La storia è quella di Andrew Beckett, avvocato di prestigio, gay che contrae la malattia, causa del suo licenziamento per il quale muoverà una battaglia legale contro i datori di lavoro.
La vincerà. Il film smuove l’anima, descrive perfettamente stati emotivi e di pregiudizio, fa riflettere e ad oggi evidenzia l’enorme cambiamento legato a questa tematica.
Questi due gruppi sono stati condotti dal dott. Raffaele Visintini all'interno del centro S. Luigi dell'ospedale S. Raffaele.
Sono gruppi misti (presenti sia uomini che donne) di max 8 persone, sono gruppi aperti e con la presenza di un'osservatrice partecipante. I pazienti osservati soffrono di disturbi di personalità più o meno gravi, e che per diverse regioni (droga, omossessualità) si sono infettati.
Prima di analizzare l’efficacia della terapia di gruppo in questi soggetti la Corbella fa un'analisi e pone delle premesse sulle caratteristiche dei disturbi di personalità.
Sottolinea come non sia un caso che questo tipo di patologia sia in continuo aumento nella società attuale.
I cambiamenti sociali dalla seconda guerra mondiale in poi hanno caratterizzato il mondo occidentale e generato confusione rispetto ai valori di riferimento; ciò è stato accompagnato da una ridotta possibilità di disporre di aspetti sociali coesivi, e riparativi delle eventuali carenze famigliari.
Mancano modelli di riferimento affidabili nell'ambiente famigliare e in quello sociale e la sempre maggiore diffusione, attraverso le telecomunicazioni, di modelli, che in molti casi finiscono col colmare questo vuoto, proponendo valori inaffidabili e superficiali.
Inoltre il divario continuamente sperimentato fra ciò che la pubblicità televisiva mostra come "necessario" e facilmente fruibile e la realtà del quotidiano aumenta i sentimenti di delusione e di frustrazione che stimolano posizioni nichiliste e disperate, proprio nel senso di senza speranza, privando le persone più fragili della fiducia necessaria per fare progetti e cercare di condurli a termine.
Sottolinea come abbia ragione Wilson (1980), che sostiene come oggi i ragazzi occidentali siano "ribelli senza causa" e come molti di loro, grazie ad ambienti famigliari affidabili e a loro doti naturali hanno saputo mantenere una condotta valida all'interno di un adeguato processo evolutivo, mentre altri, o perché meno dotati o perché vissuti in ambienti particolarmente deprivanti, soffrono sempre di più di disturbi con irrisolti problemi di dipendenza che l'eventuale uso di alcool e droga non fa che aggravare.
A sopperire eventuali inadeguatezze famigliari non troviamo poi l’assetto sociale che talvolta in un certo qual modo, peggiora anche la situazione.
Sebbene questa non è una condizione sufficiente per il manifestarsi di tale disturbo, certamente costituisce comunque un fattore di rischio. Inoltre da più autori è sostenuto che questo tipo di patologia ha la sua origine in fasi molto precoci dello sviluppo, conseguente alla mancanza o alla perdita di una adeguata holding che ha implicato una particolare difficoltà nei processi di separazione-individuazione.
Ogni momento cruciale dello sviluppo ha poi rimesso in discussione questo equilibrio già instabile, aumentando i conflitti irrisolti.
Altro elemento fondante e caratterizzante la terapeuticità gruppale è il movimento dialettico fusione-individuazione che è sotteso ad ogni seduta ed è quindi sempre fruibile.
Per quanto riguarda però i pazienti con disturbi di personalità è di fondamentale importanza il fatto che fra le varie potenzialità del gruppo vi sia anche quella di poter far regredire i suoi partecipanti a quei livelli molto primitivi dell'esperienza dove hanno avuto origine i loro problemi fondamentali. Si regredisce proprio a quella fase fusionale arcaica (che Balint definisce proprio "del difetto fondamentale") senza distinzione tra soggetto e oggetto, che caratterizza appunto il momento fusionale primitivo del gruppo, in cui emergono fantasie di onnipotenza.
Questo livello di regressione è potenzialmente presente fin dall'inizio della storia del gruppo e continuerà ad esserlo per tutto il tempo della sua esistenza dal momento che essere in gruppo richiede la capacità di mettere in gioco le zone simbiotiche comuni e ciò è reso possibile dalla particolare permeabilità che le frontiere dell'Io assumono nella situazione gruppale.
L'aspetto positivo e trasformativo di questa regressione qui è dato dalla possibilità di tornare al tempo della relazione con l'oggetto e quindi di entrare nell'area del difetto originario per riparare il percorso del "Sé grandioso" (base per lo sviluppo del "vero Sé") e di fare magari per la prima volta esperienze fusionali rassicuranti, all'interno del gruppo vissuto come "holding", e in seguito di poter risintetizzare e integrare, grazie al lavoro gruppale e agli opportuni interventi del terapeuta, gli oggetti parziali in un oggetto totale. In questo caso la sincronicità che dovrebbe caratterizzare la relazione madre-bambino diviene il prototipo dell'interazione di gruppo.
