Sarebbe stata indotta a scrivere della sua segregazione, a disegnare bambini legati alle sedie, a denunciare le violenze subite nell'orfanotrofio di Vilejka: "Se vuoi rimanere in Italia devi fare così". Lo avrebbe confessato Maria-Vika all'équipe di psicologi nominati dal procuratore generale del tribunale di Minsk. Sulle dichiarazioni rese dalla bambina, contesa tra la famiglia Giusto-Bornacin di Cogoleto e le autorità bielorusse, la procura di quel Paese ha aperto un'inchiesta, ipotizzando il reato di "istigazione al falso". Gli indagati sarebbero proprio Chiara Bornacin e Alessandro Giusto. Chiamato in causa potrebbe essere anche uno degli psicoterapeutici di parte, Alberto Barbagelata, l'estensore delle relazioni mediche sulle quali si sono poi basati gli esposti della famiglia genovese, presentati al tribunale dei Minori del capoluogo ligure.
L'indagine è coperta dal massimo riserbo, anche perché sono in gioco i rapporti bilaterali tra i due stati. Ma l'esistenza del carteggio tra i magistrati bielorussi e quelli italiani non è negata dall'ambasciatore Alexei Skripko. Così come da Roma l'avvocato della Bielorussia, Diego Perugini pur attenendosi al segreto istruttorio, non smentisce l'apertura dell'indagine da parte del procuratore generale di Minsk. I magistrati bielorussi oltre a trasmettere a Genova gli atti della commissione nominata dal ministro dell'Educazione, Alexander Radkov, hanno chiesto le generalità di chi ha scritto, firmato le relazioni medico-psicologiche, compilato le certificazioni su Maria-Vika. Scrivono i magistrati di Minsk: "Risultano discrepanze forti tra quello che è stato dichiarato in Italia e quello che invece ha raccontato la bambina agli specialisti bielorussi".
La notizia stravolge quanto sostenuto finora dai Giusto. La bimba di 10 anni durante la vacanza terapeutica a Cogoleto avrebbe confidato a loro la segregazione nell'istituto di Vilejka, le violenze fisiche e sessuali ad opera di altri adolescenti. Le dichiarazioni sono state accompagnate da referti medico-legali chiesti dalla famiglia genovese ai periti di parte: "Ematomi contusivi multipli nella regione toracico-addominale e agli arti inferiori con lesione, sospetta ustione, in regione pubica". Tutto sostenuto da una raccolta di scritti e disegni terribili fatti da Vika. Lo psicoterapeuta Barbagelata avrebbe detto: "La bimba ad una bambola aveva legato le mani dietro la schiena… raccontava di un gioco che un ragazzo più grande dell'istituto imponeva a lei e ad altre bambine".
Maria-Vika l'estate scorsa manifestò la volontà di non tornare in Bielorussia, ma di rimanere con Chiara e Alessandro, altrimenti si sarebbe uccisa. I due presentarono un esposto al tribunale dei Minori di Genova, chiedendo l'adozione straordinaria. Poi non riconsegnarono la bambina alle autorità bielorusse e per 20 giorni la nascosero nel convento di Saint Oyen, il Val d'Aosta. Ritrovata dai carabinieri e rispedita a Minsk (accompagnata da due psicologhe genovesi), lì avrebbe confessato di avere scritto e disegnato perché "sollecitata".
Sull'intera vicenda, data la delicatezza, le bocche rimangono cucite, ma fonti vicine alla Procura della Repubblica di Genova e al Tribunale dei Minori, riferiscono che la famiglia di Cogoleto avrebbe già respinto con sdegno le accuse giunte da Minsk.
Fonte: www.repubblica.it