Autore del libro Politici ed elettori. Psicologia delle scelte di voto, Caprara è una delle voci più autorevoli intervenute negli ultimi tre giorni nell’ambito del convegno Neuropolitica. Fondamenti celebrali di personalità, Giudizio Morale, Orientamento Politico. L’iniziativa è stata promossa dalla sua stessa Facoltà in occasione dell’VIII Settimana mondiale per la divulgazione al grande pubblico degli studi sul cervello.
A dare il proprio contributo studiosi internazionali di diverse discipline: neuroscienziati, filosofi, politologi, psicologi sociali. Quasi tutti concordi, al di là delle differenze di prospettiva, nell’affermare che le preferenze politiche si spiegano anche a partire dalla struttura celebrale dei singoli individui.
Come dire che esistono cervelli di destra e cervelli di sinistra. Lo scienziato statunitense Jordan Grafman, ad esempio, ha spiegato come le diverse attitudini politiche siano rappresentate in diverse parti del cervello: quelle conservatrici nella zona centrale della corteccia prefrontale, quelle progressiste nell’area laterale.
Più esplicito Caprara che, nel teorizzare la “crescente personalizzaione della politica”, ha sostenuto la maggiore influenza sulle scelte di voto delle regioni personali rispetto ai tradizionali paradigmi della scienza politica (identificazione con un partito, appartenenza a un predefinito gruppo sociale).
Se la morte delle ideologie è acquisizione ormai datata, innovativa è la scoperta che determinati tratti della personalità e valori accomunano gli esponenti di una stessa corrente politica: gli elettori e i rappresentanti del centro-destra presentano quasi sempre i tratti della “coscienziosità” (precisione, disciplina, senso del dovere) e una maggiore inclinazione al potere, al successo, all’edonismo, al rispetto per le tradizioni culturali e religiose; laddove nel centro-sinistra sono dominanti l’apertura mentale e i valori dell’universalismo (comprensione, tolleranza, rispetto per gli altri e per la natura). Una semplificazione eccessiva?
“No – spiega l’organizzatore del convegno Salvatore Maria Aglioti – perché il circuito nervoso è estremamente complesso e occorre tener presente che sulle nostre valutazioni morali e politiche e sui nostri conseguenti comportamenti incidono molteplici fattori”. Profonda, ad esempio, l’influenza che alcune situazioni ambientali esercitano sulla personalità e sulle scelte degli individui.
Il tema è stato affrontato da Philip Zimbardo, professore emerito di Psicologia all’Università di Stanford e famoso per l’esperimento che, negli Anni Settanta, dimostrò la relativa facilità con cui persone normali possono abbandonarsi, in un contesto favorente, alle peggiori crudeltà.
Dopo aver allestito una prigione simulata, Zimbardo vi rinchiuse 24 studenti mentalmente sani e li suddivise in guardie e detenuti. In appena cinque giorni i primi, in balia del cosiddetto “Effetto Lucifero” misero in atto le peggiori efferatezze ai danni dei compagni-vittime.
Le stesse efferatezze, ha spiegato oggi Zimbardo, che si sono consumate ad Abu Ghraib e che si sarebbero potute evitare ricorrendo alle acquisizioni ormai trentennali della psicologia sociale.
Il cerchio si chiude dunque: politica e sistema giuridico-legislativo non possono continuare a ignorare le scoperte della scienza sul funzionamento del cervello umano, utili non solo a vincere una sfida elettorale, ma anche a creare i presupposti per una società migliore.
Articolo tratto da: http://www.italianinnovation.it/