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    Psicologia del giocatore d’azzardo patologico e rischi di criminalità

    E' esperienza comune a molti l'avere tentato di sfidare la fortuna attraverso l'acquisto di un biglietto di una lotteria, l'avere scommesso su una competizione sportiva, compilato una schedina o giocato al lotto. Si tratta di un comportamento privo di rischi o conseguenze per la maggior parte di persone e per certi aspetti addirittura funzionale. Giocare d'azzardo può infatti offrire la possibilità di sperare, con poca spesa e con poca fatica, di potere cambiare la propria vita , di migliorarla, di realizzare un piccolo sogno, di sfidare o interrogare la sorte, vivere un'emozione diversa, regalarsi una parentesi di evasione o distrazione. Tuttavia per taluni tale esperienza non si riduce e si non si conclude in una innocua parentesi ed il ricorso al gioco rischia di diventare sempre più continuativo trasformandosi in una forma di compulsività e di dipendenza con pesanti conseguenze su diversi piani.

    Secondo Huizinga, il gioco sarebbe una azione libera, conscia di non essere presa sul serio e situata al di fuori della vita consueta.[1] Una azione a cui, in sé, non è legato un interesse materiale e che si compie entro uno spazio ed un tempo definiti di proposito, secondo un ordine e delle regole e la civiltà sarebbe nata e sorta "nel gioco e come gioco": l'uomo infatti, oltre che essere faber e sapiens, è anche ludens. Dobbiamo però a Caillois una importante definizione dei giochi. Secondo Caillois i giochi sarebbero distinguibili in quattro categorie: i giochi di competizione (Agon), di travestimento (Mimicry), di vertigine (Ilinx) e giochi di Alea (dalla parola latina che indica il gioco dei dadi). I giochi di alea si fondano – contrariamente a quelli di Agon – sul caso, e la vittoria o la perdita non sono imputabili all'abilità o meno del giocatore. Anche gli animali conoscono giochi di competizione, di vertigine, di travestimento ma quelli di alea – quelli d'azzardo – sono giochi tipicamente umani. Gli animali infatti ,"esclusivamente immersi nel loro immediato e troppo schiavi dei loro impulsi, non sono in grado di immaginare una potenza astratta e insensibile al cui verdetto sottomettersi anticipatamente per gioco e senza reagire"[2]. Attendere passivamente e deliberatamente un pronunciamento del fato, rischiare su questo una somma per moltiplicarla deliberatamente al rischio di perderla, è atteggiamento che esige una possibilità di previsione, di rappresentazione e di speculazione, di cui può essere capace solo un pensiero oggettivo e calcolatore. Se nei giochi di Agon il continuare a giocare, l'esercitarsi, aumenta le probabilità di vittoria o migliora le performance, nei giochi d'azzardo l'abilità ha un valore accessorio, inutile o addirittura fuorviante. Il ritenere infatti che la vincita dipenda dall'abilità porta a pensare sia necessario insistere per migliorare e vincere. Ma Caillos ricorda anche come il gioco sia ( e debba essere) un'attività libera, incerta, separata, improduttiva, regolata o fittizia. Se non vi sono queste condizioni non è un gioco. Se infatti la decisione di giocare non è libera non si può parlare di gioco. Non si può imporre infatti ad una persona di giocare. Secondo altri autori, per definire un gioco d'azzardo si debbono realizzare tre condizioni:[3] 1) il giocatore deve scommettere del denaro od un oggetto di valore; 2) la scommessa, una volta giocata, non può essere ripresa; 3) l'esito del gioco dipende dal caso.

    D'altro canto la stessa definizione legale (art. 721 del c.p.) definisce come giochi d'azzardo quelli "nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria". Pertanto dal punto di vista legislativo perché un gioco possa definirsi d'azzardo è necessario che concorrano contemporaneamente due requisiti essenziali: uno, di carattere soggettivo, consistente nel fine di lucro della persona che lo esercita; l'altro requisito, di carattere oggettivo, consiste invece nell'aleatorietà della vincita o della perdita, insita nella natura stessa del gioco.

