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    Psiconcologia

    Volendo descrivere brevemente alcune caratteristiche di tali disturbi osserviamo, ad esempio, che nel paziente con disturbo di personalità paranoide un quadro pervasivo di sfiducia e sospettosità si manifesta con atteggiamenti di forte aggressività.

    Il paziente oncologico con tale disturbo può riversare nel fantasma della malattia e nell’equipe curante tutta la sua rabbia distruttiva attraverso la non compliance terapeutica e continuamente rimanere alla ricerca del “capro espiatorio” che ha causato la sua malattia.

    I tumori cerebrali possono presentare una sintomatologia neurologica lieve o addirittura assente, a causa della crescita lenta del tumore, e produrre invece sintomi psichiatrici quali depressione, disturbi d’ansia, schizofrenia, anoressia nervosa e disturbi cognitivi.

    Prima dell’utilizzo di tecnologie quali la RMI, la TAC, la PET, molti casi di tumore cerebrale non venivano diagnosticati, e i pazienti venivano trattati per disturbi psichiatrici.  
    Solo dopo l’insorgenza di segni a livelli neurologico veniva diagnosticato il tumore.

    Spesso i pazienti che presentano sintomi psichiatrici hanno realmente un disturbo ma dovrebbe anche essere presa in considerazione l’ipotesi di una lesione cerebrale soprattutto quando tali sintomi si presentano dopo i 40 anni, i sintomi riguardano la sfera cognitiva ed emotiva e quando non vi è risposta al trattamento farmacologico.
    La diagnosi differenziale tra disturbi psichiatrici (di natura funzionale) e disturbi neurologici (di natura organica), potrebbe essere agevolata dalla conoscenza di quale sintomatologia viene provocata da lesioni in specifiche aree del cervello.

    L’emisfero sinistro è quello dominante per il 96% dei destrorsi e per il 70% dei mancini; viene descritto come l’emisfero razionale, in cui sono racchiuse l’abilità di linguaggio, analitiche, di astrazione e di logica mentre l’emisfero destro è principalmente implicato nell'elaborazione visiva e nella percezione delle immagini, nelle abilità visuo-spaziali, nella percezione globale e complessiva degli stimoli.

    La corteccia cerebrale contiene circa il 70% dei neuroni del SNC e per questo motivo le ricerche si focalizzano proprio su quest’area.
    Anche con l’avanzare di nuove tecnologie (RMI, PET) le domande riguardanti quali aree del cervello danneggiate provocano specifici disturbi psichiatrici non trovano ancora risposte esaustive.

    Tuttavia i risultati della ricerca scientifica in questo ambito hanno contribuito a produrre una prima serie di interessanti risultati.
    Essi mostrano che in generale la corteccia frontale è implicata nel movimento, linguaggio, attenzione e concentrazione, ragionamento, orientamento.

    Due diverse tipologie di sintomi sono correlate a due differenti lesioni frontali: la sindrome dorsolaterale e la sindrome orbitomediale. La prima è caratterizzata da apatia, diminuzione del desiderio, ritardo psicomotorio, diminuita attenzione, e afasia (se è interessato l’emisfero dominante). Un sottogruppo di pazienti affetti da schizofrenia presenta lesioni in quest’area.

    Lesioni della corteccia frontale orbitomediale sono caratterizzate da ritiro, paura, labilità dell'umore, impulsività, perdita di inibizioni. Alcuni di questi pazienti sembrano simili a pazienti con grave disturbo bipolare.
    Le principali funzioni del lobo temporale riguardano il linguaggio, la memoria e le emozioni. Le lesioni in quest’area producono sintomi simili alle allucinazioni, deliri, disturbi dell’umore.

    Lesioni al lobo temporale dell’emisfero dominante portano ad euforia, allucinazioni uditive, deliri, disturbi dell’umore, diminuita capacità di imparare cose nuove e scarsa comprensione del linguaggio
    Lesioni al lobo temporale non dominante portano a disforia, irritabilità e deficit cognitivi.

    La corteccia parietale riceve input visivi, tattili e uditivi. Lesioni al lobo parietale dominante presentano sintomi quali  disgrafia, difficoltà di calcolo, disorientamento destra-sinistra.
    Sintomi di una lesione al lobo parietale non dominante sono negazione della malattia e rifiuto del lato sinistro del corpo.

    Il lobo occipitale gioca un ruolo importante nella visione.
    Anche una leggera disfunzione può provocare distorsioni delle immagini e perdita di percezione della profondità.
    Il sistema limbico è associato alle emozioni, desiderio sessuale, comportamento alimentare, aggressività, memoria e motivazione.
    Lesioni dell’amigdala e del lobo temporale anteriore sono correlate con sintomi simili a quelli della schizofrenia, depressione e mania.

    In letteratura sono presenti due interessanti studi (1) (2) che illustrano casi clinici in cui la sintomatologia psichiatrica era in realtà legata all’insorgenza di un tumore cerebrale.

    Per esempio un ragazzo di 22 anni, destrorso, con allucinazioni uditive seguite da ricovero. L’insorgenza di problemi di memoria e linguaggio aveva richiesto una RMI da cui era emersa una massa nel lobo temporale sinistro (dall’esame istologico un oligoastroacitoma). L’asportazione del tumore aveva permesso la totale scomparsa dei sintomi.

