere con il modo in cui le imprese gestiscono i processi di acquisizione. È ovvio che una accorta politica di crescita per acquisizioni può rappresentare il modo più rapido, efficiente ed efficace per ristrutturare il portafoglio di attività e posizionare l’impresa in settori e segmenti nei quali potrà competere con maggiori probabilità di successo. Ma quante imprese hanno davvero investito nello sviluppo di competenze specifiche nella gestione dell’intero processo acquisitivo (e non solo della sua negoziazione)? Quante hanno messo a punto sistemi di supporto alle decisioni, processi di controllo e, soprattutto, di costante rifinitura delle pratiche di selezione e due diligence della controparte, nonché di pianificazione ed esecuzione della fase post-acquisizione? Lo stesso dicasi, in misura ancora più preoccupante, per lo sviluppo di competenze specifiche alla gestione dell’altro strumento di crescita per vie esterne: la partnership. Qui siamo di fronte, nella stragrande maggioranza dei casi, al dilettantismo più puro, ad imprese che, pur avendo accumulato una notevole esperienza nella gestione di processi cooperativi, mancano quasi del tutto di strutture, processi e strumenti specializzati, nonché delle routine di apprendimento costante e continuo per tradurre quell’esperienza in vera competenza.
Gli ultimi due strumenti a disposizione sono forse anche i meno ovvi. Il primo è la diffusione di una cultura della sostenibilità, intesa sia in termini economici che di impatto sociale ed ambientale, da integrare quindi in tutti i processi operativi e in quelli relativi alla definizione delle decisioni e dei comportamenti strategici. Il supporto e la fiducia di tutti i portatori di interesse (azionisti inclusi) rappresentano il migliore scudo protettivo contro le conseguenze peggiori della crisi e il modo più sicuro e rapido per identificare le risposte strategiche e per implementare i processi di cambiamento interno che normalmente esse richiedono. L’ultimo strumento su cui ogni manager sa di poter contare si trova nella sua scatola cranica. Il cervello offre la possibilità di anticipare le conseguenze indirette dei cambiamenti ambientali, ma soprattutto di generare le risposte creative e di “vedere” in anticipo le vie migliori per realizzarle concretamente. Gli sviluppi recenti della neuro-scienza permettono di affrontare lo studio scientifico dei fattori più “micro” delle decisioni strategiche, e di identificare le criticità più importanti, nonché alcune possibili modalità di intervento per facilitare l’utilizzo della nostra migliore arma contro questa, e ogni, crisi economica.
Fonte: http://www.affaritaliani.it/