    2. Il cambiamento dello scenario

    Pur non avendo a disposizione in Italia dati e ricerche di tipo epidemiologico su larga scala, diversi indicatori segnalano come il fenomeno gioco d'azzardo stia presentando problematicità crescenti. Si pensi ad esempio all'aumento di richieste di aiuto a servizi pubblici o privati da parte di giocatori o loro familiari, allo sviluppo di forme di auto-aiuto, al crescente – sebbene alterno – allarme sociale legato a fatti di cronaca ed al crescente fenomeno dell'usura in parte non marginale imputabile al gioco [4].Di certo stiamo assistendo ad una progressiva trasformazione dell'offerta di giochi che rischia di presentare un incremento di rischi di deriva di tipo problematico o patologico. Alcuni studi hanno infatti indicato con chiarezza- in un certo senso confermando una considerazione intuitiva- la chiara relazione tra maggiori disponibilità di giochi e l'aumento non solo del numero di "clienti" ma anche dei giocatori problematici o patologici [5] .

    Ma il fenomeno che stiamo osservando presenta anche importanti e preoccupanti trasformazioni sul piano qualitativo. Si pensi ad esempio a come in molti locali pubblici si sia passati da giochi di carte che presentavano e rispondevano a bisogni di socializzazione a slot machine che vedono persone diverse impegnate in maniera solitaria "contro una macchina". Ed il giocare in solitudine, come è stato dimostrato da alcuni studi britannici (Fisher 1993, Griffiths 1990), rappresenta una delle principali cause di sviluppo di problema. Ma non è questa l'unica e forse principale della trasformazione alla quale stiamo assistendo e che per sintesi si schematizza nella seguente tabella.

    CAMBIAMENTO NELLA OFFERTA E TIPOLOGIA DI GIOCHI [6]

