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    Psicolinguistica forense

    Prima di addentrarci in quello che è l’ambito della Psicolinguistica e nello specifico della psicolinguistica forense vediamo prima come viene definito il linguaggio e le aree neuropsicologiche coinvolte.
     
    Il linguaggio è un sistema costituito da molteplici livelli che serve a collegare il pensiero al discorso, attraverso le parole e le sintassi (Chomsky, 1965).
     
    Unità del linguaggio
     
    Fonemi. unità sonore minime distintive. Ogni idioma (linguaggio peculiare di una nazione, regione o popolo) è costituito da un proprio insieme di fonemi ed è per questo motivo che possiamo trovare difficoltà nel pronunciare parole straniere; alcuni fonemi potrebbero non essere condivisi tra le lingue. Particolari combinazioni corrette di fonemi vengono percepite come parole. Ogni lingua ha le sue regole per combinare i fonemi, se queste regole sono rispettate allora la combinazione è corretta. Una sequenza di fonemi combinati correttamente può, allo stesso modo, generare parole o non parole. Le non parole sono combinazioni di fonemi plausibili in un determinato idioma ma prive di significato.
     
    Unità morfemiche. Morfema: la più piccola unità linguistica portatrice di significato. La maggior parte dei morfemi è una parola e quindi denota un contenuto specifico. Alcune parole però servono soprattutto a rendere le frasi grammaticalmente corrette (articolo, preposizioni). Morfemi grammaticali e parole di contenuto sono elaborati in modo diverso (Zurif, 1990). Significato: la parola può essere vista come l’espressione verbale di un concetto; il suo significato è il concetto che esprime. Alcune parole veicolano più di un unico significato: tutti i significati sono attivati durante la comprensione della frase (Swinney, 1979) tuttavia il contesto della frase ci permette di ridurre, o eliminare, l’ambiguità.
     
    Unità sintattiche. Le parole vengono combinate in unità sintattiche: frasi e sintagmi (combinazioni di uno o più elementi linguistici che costituiscono una unità sintattica con specifica funzione nella struttura della frase). Qualunque proposizioni può essere suddivisa in soggetto e predicato. La parte riferita al soggetto rappresenta il sintagma nominale mentre la parte riferita al predicato della proposizione indica il sintagma verbale.
    Ogni sintagma si comporta come un’unità in memoria: sembra che le persone prima dividano in sintagmi e successivamente estraggano delle proposizioni (Wilkes & Kennedy, 1969).La sintassi si occupa della relazione fra le parole, nei sintagmi e nelle frasi. Quando comprendiamo una frase operiamo un’analisi sintattica senza sforzo e inconsapevolmente.
     
    Il processo di produzione verbale consiste nel tradurre un pensiero proposizionale in sintagmi e morfemi e in seguito nel trasformare i morfemi in fonemi. Il processo di comprensione verbale consiste nell’utilizzare i fonemi uditi per costruire i morfemi e i sintagmi della frase e successivamente estrarre le proposizioni.
     
    Effetti del contesto. Spesso il contesto rende prevedibile ciò che sta per essere detto e quindi ci permette di saltare alle conclusioni su ciò che pensiamo dell’intero discorso. Altre volte il contesto è indispensabile per la comprensione.Il contesto rappresenta ogni elemento non incluso nel discorso ma legato ad esso: la circostanza in cui certe parole vengono dette, l’argomento oggetto di discussione, l’interlocutore, etc.
     
    Basi neurali del linguaggio. Storicamente sono state individuate due aree corticali indispensabili per la corretta comprensione e produzione verbale: area di Broca (Brodmann 44, terza circonvoluzione frontale sinistra) e l’area di Wernicke (Brodmann 22, terzo posteriore della prima circonvoluzione temporale sinistra).
     
    Area di Broca: una lesione in quest’area origina afasia motoria. Considerando l’area di Broca come la sede delle immagini motorie delle parole, ossia degli schemi di movimento necessari alla produzione linguistica, l’afasia motoria è associata a diminuzione dell’eloquio spontaneo, agrammatismo (pochi morfemi grammaticali e poche frasi complesse, linguaggio telegrafico), parafrasie fonemiche e fonetiche.
     
    Area di Wernicke: una lesione in quest’area origina afasia sensoriale. Considerando l’area di Wernicke come la sede delle immagini uditive delle parole, l’afasia sensoriale è caratterizzata da un linguaggio fluente ma spesso incomprensibile (a causa di parafrasie fonemiche e semantiche e dei neologismi) e problemi di comprensione.
     
    Un terzo caso coinvolge le vie che collegano l’area di Broca e quella di Wernicke. Il fascio di nervi interessato è il fascicolo arcuato e si parla in questo caso di afasia di conduzione. In questo caso produzione spontanea e comprensione sono intatte ma è compromessa la capacità di riprodurre quanto viene udito.
     
    Questa tripartizione viene successivamente completata dal modello di Lichtheim che prevede la presenza di un centro per i concetti che però non è mai stata individuata, non si riesce a determinare infatti una sede cerebrale specifica che produci un disturbo del pensiero concettuale

    Cos’è la psicolinguistica? Oggetto della psicolinguistica è lo studio del processo di acquisizione del linguaggio, delle condizioni che sono alla base della produzione e della comprensione di questo e della sua rappresentazione nel cervello.

