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    Non voglio più andare a scuola! Ovvero, fobie scolastiche

    Può capitare che i ragazzi di tanto in tanto sentano il desiderio di non andare a scuola (capita anche a noi adulti di non aver voglia di andare al lavoro), ma a volte questi comportamenti nascondono delle motivazioni meno superficiali e più profonde.

    I ragazzi, al giorno d’oggi ormai già dagli 11-12 anni, sono bombardati dai cambiamenti sul versante psichico, corporeo e relazionale; sono scombussolati, spesso agitati e spesso stranamente silenziosi e taciturni; non hanno più quella tranquillità e quella serenità che gli aveva caratterizzati nell’infanzia. Spesso alcuni genitori  mi riferiscono “….ma fino alle elementari andava bene, era tranquillo poi alle medie è CAMBIATO, va male a scuola, non si concentra, ci risponde, non vuole più venire via con noi ….!!!

    Uno degli aspetti che caratterizza l’adolescente è la diffidenza vs le figure adulte, il distacco da loro e la ricerca di autonomia; frasi come “basta non voglio più andare a scuola, vado a lavorare così posso fare quello che voglio …!!!” sembrano evidenziare proprio il desiderio di trasgredire, di diventare oppositivi alla ricerca della tanto sospirata indipendenza.

    Aspetti che spesso non vengono colti e che anzi, possono trovare in noi adulti, reazioni abbastanza dure, ancor più se uno dei genitori od entrambi, sono persone con un certo rigore, appassionate e dedite al lavoro.

    In tali casi generalmente la reazione è:  “COOOOOOSAAA! Tu domani vai a scuola e di corsa anche, quando sarai GRANDE e vivrai per conto tuo farai quello che vuoi….!!!!” oppure “vuoi andare a lavorare vai, ma comunque fin tanto che starai in questa casa dovrai stare alle MIE REGOLE!!!!

    In casi come questi, le condotte adolescenziali appaiono più che altro comportamenti oppositivi vs le figure genitoriali. Sono situazioni in cui, le mamme o i papà , sono un po’ troppo “rigidi” verso la scuola e il senso del dovere; ciò può portare il ragazzo a sentire il bisogno di evadere da una situazione che vive in modo soffocante.

    Spesso sono situazioni nella norma, piccole “minacce” per vedere la reazione dei genitori; meno si cede a questi “trabocchetti” più facile è che questi episodi rimangano saltuari e senza conseguenze.
    In tali casi comunque è consigliato (una tantum) fare qualche eccezione alla regola proponendo delle piccole vacanze, una giornata al mare o in montagna in un clima godereccio e divertente, in cui tutta la famiglia o uno dei due genitori (se maschio meglio con il papà e se femmina meglio con la mamma) possa trascorrere una giornata assieme al proprio/a figlio/a, lontano dalla solita routine quotidiana.

    Ci sono poi situazioni più complesse in cui spesso e volentieri insorgono delle diatribe e delle discussioni tra insegnanti e genitori. Generalmente questo avviene nel passaggio dalle elementari alle medie, quando cioè il ragazzo si incontra/scontra con un ambiente meno familiare, degli insegnanti meno “materni” e dei compagni di scuola un po’ più scaltri e vivaci.
    Sono ragazzi con una certa sensibilità, un po’ chiusi e vissuti in contesti generalmente “protetti”.

    Le frasi più comuni sono: “… mamma Marco mi continua a prendere in giro, ce l’hanno tutti con me … quella di storia poi mi odia …” e le risposte più frequenti sono “ …. Ma AMORE adesso la mamma va a parlare con il preside e con i genitori di Marco …. Sono cose INAUDITE …. Ma che razza di scuola è questa …”.

    Situazioni di questo tipo sono difficili da cogliere, solamente rendendosi conto di quanto si stia impazzendo a trovare un’insegnante, una scuola che vada bene, o a trovare un’attività sportiva o ludica che duri per più di qualche mese si può cogliere il disagio.
    Sono spesso condotte “aggressive inconsce” che hanno come unico obiettivo quello di portare all’esasperazione i genitori. Nessuna attività sembra andare bene e questo spesso e volentieri perché non si sentono mai all’altezza della situazione, è un po’ come se pensassero “ … mi ha voluto tenere sempre in casa, con il timore di tutto e di tutti e adesso trovami la situazione PERFETTA!”.

    Spesso in tali casi è consigliato proporre al giovane un’attività assieme ad un amico o meglio fare proporre ad un amico/a un’attività da fare; i coetanei, a differenza di noi adulti, sono molto più diretti, pratici e semplici e questo spesso invia messaggi di sicurezza “ … Dai vieni anche tu, di cosa hai paura….?

    Ci sono infine le situazioni più delicate e più silenziose, quelle ancor più difficili da cogliere. Sono ragazzi/e che difficilmente esternano il loro disagio, il più delle volte lo trattengono dentro di sé, possono ammalarsi facilmente, passando da piccoli sintomi psicosomatici (mal di testa, coliti, mal di pancia ecc) a sintomi sempre meno acuti e più cronici. 

    In tali casi le assenze da scuola tendono ad aumentare anche se il rendimento rimane nella media. Osservando bene questi ragazzi/e però ci si rende conto che passano sempre più tempo da soli, ricercano pochi amici o solamente l’amico/a del cuore, dialogano poco con i genitori e al giorno d’oggi in particolare, tendono a passare ore ed ore sui social network, sulle chat o sui giochi interattivi di internet.

    Talvolta superano da soli questi momenti di apatia, di mancanza di interesse e di depressione, ma altre volte questa sintomatologia può portare a rinchiudersi in sé stessi fino a ritirarsi completamente dalla scuola.
    A differenza dei primi e dei secondi, sono ragazzi che hanno il senso del dovere più marcato, sentono che andare bene a scuola è una cosa che li gratifica e che fa loro bene, ma allo stesso tempo è come se sentissero che non la stanno facendo per loro, ma per qualcun altro. 

    Alla lunga però comportarsi come gli altri vogliono e non come vorremmo, porta a sentirsi inadeguati con gli altri, a non sentirci all’altezza della situazione, a fare le cose non più per noi stessi ma per i genitori, per gli insegnanti; tutto ciò negli anni può creare insicurezza, bassa autostima e poca fiducia in sé stessi.
    Sono ragazzi sensibili, che sanno leggere “dentro” e che generalmente accettano la relazione a due piuttosto che la relazione gruppale, proprio perché, inconsciamente, tendono a tornare ad una fase più regressiva ed infantile.  

    Difficilmente sanno esternare il loro disagio ai genitori per paura di deluderli; in questi casi, una volta rilevata la sintomatologia del figlio/a è consigliato mettere in contatto i ragazzi con qualche persona medio-grande che susciti loro fiducia come ad esempio, la sorella/fratello maggiore, il ragazzo/a della sorella o del fratello, un parente stretto di qualche anno più grande, talvolta anche un insegnante che li possa aiutare ad esternare i loro disagi e allo stesso tempo a rinforzarli.

    In ogni situazione riportata sarebbe comunque opportuno consultare un professionista in tempi medio brevi per evitare che le situazioni si cronicizzino, spesso se colti subito sono disagi che non richiedono terapie.

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