    3. Il percorso dal gioco sociale al gioco patologico.

    Non è il semplice incontro con il gioco che porta necessariamente all'evoluzione di un quadro patologico in quanto sono necessari diversi elementi per trasformare una innocua attività in un condotta di dipendenza. La dipendenza è infatti sempre la risultante di un processo che vede il concorso e l'interazione di fattori diversi legati alla persona ( biologici, psicologici, fasi evolutive), al contesto microsociale (famiglia, ambiente di vita), macrosociale ( momento storico, culturale, economico) ed all'incontro con una sostanza o la sperimentazione di un comportamento: in questo caso il gioco. Tuttavia nei percorsi delle persone che hanno sviluppato problemi con il gioco è possibile riscontrare una insidiosa e spesso silenziosa evoluzione del quadro dall'incontro con il gioco alla vera e propria compulsività. Secondo Custer [7]la prima fase del percorso (denominata vincente) vede un gioco occasionale caratterizzato dal desiderio di divertirsi , di distrarsi, di vincere, di trascorrere il tempo. In tale fase le vincite appaiono frequenti e facili e le perdite irrilevanti. Si manifesta l'eccitazione legata al gioco e la sensazione di "potere smettere quando si vuole". A questa fase subentra una fase perdente caratterizzata da un gioco sempre più solitario e con episodi di perdite sempre più rilevanti. In tale fase il gioco appare sempre più monopolizzare il pensiero e le preoccupazioni del soggetto. Le assenze e la mancanza di denaro risultano sempre più difficili da sostenere e la rabbia, la depressione, l'irritabilità sono crescenti. Il denaro chiesto in prestito finisce presto e le vincite vengono reinvestite nel gioco dove diventa necessario rischiare maggiormente e scommettere su combinazioni e tipi di giochi che promettono maggiori guadagni, anche se con minori probabilità. E' in questa fase che si rischia di ricorrere a prestiti a tasso di usura per potere fare fronte alla necessità di giocare. Il giocatore chiede sempre più denaro ma risulta incapace di risarcire i debiti contratti e si innesca a questo punto la fase della rincorsa della perdita dove il ricorso al gioco è giustificato dalla necessità di potersi rifare del denaro perso. Tutto ciò porta il soggetto a giocare sempre di più , a chiedere prestiti ed a raccontare e raccontarsi che recuperato il denaro perso – con la vincita che non mancherà – non si giocherà più . Il rischio di escalation può essere pericolosamente aumentato da tanti fattori tra i quali, ad esempio, la sensazione di "avvicinarsi" alla vincita.[8] Magari ci si era promessi di giocare pochi soldi e per poco tempo, i soldi sono stati persi ed il tempo prefissato è finito ma si continua a giocare. E quando subentra anche la più piccola vincita questa viene colta come una conferma del fatto che "le cose cominciano a girare" e sia necessario continuare a giocare sempre più per recuperare il denaro perso. Tale rincorsa diventa sempre più intensa ed assillante ed anche quando finisce la sessione di gioco -più spesso per mancanza di denaro che per decisione – il pensiero ritorna al gioco. I numeri, le combinazioni, le ricorrenze, si trasformano da entità astratte a elementi che si pensa di potere controllare e prevedere ed il mondo del gioco con le sue complicità e giustificazioni diventa gradualmente un'isola, una fuga dalla vita reale e dalla quotidianità. La vita "normale" – sempre più caratterizzata da debiti, dalle incomprensioni della famiglia, dal lavoro che si trascura, dai i problemi che si rimandano e che si amplificano, dalla perdita di fiducia e di stima – diventa sempre più svalutante e problematica. Mentre il mondo del gioco con le sue complicità e le sue giustificazioni – anche grazie agli alterni anche se ininfluenti momenti di fortuna – diviene sempre più il mondo "vero", quello per il quale vale la pena di vivere, di rischiare, di insistere e soffrire. Il senso di colpa e di fallimento vengono negati, razionalizzati o giustificati dal pensiero di potersi rifare e poterne uscire "da vincitore" come se fosse una sorta di riscatto. Ma il continuare in questa strada non può che portare alla fase della disperazione. Tale fase può presentare acuti momenti di angoscia e di rischio di suicidio legati alla presa di coscienza dei problemi economici e relazionali, ma nonostante egli comprenda la gravità della situazione raramente riesce ad abbandonare il gioco. E' in questa fase che il giocatore rischia di assumere comportamenti incompatibili con i precedenti valori morali arrivando anche a compiere "piccoli reati" o distrazioni di denaro che tuttavia possono essere considerati come un prestito che poi sarà restituito. A questo punto si aprono quattro diverse possibilità: la carcerazione, la fuga, il suicidio o la richiesta di aiuto anche se spesso tali diverse eventualità si presentano alternativamente e la costante rischia di rimanere il continuare a giocare o il ricadere nel gioco. Certamente, e va ricordato con molta chiarezza, non tutti coloro che giocano d'azzardo vanno incontro ad una evoluzione di tale natura. Tuttavia, i casi di evoluzione patologica sono sempre più frequenti e si calcola che il gioco patologico e problematico possa colpire dal 3 al 6% della popolazione adulta. La realtà che si sta infatti presentando in misura crescente poco ha a che fare con la rappresentazione sociale secondo la quale il gioco d'azzardo sarebbe un fenomeno circoscritto in ambiti ben precisi, abitati da "eroi scellerati o decadenti ": avventurieri, personaggi estremi e lontani dalle esistenze e dai problemi delle persone comuni. La realtà che ci troviamo di fronte è per molti aspetti molto più normale e banale . Si pensi ad esempio che impegnerebbero il reddito di sussistenza nel gioco d'azzardo il 56% degli strati sociali medio-bassi, il 47% degli strati più poveri, ed il 66% dei disoccupati[9]. Siamo infatti passati in Italia – come gli studi di Imbucci hanno evidenziato [10] – da una prima fase (che si sarebbe verificata nei momenti di percezione di diffuso benessere economico dove "il senso di colpa individuale e collettivo si è mobilitato ed ha allentato i suoi freni inibitori consentendo un maggior consumo di gioco") con un ricorso al gioco in chiave ludica, ad una successiva fase dove il gioco ha svolto una funzione, di tipo compensativo. In un periodo successivo al benessere economico infatti il giocare avrebbe rappresentato un "succedaneo di speranza" ed un "espediente compensativo" per arrivare alla fase attuale che vede nel gioco una funzione di tipo regressivo e che sarebbe interpretabile, sempre secondo Imbucci, sulla base di elementi quali: a)la "crescita vorticosa e non omogenea del volume di gioco in presenza di concomitanti crisi economiche e sociali"; b)la "prevalenza di giochi di alea sui giochi di abilità"; c)il "disincanto del mondo e della politica con la crescita vorticosa dell'astensionismo, delle evasioni fiscali, (…) ed una accentuata incertezza del futuro". Ecco che il gioco diventa anche il luogo ove imbrigliare ed incanalare molte delle frustrazioni (altrimenti distruttive), derivate dall'irraggiungibilità delle mete di successo ed i valori socialmente auspicati della classe media, un contenitore rassicurante per accettare i fallimenti personali e per condividere la speranza e l'eccitazione di una vincita.