    In ambito forense questa è utile per individuare elementi che potrebbero dare una descrizione decisiva in merito, attraverso l’analisi dell’enunciato, a:

    1. origine geografica e appartenenza etnica
    2. età/sesso
    3. attività lavorativa
    4. livello di istruzione
    5. orientamento religioso
    6. inquadramento sociale
    7. caratteristiche demografiche

    Nonché alla:

    1) valutazione di minaccia (telefonate anonime, lettere minatorie, minacce verbali)
    2) attribuzione di un testo (lettere anonime)
    3) analisi delle dichiarazioni
    4) valutazioni di omicidi mascherati da suicidi (biglietti d’addio)
    5) rilevamento della menzogna
     
    Le metodologie di approccio e le teorie sul rilevamento della menzogna non solo studiano le possibilità di cogliere in modo certo una menzogna, ma addirittura se a questo scopo possa essere più efficace un lie detector umano o automatico: sembrerebbe attualmente che un lie detector umano abbia possibilità di riuscita pari solo al 54% rispetto ad una macchina.

    La menzogna è intesa come “atto volontario”, distinto dal non ricordare che non è di per sé menzognero.

    E soprattutto si basa sull’assunto che ogni parola è una scelta precisa, conscia o inconscia, e merita perciò di essere valutata singolarmente. Vanno pertanto considerati anche tutti quegli atti verbali che sono funzionalmente decettivi (ad es., ambiguità, evasività, omissioni, travisamenti, ecc.).

    I maggiori studi sulla menzogna, a prescindere dalle diverse teorie e metodologie, risultano concordi nel sottolineare l’importanza di tre fattori che concorrono a ingenerare un preciso status psicologico del mentitore. Rispetto a chi dice la verità, colui che mente:
    a) può sperimentare emozioni più forti, in primis la paura di essere scoperto;
    b) ha un maggiore livello di sovraccarico cognitivo, dovuto all’impegno di costruire la bugia;
    c) elabora molteplici e più articolate strategie per essere convincente.

    La vastità di questa materia non ha finora però portato a poter produrre, in ambito forense, elementi o criteri capaci di per sé di acquisire valenza probatoria, tuttavia un’analisi linguistica della scelta delle parole può rivelare, ad occhio e orecchio attento e addestrato, dei particolari importanti, se non fondamentali, in grado di orientare le modalità di intervento in un particolare scenario, un interrogatorio o le indagini stesse.

    Secondo il Reality Monitoring (uno strumento diagnostico elaborato negli USA), il racconto di un fatto vero, basato quindi sul ricordo, presenterà informazioni di tipo percettivo, affettivo e contestuale, mentre il racconto basato su qualcosa di costruito conterrà principalmente operazioni cognitive (pensieri, ragionamenti) e tutte quelle esternazioni fatte di interiezioni, esitazioni, pause, ripetizioni corrispondono alla difficoltà dello sforzo cognitivo per fabbricare il messaggio, che risulterà carente di immediatezza espressiva.

    Mentire è azione comune e frequente e comporta un determinato impiego di risorse e strategie, in proporzioni variabili in base al rischio connesso alla situazione. Se a ciò aggiungiamo che è impossibile simulare ovverossia controllare tutti gli elementi della comunicazione (parole, voce, mimica del corpo e movimenti viso), è pensabile presumere che qualcosa prima o poi sfuggirà.
     
    Applicazioni della Psicolinguistica forense

    L’analisi delle dichiarazioni è da diversi anni una metodologia diffusa principalmente negli Stati Uniti, utilizzata dagli agenti delle forze dell’ordine e agenzie investigative come strumento aggiuntivo di supporto per le indagini, al fine di scoprire se le persone sospettate o interrogate per una determinata situazione dichiarino il vero o il falso, o semplicemente omettano volontariamente particolari importanti utili all’indagine.

    La Tecnica si basa sull’esame dell’uso delle parole, indipendentemente dall’analisi dei fatti esposti.
    Spesso si fa rilasciare una testimonianza scritta, prima di procedere all’interrogatorio, per poter avere due versioni e due diversi tipi di enunciato da confrontare.
    Si articola nella valutazione di quattro componenti:
    1. le parti del discorso (uso dei pronomi personali, dei pronomi possessivi, dei nomi e dei verbi)
    2. Informazioni non pertinenti (eventualmente per un bisogno di giustificarsi)
    3. Mancanza di convinzione (fingere mancanza di memoria, ripetere spesso di non sapere, usare verbi quali “credere, presumere, immaginare…)
    4. Equilibrio fra le tre fasi di un racconto (il racconto di ciò che precede e segue il fatto riguardante l’indagine, quindi la contestualizzazione e le conseguenze anche emotive dell’evento, dovrebbero essere di pari durata, con minime variazioni).

    Fonte: Dott.ssa Beatrice Pascali, docente di Psicolinguistica Forense c/o AISF – Accademia Internazionale di Scienze Forensi

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