Non è facile portare un esempio relativo a questa situazione perché l'esperienza che questo movimento regressivo si situa ad un livello preverbale ; il linguaggio perde il significato convenzionale adulto e le parole vengono usate come una sorta di oggetto transizionale.
Così non si può riferire il contenuto preciso di una seduta in cui è stato esperibile l'aspetto positivo di questo livello arcaico di regressione, ma si può invece parlare dell'atmosfera positiva dominante che, condivisa da tutti, è solitamente di grande intensità e fiducia ; si partecipa tutti, terapeuta compreso, ad una sorta di immersione in una "serena fusionalità", esperienza questa, che molti pazienti con disturbi di personalità non avevano mai potuto fare.
Questa regressione fornisce le basi per un autentico "nuovo inizio" che stimola l'emergere di modalità più adeguate di rapporti e con sé stessi e con gli altri.
Un gruppo formato per intero da pazienti sieropositivi con disturbi di personalità è non solo possibile ma anzi auspicabile per le ragioni di cui sopra e perché si è notato che in questi gruppi il sentimento di condivisione è immediatamente presente: la comunicazione colpisce per i suoi caratteri di immediatezza e di richiesta di autenticità.
2) L'appartenenza al gruppo viene continuamente alimentata attraverso la messa in comune di vissuti personali, soprattutto di angoscia e di depressione, che, in quanto diventano comunicazione, possono essere accolti ed eventualmente modificati. L'esperienza di appartenenza è particolarmente importante per questo tipo di pazienti, in quanto fondamentale per la costruzione del senso di Sé come una persona che ha diritto a vivere e ad occupare uno spazio affettivo e di ascolto.
3) Come sostiene Neri (1995) il gruppo assume la funzione di oggetto-Sé, cioè di oggetto che fa emergere e mantiene il Sé dell'individuo e gli dà significato. A volte assume il ruolo di oggetto-Sé gemellare che grazie alla presenza calda e affettiva di altre persone dà un essenziale contributo alla costruzione di sentirsi essere "umano tra gli umani" e per queste persone che si sentono così spesso "diversi" questo è molto importante. L'esperienza di un rapporto con un oggetto-Sé gemellare è molto più forte e pregnante nelle situazioni di gruppo che i quelle di terapia individuale. Nel gruppo infatti, il fatto solo di vedersi e di essere in molti, rende la presenza corporea degli altri più consistente ed esplicita e stimola la consapevolezza di appartenere ad un contesto attivo e funzionante.
4) Il gruppo può assumere anche il ruolo di oggetto-Sé ideale ed onnipotente, come sempre accade nelle fasi di positiva fusionalità. Questo oggetto è idealizzato ma non distanziato, anzi è vissuto come un'estensione del Sé e consente di sperimentare di essere tutt'uno con un ideale di calma e di forza.
E' chiaro che da questa fase sarà poi necessario passare, e non una sola volta (tempo a spirale), a quella di una sana individuazione, ma è importante che questo passaggio, diversamente da quanto è avvenuto per la più parte di questi pazienti, non sia più traumatico e radicale ma graduale e condiviso e che questa esperienza rimanga nella storia del gruppo come serbatoio di energia cui accedere nei momenti di fatica e di difficoltà. "Il gruppo come oggetto-Sé ideale, mette a disposizione dei partecipanti una certa aliquota di "onnipotenza" condivisibile e fruibile" (Neri-1995).
Inoltre il gruppo come oggetto-Sé ideale può anche offrire un rispecchiamento gioioso, e partecipe delle conquiste positive dei singoli membri, formando e mantenendo un'immagine buona di sé che, togliendo la disperazione, ridà la speranza e incoraggia verso nuovi progetti, in un'area di profonda partecipazione affettiva.
Nel gruppo che funzione bene infatti è sempre presente la consapevolezza che il successo di uno è la risultante del lavoro di tutti ed entra a far parte di una storia comune e condivisa, dal momento che le vicende del singolo individuo si collocano all'interno del campo storico gruppale.
La storia del gruppo consente anche ai nuovi entrati la condivisione, almeno empatica, della fiducia di poter affrontare e risolvere insieme i problemi. Essa ha fra l'altro la funzione di alleviare la tensione di alcuni momenti drammatici, fornendo narrazioni confortanti relative a conflitti analoghi a quelli esperibili nell'hic et nunc delle sedute, già presentatisi nel passato e risolti, col risultato di diminuire le ansie depressive.
La conduzione
Questi sono gruppi terapeutici e non gruppi di accompagnamento ad una "buona morte", perché condivido totalmente con i pazienti il loro diritto alla qualità della vita e alla comprensione del significato della vita prima di potere e dovere affrontare quello della morte.
Neri, C. (1995), Gruppo, Borla, Roma