    4. Il giocatore d'azzardo e la psicopatologia

    E' solo nel 1980 che si ha un riconoscimento da parte della comunità scientifica del gioco patologico attraverso l'inclusione del "Pathological Gambler" nella terza versione del DSM[11]. Precedentemente all'inclusione n el DSM , il giocatore era stato "osservato, descritto e spiegato" secondo diversi profili ed è nota l'analisi del caso Dostojevskii da parte di di Freud [12]così come il pionieristico studio di Bergler [13]Tuttavia l'inclusione del giocatore patologico nel DSM – pur tra problemi di collocazione tuttora aperti [14]- risulta di grossa importanza ed il giocatore patologico apparirà anche nelle successive versioni del manuale. Secondo la descrizione del DSM il giocatore d'azzardo patologico è una persona che presenta una incapacità cronica e progressiva di resistere all'impulso di giocare d'azzardo, e nel comportamento conseguente, che compromette, disturba o danneggia se stesso, la sua famiglia o le sue attività professionali. La preoccupazione, lo stimolo e l'attività di gioco aumentano nei periodi di stress. I problemi che sorgono in conseguenza del gioco d'azzardo conducono ad un'intensificazione delle attività di gioco. Caratteristici problemi comprendono indebitamento esteso e conseguente insolvenza riguardo a debiti e altre responsabilità finanziarie, relazioni familiari disturbate, negligenza sul lavoro, e operazioni finanziarie illegali al fine di pagare il gioco." La diagnosi viene effettuata – fatte salve le condizioni di esclusione per altre patologie – dalla presenza di almeno cinque criteri da un elenco di dieci punti.

    1 ) E' eccessivamente assorbito dal gioco d'azzardo (per es., è eccessivamente assorbito nel rivivere esperienze passate di gioco d'azzardo, nel soppesare o programmare la successiva avventura, o nel pensare ai modi per procurarsi denaro con cui giocare)

    2 ) Ha bisogno di giocare d'azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l'eccitazione desiderata.

    3 ) Ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre, o interrompere il gioco d'azzardo.

    4 ) E' irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d'azzardo.

    5 )Gioca d'azzardo per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (ad esempio: sentimenti di impotenza, colpa , ansia o depressione.

    6) Dopo aver perso al gioco, spesso torna ad un altro gioco per giocare ancora (rincorrendo le proprie perdite).

    7 ) Mente ai membri della famiglia, al terapeuta, o ad altri per occultare l'entità del proprio coinvolgimento nel gioco d'azzardo.

    8 ) Ha commesso azioni illegali come falsificazione, frode, furto, o appropriazione indebita per finanziare il gioco d'azzardo.

    9) Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d'azzardo.

    10) Fa affidamento su altri per reperire il denaro per alleviare una situazione finanziaria disperata causata dal gioco d'azzardo.

    5. Alcuni costi sociali del gioco d'azzardo.

    I costi sociali del gioco d'azzardo patologico interessano diversi capitoli.[15] Innanzitutto, come si è già accennato, fortemente coinvolta risulta la sfera delle relazioni familiari. Similmente infatti ad altre forme di dipendenza infatti i costi, le sofferenze, i disagi, non sono pagati solamente dalla persona coinvolta ma anche dai suoi cari che debbono affrontare crisi economiche, convivere con un senso di impotenza, di sfiducia. Tutto ciò non raramente porta a crisi coniugali, a separazioni o divorzi. I figli dei giocatori patologici , anch'essi coinvolti nella spirale dei debiti, spesso assistono a conflitti familiari e rischiano di "adultizzarsi precocemente" preoccupandosi dei problemi del genitore sottraendogli promesse di smettere di giocare. Ma anche nel giocatore la modificazione del ritmo sonno/veglia, il forte stress dovuto alle molte ore trascorse a giocare non può che non avere conseguenze sul piano della salute. Frequenti sono infatti i periodi di profonda depressione, di forte nervosismo, di paura, e forte è anche il rischio di suicidio. Farmaci vengono assunti per malesseri secondari al gioco d'azzardo ed altri sintomi "stress related" quali difficoltà di memoria e concentrazione, disordini intestinali, emicrania, sono stati segnalati da diversi studiosi come pure è stata segnalata in alcuni giocatori una vera e propria sindrome di astinenza con sintomi quali dolori addominali, tremori, mal di testa, diarrea, sudori freddi, ecc.