    Una vasta letteratura si è occupata di come i fattori psicologici entrano nell’eziologia delle neoplasie
    .
    Vari autori hanno descritto alcuni tratti psicologici che sembrerebbero caratterizzare gli individui colpiti o predisposti al cancro. Tra questi tratti troviamo, infatti, l’uso massiccio di meccanismi di difesa improntati alla negazione e alla rimozione, la frequente comparsa di stati depressivi e sentimenti di infermità o disperazione di fronte a eventi esistenziali traumatici e, soprattutto, la marcata tendenza a controllare  e reprimere  consciamente i propri stati emotivi.

    La relazione stress-malattia o personalità premorbosa e cancro, non può però essere interpretata in maniera così lineare, in quanto esistono dei fattori di mediazione, quali la capacità di difesa individuale (coping styles), le circostanze ambientali, e il supporto sociale ricevuto.
    Nei soggetti con disturbo di personalità i meccanismi di difesa tendono ad essere immaturi e disadattativi e gli schemi di pensiero, la percezione, la reazione e la relazione con gli altri sono così rigidi e disadattativi da compromettere il funzionamento interpersonale o professionale.

    La risposta alla malattia nei soggetti appartenenti al Cluster A (bizzaria) è ostacolata dalla messa in atto di potenti meccanismi di difesa come la negazione; se ciò può aiutare in qualche modo il paziente a gestire meglio la sofferenza psicologica e l’ansia, è anche vero che la compliance terapeutica risulta pressoché nulla.

    Il gruppo B (drammatico) tende invece ad esasperare la risposta emotiva anche se la realtà viene sufficientemente riconosciuta. Accanto a reali sofferenze determinate dalla neoplasia, si notano spesso un’accentuazione della sintomatologia cui segue una continua richiesta di assistenza sia medica sia famigliare.
    Per quanto concerne il gruppo C (ansioso) l’elemento comune è la presenza di ansia o una paura quale caratteristica preminente. La loro insicurezza li porta a reagire con disperazione e perdita di ogni speranza che, alcune volte, va ben al di là di un’oggettiva gravità delle condizioni cliniche.

    L’intervento psicologico in pazienti oncologici con disturbo di personalità (ma in generale con tutti i pazienti oncologici) si pone come obiettivo di ridurre il disagio psichico ed aumentare la qualità di vita.
    I pazienti oncologici con disturbi della personalità presentano di frequente sintomi psicopatologici e/o problemi di tipo relazionale. Nel gruppo B, particolarmente problematico, si presenta il paziente con disturbo borderline di personalità. In queste persone sono frequenti l’instabilità emotiva, l’incoerenza comportamentale, entrambe condizionate dall’hic et nunc emotivo che i pazienti intrattengono con la realtà: terrore, vuoto e inibizione, delusione, avvicinamento, ecc.

    Per quanto riguarda il terzo gruppo, particolare attenzione merita il disturbo dipendente di personalità. Il pericolo maggiore di questi malati è operare una massiccia regressione che, sicuramente utile in un certo periodo della malattia, può diventare a lungo andare sintomo di deresponsabilizzazione nei confronti di un progetto terapeutico delegato unicamente al medico.
    Anche per questi pazienti è importante attuare un progetto terapeutico su più livelli.

    Il primo livello è quello che abbiamo definito del counselling e che vede nell’oncologo e nel paziente i due protagonisti. Il medico ascolta e partecipa  all’angoscia di misurarsi con la sofferenza e con la morte, ma anche la contiene, la elabora per restituirla mitigata dai contenuti più distruttivi.

    Il lavoro di counseling psicologico potrebbe non essere sufficiente specie quando si devono affrontare pazienti con disturbi di personalità. Quando la malattia è molto grave o comunque evoca cariche emotive troppo rilevanti e il paziente non  è in grado di farvi fronte, non è più sufficiente vivere solo correttamente la relazione, ma bisogna anche farsi carico del versante emotivo.

    E’ necessario passare ad un secondo livello che permetta non solo il riconoscimento del disturbo di personalità e la sua collocazione, ma una diagnosi globale che valuti il funzionamento mentale generale del paziente su più parametri, quali:

    • il tipo o i tipi di disturbo psichico (asse I)
    • il terreno base su cui si struttura la personalità ed eventuali suoi disturbi (asse II)
    • le risorse dinamiche disponibili del paziente e le difese adattive o disadattive
    • le dinamiche e le risorse disponibili in ambito relazionale-famigliare
    • le dinamiche relazionali con i sanitari


    Dopo la diagnosi è fondamentale il progetto terapeutico che deve essere mirato al problema attuale (disadattamento o difficoltà relazionali) tenendo conto della personalità del paziente e dell’eventuale positività in asse II.
    Le strade che si possono seguire sono la liaison e la psicoterapia.

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    Sitografia
    Stefano Bussolon www.neuropsy.it – Neoplasie cerebrali  
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    http://www.neurochirurgia.tn.it
    http://www.sicap.it

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