È inquietante fermarsi a riflettere ed al contempo rendersi conto di quanta violenza appartiene oggi al mondo degli adolescenti. In concomitanza con l'inizio delle scuole vorrei soffermarmi sugli atti vandalici che hanno riempito le pagine di cronaca dei giornali e che sono stati compiuti da giovani sostanzialmente per noia. La domanda che affiora alla mia mente, coperta da un velo di tristezza è: com'è possibile che in un'età in cui tutto dovrebbe essere vissuto con spensieratezza e gioia, non si trovi di meglio da fare che distruggere oggetti appartenenti alla società e quindi anche utili a se stessi?
È noto il concetto che vede l'adolescenza come il periodo di vita in cui è molto alto il bisogno di trasgredire alle regole dettate dalla società. Regole che in questo caso sono vissute come particolarmente restrittive e di conseguenza stimolanti alla trasgressione. In particolare, l'atto vandalico presuppone, da un punto di vista psicologico, il rifiuto di tutto ciò che rappresenta il mondo adulto, la società, la famiglia, la scuola.
Gli oggetti ed i valori socialmente condivisi non sono riconosciuti come tali dal giovane che anzi vuole allontanarsi il più possibile da essi fino a distruggerli. L'adolescenza è l'età in cui molti giovani vogliono provare forti emozioni. Tale ricerca li spinge spesso a compiere azioni che mettono a repentaglio la loro vita ma anche quella altrui (ad esempio, bere alcolici e assumere psicofarmaci o droghe e mettersi poi alla guida di scooter o automobili).
Provare emozioni forti e rischiose solitamente rispecchia un modo per i giovani di ricercare una propria identità sia per se stessi sia agli occhi dei pari e della società. In qualche modo una presenza significativa nel mondo viene illusoriamente fantasticata come raggiungibile attraverso il gesto vandalico/violento attuato dal gruppo, nel quale l'adolescente riconosce le proprie esigenze evolutive altrimenti inconsapevolmente bloccate.
Il gruppo dei pari può diventare, quindi, ricettacolo degli aspetti più fragili della personalità, all'interno della ricerca di un punto di incontro tra il mondo interno del giovane ed il mondo esterno rispecchiato dalla società, concretizzandosi alla fine nell'atto vandalico come modalità di scarico di una tensione interna che è l'esito di processi di pensiero inadeguati e psicologicamente non supportati (Perduca, 2002).
L'importanza che la nostra società dà all'apparire si riversa anche in questo contesto: l'adolescente vuole lasciare un segno di sé a qualcosa che appartiene alla società e ancora più al suo mondo, come la scuola. Ecco che l'elenco delle azioni vandaliche compiute in questi ultimi anni si fa molto esteso: registri strappati o bruciati, banchi e sedie rotti, lavagne rovinate, scritte oscene su muri e lavagne, vasi, piante e uno stereo distrutti, aule incendiate.
Solitamente i gruppi di adolescenti violenti sono costituiti da giovani che hanno storie personali familiari traumatiche non elaborate: separazioni precoci dai genitori, abbandoni, lutti, abusi e maltrattamenti, ritornano costantemente nelle anamnesi cliniche (Perduca, 2002). Spesso le azioni vandaliche sono premeditate (i giovani si premurano di videoregistrarle e poi diffonderle sul Web), ma quanto effettivamente si rendono conto delle conseguenze delle loro azioni non solo a livello emotivo per i familiari, ma anche a livello giudiziario?
Vi sono alla base una grande superficialità nei rapporti interpersonali e gravi lacune educative che portano il giovane a non essere in grado di prevedere completamente la gravità delle proprie azioni. Un aspetto da non trascurare è che questi atti, da un punto di vista psicologico, sono indicatori di rischio aspecifici, aperti cioè a diverse possibilità di sviluppo non necessariamente, né prevalentemente, di tipo deviante.
Il percorso che porta alla devianza è costituito da tre fasi principali: l'inizio; la prosecuzione; l'orientamento verso la stabilizzazione o, al contrario, verso l'interruzione della carriera (De Leo, 1999). L'aspetto da evidenziare in questo caso riguarda come può iniziare un percorso di vita dedito alla devianza. In generale, l'inizio appare caratterizzato da costrutti quali: l'occasione favorevole, l'agire gruppale, la dimensione comunicativa dell'atto, la sfida, l'autoefficacia percepita attraverso il comportamento trasgressivo.
È spesso per caso che si inizia ed in questo caso il gruppo assolve un'importante funzione: è lo specchio delle proprie immagini, la conferma del sé, il luogo che accoglie, riduce o amplifica. Ed è nel gruppo che l'implicito diventa fattualità, quando le aspettative individuali si incontrano con quelle degli altri, fornendo ingredienti dell'orientamento all'azione. Le conseguenze, non sempre consapevolmente attive, sono piuttosto di tipo espressivo e nei risultati dell'azione individuano componenti fattuali atte a soddisfare esigenze psicologiche e relazionali.
L'azione deviante ha il potere di amplificare la comunicazione, di evidenziare i messaggi, di attivare attenzioni. È un processo interattivo che si impara nel corso dello sviluppo: la trasgressione, con le sue conseguenze, mobilita interesse, sollecita risposte, problematizza l'improbabile staticità di confine della regola (De Leo, 1999).
Proprio per questo è necessario intervenire, ma ancora di più prevenire queste azioni di violenza e trasgressione. Da molti anni si parla di inserire stabilmente nelle scuole la figura dello psicologo. Questo potrebbe essere un inizio di intervento in tal senso. Lo psicologo infatti si pone come elemento di congiunzione importante tra la scuola e la famiglia, oltre che essere un punto di riferimento importante per molti studenti.
In generale, come intervento psicologico è importante sviluppare nei giovani il senso di appartenenza al proprio istituto o gruppo classe, favorire la progettualità e la partecipazione democratica, la collaborazione e la solidarietà, promuovere sentimenti di accettazione e riconoscimento reciproco, educare all'autostima e alla valorizzazione personale, al lavoro di gruppo, offrire modelli positivi e stimolare abilità psicosociali (life skills). Il potenziamento di questi rapporti psicologici e sociali può avere una forte funzione preventiva e contenere o ridurre gli stati di disagio individuale, spesso legati a povertà relazionali, ambientali e affettive.