    Ma il gioco patologico può anche innescare una pericolosa spirale sul piano lavorativo vuoi attraverso le frequenti assenze dal luogo di lavoro, vuoi attraverso difficoltà, trascuratezze, richieste di anticipi che spesso amplificano un percorso di progressiva discesa sociale o anche uscita dal circuito lavorativo. Tuttavia è anche da segnalare come in molti giocatori si presenti un fenomeno apparentemente opposto ovvero quello del superlavoro dettato dalla necessità di avere denaro, che può portare a trascurare non solo i basilari diritti sindacali ma anche a richiedere o accettare lavori molto faticosi, rischiosi, o privi di garanzie, a lavorare senza sosta, a trovarsi a lavorare in condizioni di stanchezza ove i momenti di pausa sono spesso sostituiti dall'esigenza di giocare con gravi rischi per la propria e l'altrui sicurezza.

    Un capitolo importante riguarda le attività illegali e di interesse penale che riguardano non solo la condotta del giocatore patologico ma anche gli interessi nel gioco da parte della criminalità organizzata. Tali interessi vanno dalla gestione diretta dell'attività di gioco illegale all'indotto che può derivare dal gioco legale (riciclaggio di denaro, spendita di banconote false, usura, prostituzione, etc). Secondo alcune indagini svolte nel corso degli anni 😯 da magistrati veneziani sulla presenza mafiosa nella regione Veneto è emerso ad esempio come le case da gioco oltre ad essere strumenti funzionali al riciclaggio ed all'usura, fossero considerati dai malavitosi luoghi ove fosse possibile realizzare una serie di attività, tra le quali lo stabilire contatti e frequentazioni interpersonali altrimenti difficilmente giustificabili, l'acquisire informazioni circa le reali disponibilità patrimoniali ed economiche dei giocatori al fine di commettere altre attività delittuose (es. sequestro di persona) , l'acquisizione di informazioni circa l'eventuale presenza di altri gruppi criminali possibili concorrenti nel territorio [16].

    6. Il rischio di attività illegali da parte del giocatore.

    Diversi sono gli studi che hanno dimostrato come i giocatori patologici siano frequentemente coinvolti in attività illecite finalizzate a procacciarsi denaro per giocare .Del resto ricordiamo come il DSM-IV indichi tra i criteri di diagnosi di gioco d'azzardo patologico l'avere commesso azioni illegali come falsificazione, la contraffazione di assegni, frode, furto, frode fiscale , appropriazione indebita per finanziare il gioco d'azzardo e pertanto "l'elevata criminogenecità del gioco d'azzardo sia indiretta e i crimini commessi derivino dalla catena di eventi legata all'ingente quantità di soldi che girano intorno al gioco"[17]. Alcuni studi condotti su pazienti in trattamento confermerebbero tali indicazioni. Uno studio condotto in Australia su un campione di giocatori compulsivi facenti parte sia del gruppo dei gamblers anonymous che in trattamento presso un centro specializzato ha rilevato come circa il 54% dei soggetti avesse commesso almeno in reato durante la sua "carriera" di giocatore e solamente il 9% dei soggetti facenti parte del campione non avesse mai commesso crimini legati al gioco d'azzardo [18]. Un successivo studio ha riscontrato come la commissione di almeno un reato legato al gioco si troverebbe nel 59% dei casi, con un rischio maggiore di condotte illegali nei soggetti con disturbo antisociale di personalità[19] .Un altro elemento di interesse criminologico è relativo al rapporto tra gioco d'azzardo ed uso di sostanze illegali, dove numerosissimi sono gli studi che evidenziano una maggiore possibilità di trovare fenomeni di abuso o di dipendenza tra giocatori patologici rispetto a non giocatori, così come maggiore è la possibilità di trovare giocatori patologici o problematici tra consumatori di sostanze. L'uso di sostanze illegali (cocaina, eroina, amfetamina) così come l'uso di alcol sembra inoltre essere un elemento che favorisce la possibilità di commettere reati. Il primo studio di dimostrò ad esempio come il 3% del campione avesse riferito di avere commesso reati sotto l'effetto di alcol. L'alcol e/o le sostanze stupefacenti in questo caso fungerebbero da "facilitatore" nel trovare "il coraggio", superare le barriere interne, la giustificazione nel commettere reati. Altre ricerche hanno evidenziato un fatto interessante ovvero come , se il bisogno continuo di denaro spinge oltre il 60% dei giocatori patologici al ricorso in attività illegali per continuare a giocare, in una minoranza dei casi la commissione di reati divenga una pratica abituale[20]. Se queste ricerche fossero confermate da successivi studi si potrebbe ipotizzare come in taluni soggetti il gioco funga da porta di ingresso nel mondo della illegalità ed una volta varcata questa porta il continuare la condotta illegale non sia strettamente legata alla necessità di denaro per giocare. D'altro canto è vero anche il percorso inverso ovvero il fatto che delinquenti comuni accedano al gioco direttamente dal mondo della malavita[21]. Altri studi hanno inoltre segnalato come il ricorso alla illegalità correlata al gioco d'azzardo non sembrebbe risparmiare le donne [22]e gli adolescenti. Nello specifico degli adolescenti le conseguenze principali del gioco sarebbero da ricercare oltre che nell'alto dispendio di denaro,nelle assenze dalla scuola e nei conseguenti scarsi risultati scolastici, nei furti, nella presenza di sintomi di tipo depressivo e negli intenti autosoppressivi [23]. E' importante poi segnalare sempre rispetto agli adolescenti l'associazione con l'uso di sostanze ed altri indicatori di disadattamento psicosociale, in relazione a problemi legati all'uso dei videogiochi nelle sale giochi. Il quadro complessivo sembrerebbe indicare come gli adolescenti giocatori problematici si ritrovino progressivamente coinvolti in un insieme di comportamenti a rischio , che in varia misura a loro volta influiscono sul loro comportamento generale e sembrano spingere verso l'adozione di condotte di rischio, di esclusione sociale, di adesione a modelli astensionistici, delinquenziali o a larvate o vere e proprie forme di addiction.

