"Diciamolo in inglese, che così magari ci prendono più sul serio: questi processi si basano su un meccanismo che nella psicologia cognitiva viene definito illusion of truth: l'illusione della verità, un concetto caro anche a Spinoza. Costruiti sui rumours (dicerie) che diventano reali nel momento in cui vengono espressi verbalmente e finiscono nel circuito mediatico. Il resto non conta".
Giuliana Mazzoni è una studiosa delle trappole delle memoria nell'età evolutiva e ha insegnato Psicologia cognitiva applicata all'indagine giudiziaria sia in America che in Gran Bretagna. In Italia però è conosciuta per la sua indefessa caccia agli "abusologi": psicologi che spesso, sostituendosi all'autorità giudiziaria, ricostruiscono i fatti sulla base dei racconti dei minori, poi smentiti.
E dopo aver osservato il processo (per ora solo mediatico) alle maestre della scuola Olga Rovere, ha subito pensato a un altro caso giudiziario, celebrato a Brescia e conclusosi con l'assoluzione di un gruppo di maestre dove la sua consulenza è stata determinante, che aveva lo stesso copione.
"A Rignano Flaminio le testimonianze dei bambini non erano state registrate e non mi sono sorpresa", spiega al Foglio. "La violazione di ogni ragionevolezza con cui si dovrebbe costruire una prova accade spesso (solo in Italia però) nei processi per abusi sessuali sui minori. Ma non dobbiamo giudicare troppo severamente i genitori. Io comprendo e giustifico la loro paura che li spinge a diffondere un contagio emotivo e a scatenare una serie di fraintendimenti all'origine dell'errore giudiziario.
Ci si può chiedere come possa un genitore arrivare al punto di indurre il proprio figlio a masturbarsi davanti a un videoregistratore per simulare gli abusi subiti (come è accaduto a Rignano, a Asti eccetera, ndr), ma il paradosso è proprio questo: quando scoprono che la violenza non era reale, i genitori, invece di tirare un sospiro di sollievo, rimangono delusi perché sono così ossessionati dalla loro idea da non riuscire a prendere in esame altre ipotesi alternative. Ma se non ci fossero stati loro, a intervenire in modo pesante anche se ingenuo, noi non avremmo mai potuto capire come si crea un processo sommario, indiziario".
Infatti oggi Giuliana Mazzoni ha un obiettivo: elaborare delle linee guida concrete che diventino obbligatorie nei processi per pedofilia. Come già accade in Inghilterra, dove nel 1990 il ministero degli Interni ha adottato una serie di regole per evitare errori giudiziari.
Lei in Inghilterra viene spesso incaricata dai pubblici ministeri di valutare i racconti dei testimoni, vittime di presunte violenze sessuali, mentre in Italia il suo nome appare solo fra i consulenti della difesa, avvocati di presunti pedofili, per individuare gli errori giudiziari.
Un fatto, questo, che spiega bene la filosofia giuridica a cui si ispirano molti dei nostri processi in materia. "Prima regola: i bambini non dicono sempre la verità, anzi. Tendono a dire bugie per liberarsi dalle pressioni degli adulti", dice.
"Bisogna utilizzare interviste cognitive con domande dirette che non contengano suggestioni e con stratagemmi per verficare la loro attendibilità. Seconda regola: mai fare pressioni. Chi ha subito una violenza, lo ammette quasi sempre spontaneamente. Terza regola: non fare interpretazioni forzate dei disegni (a Rignano i disegni erano accompagnati dai commenti dei genitori, ndr). Infine bisogna sempre rivolgersi a consulenti affidabili che non sposino a priori la tesi dell'accusa".
Ma per tornare al caso della scuola Olga Rovere (ieri sulla Flaminia sono stati trovati due striscioni sui quali era scritto: "Morte ai pedofili"), la professoressa Mazzoni ha una convinzione, surrogata dalla sua esperienza: "I processi nelle scuole materne hanno evidenziato quanto la verità non sia accertata, ma solo accettata grazie all'intervento dei media che invece di usare cautela ricorrono a ciò che in inglese chiamiamo sloppyness, trascuratezza: genitori terrorizzati, consulenti impreparati, metodologie giudiziarie inadeguate creano una macabra orchestra di giustizieri e quando ci si rende conto dell'errore la responsabilità viene diluita fra i diversi attori mentre la gravità del misfatto viene sminuita. E i danni sono irreversibili: la vittima, che non è stata vittima, sarà sempre tale, così come un pedofilo, che colpevole non è, lo rimarrà per sempre".
Articolo tratto da: www.tgcom.mediaset.it