    Tuttavia dobbiamo considerare come il fenomeno gioco d'azzardo e nella fattispecie il fenomeno criminale legato al gioco d'azzardo presenti molti punti oscuri, i dati vadano presi con molta cautela e sia lecito pensare ad un numero oscuro di reati di gran lunga superiore a quelli identificati. E' infatti noto in criminologia come l'indice di occultamento ed il numero oscuro relativo alle varie tipologie di reati risulti fortemente correlato ad alcuni fattori in grado di determinare in misura maggiore o minore il divario esistente tra criminalità nota ed occulta. In altre parole la differenza che intercorre tra il numero di reati commessi e quelli identificati sarebbe in relazione alla specie di delitto, all'atteggiamento della vittima, alla qualità dell'autore di reato ed all'atteggiamento degli organi istituzionali. Nel caso del gioco d'azzardo l'atteggiamento della vittima e risulta fortemente rilevante. Se infatti si considera il giocatore d'azzardo quale vittima di usura è lecito ipotizzare come i giocatori caduti nella rete della criminalità organizzata tendano raramente a richiedere l'intervento dell'autorità giudiziaria. Questo non solo in relazione al rischio di intimidazione da parte degli usurai, ma anche al delicato ed ambivalente rapporto (per taluni aspetti assimilabile a quello tra tossicodipendente e spacciatore) con l'usuraio stesso che "offre" il denaro (la sostanza) per potere giocare; alla speranza in una grande vincita che permetterà di appianare tutti i problemi e da non ultimo al pregiudizio sociale che incombe sul giocatore con la conseguente paura di essere individuato non come vittima ma come causa del fatto. Se la denuncia e l'atteggiamento della persona offesa rappresentano una delle fonti principali in grado di ridurre l'indice di occultamento di una determinata tipologia di reati va considerato anche come spesso i reati commessi dai giocatori si perpetuino nell'ambiente di lavoro o nella cerchia dei conoscenti. Non è raro tuttavia considerare come, in tali contesti, si tenda a rinunciare alla denuncia accontentandosi nel caso del posto di lavoro delle dimissioni e – anche in considerazione alla conoscenza, della situazione, del rapporto personale ed alla sfiducia nel riavere il denaro sottratto – si preferisca non infierire sul soggetto attraverso un procedimento penale. Pertanto è lecito considerare come il numero e la tipologia di reati commessi in relazione al gioco d'azzardo risultino fortemente sottodimensionati.

    7. I reati del giocatore e le sue tecniche di neutralizzazione: alcuni esempi.

    E' importante considerare come nella dinamica della ricorso ad attività illecite da parte del giocatore il reato sembri non solo essere sottovalutato nella sua reale importanza e significato da parte del soggetto, ma sia anche lecito anche considerare e riconoscere in taluni casi[24] la eventuale condizione di seminfermità ai sensi ex art. 89 C.P. per dipendenza. Inoltre nei meccanismi di pensiero dei giocatori patologici in ordine alla effettuazione di reati assumono una forte importanza quelle che Sykes e Matza hanno definito tecniche di neutralizzazione. [25] Ovvero giustificazioni che sono funzionali al neutralizzare gli impulsi di conformità alle norme. Tali elementi sono da comprendere nei molti giocatori che, pur realizzando condotte delittuose, prima di cadere nel gioco erano persone del tutto rispettose delle norme e pertanto il passaggio a comportamenti illegali necessita per loro di una giustificazione di una razionalizzazione : di una corruzione del proprio super-io. La tecnica di neutralizzazione più frequentemente usata sembra essere quella della negazione del fatto. Non relativamente alla negazione del fatto in sé ma al fatto che l'atto costituisca un reato. E' questo il caso del giocatore che "si racconta di "prendere in prestito del denaro che restituirà appena possibile". "Si era trattato di un periodo sfortunato, le cose stavano andando male e mi sono ritrovato a non avere più denaro. Ero disperato quando mi è venuto in mente che potevo avere del denaro non mio ma che avrei dovuto consegnare il giorno dopo. Avevo esaurito il bancomat ma se fossi andato il giorno dopo in banca avrei avuto ancora credito. Così ho utilizzato questo denaro per giocare ed appena ho potuto lo ho restituito. Questo si è ripetuto più volte sino a che non sono più stato in grado di restituirlo e la cosa è stata scoperta".

    Un'altra tecnica di neutralizzazione è il trovare delle colpe esterne:"Le banche ti danno i soldi se li hai. Se non li hai non puoi contare sulle banche. Tutto questo è assurdo. Se una persona è in difficoltà come fa? Sono le banche la prima causa dei problemi. Se avessi avuto credito in quel periodo non sarei ricorso a quello che sono ricorso".Il periodo sfortunato è poi spesso una delle giustificazioni che sottendono altre giustificazioni ed il ricorso all'illegalità: In quel periodo le cose stavano andando male da tutti i punti di vista allora mi sono detto che tanto valeva provare a prendere quel denaro. Altre volte avrei potuto ma non l'ho fatto. Se l'ho fatto quella volta è perché ero proprio disperato e tutte le porte erano chiuse. Rovinato per rovinato ho pensato che tanto valeva fare anche questa. In tal caso avrei toccato il fondo e forse avrei anche avuto la forza di riuscire a smettere.

    Anche il sentirsi vittima è spesso una giustificazione della condotta delittuosa: E' tutto assurdo e lo stato è il primo che ci guadagna dal gioco. Se non vi fossero tutti questi giochi io non avrei mai cominciato a giocare, e se non avessi cominciato a giocare non mi sarei ridotto in questo modo. Ed allora io devo essere l'unico a rispettare le regole mentre altri si sono arricchiti e mi hanno rovinato?

    Se ci si considera infatti come vittime e non come causa dei comportamenti delittuosi allora l'efficacia della propria disapprovazione o di quella degli altri come influenza deterrente o limitante risulta notevolmente attenuata. Imparando a vedere se stessi più come indotto ad agire che come agente attivo ci si sente meno responsabili delle proprie azioni.

    Se questi sono esempi relativi al ricorso al reato da parte del giocatore è da considerare anche l'aspetto relativo all'irretimento di giocatori nell'area criminale. Attraverso il gioco, infatti, la criminalità può ricattare persone indebitate od usurate sotto diverse forme. Concedere credito a tassi di usura a cittadini insospettabili ed incensurati, favorire il loro accesso a forme di gioco controllate direttamente dalla criminalità permette alla stessa di potersi avvalere di persone successivamente ricattabili chiedendo di prestarsi ad azioni delittuose, a coperture, protezioni, all'avere accesso ad informazioni riservate o di infiltrarsi e controllare sotto coperture in imprese, esercizi, e quant'altro In altri termini ci si trova di fronte ad una criminalizzazione del giocatore da parte delle criminalità organizzata che considera il giocatore in vero e proprio oggetto criminale per i propri traffici illeciti.

    Mauro Croce

    Psicologo, Psicoterapeuta, Criminologo.

    Direttore Educazione Sanitaria ASL 14 V.C.O., Omegna (VB); Docente Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana.

    Fonte: http://www.registrogiuridico.com/

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