PERCHÈ non possiamo non dirci freudiani: rielaborando il "motto" di Croce sul cristianesimo, forse ci avviciniamo al contributo di pensiero che il teorico dell'Inconscio ci ha lasciato in eredità. Qui abbiamo chiesto ad esperti e studiosi di chiara fama (come i professori Ammaniti e Dazzi), a seguaci "doc" o un po' "eretici" (la freudiana Camassa e il lacaniano Ricci) di tracciare alcune direttrici. Quel che resta di Freud, d'altra parte, è stato il titolo di uno dei primi convegni (del Forum Austriaco) per ricordare i 150 anni dalla nascita dello scienziato ebreo in fuga dalla Vienna nazista. L'attualità (pensiamo al Codice da Vinci) ci porta anche un autorevole intervento sul legame tra Freud e Leonardo. Non è la sola sorpresa. (m. pag.)
La rivista americana "Newsweek" ha recentemente dedicato una copertina a Sigmund Freud, sintetizzando in modo brillante lo statuto scientifico attuale della psicoanalisi: sotto la foto del grande psicoanalista viennese la scritta "Freud è morto" è stata corretta a penna "non è morto".
Dopo che per molti anni gli epistemologi e i ricercatori, come ad esempio il filosofo della scienza Adolf Grünbaum, mettevano sotto accusa la psicoanalisi chiedendo con insistenza evidenze a sostegno della teoria e dell'efficacia terapeutica, negli ultimi anni si è iniziato a comprendere che le osservazioni e i quesiti sollevati dalla psicoanalisi sono ancora oggi rilevanti, come ritiene Eric Kandel, Premio Nobel per le neuroscienze.
Prendiamo ad esempio la teoria dello sviluppo infantile, delineata da Freud in molti suoi scritti. L'infanzia secondo Freud costituisce un periodo fondamentale per la costruzione della personalità e per l'insorgere di vulnerabilità che possono condurre ad esiti psicopatologici. Queste intuizioni di Freud sono state convalidate dalle ricerche longitudinali degli ultimi anni che correlano lo sviluppo infantile con gli esiti in età adulta. Più problematica è invece l'immagine del bambino freudiano, la cui motivazione fondamentale sarebbe quella di soddisfare le sue pulsioni innate, in primo luogo quelle libidiche. È un bambino che nascerebbe egoista e che solo successivamente diventa sociale, concezione, questa, ampiamente disconfermata dalla ricerca recente in campo infantile.
A queste obiezioni si può rispondere che questa concezione del bambino è senz'altro datata, tuttavia nell'opera smisurata di Freud si possono trovare anche altre osservazioni ed intuizioni che seppur limitate anticipano avanzamenti scientifici in altri campi . È il caso di alcune pagine del saggio del 1920 "Al di là del principio del piacere" in cui Freud fa una vivida descrizione di un bambino di un anno e mezzo che ripete un gioco con un rocchetto, lanciandolo via e ritirandolo a sé con un filo e ripetendo come una filastrocca le parole "fort" (via) e "da" (qui). Questa descrizione del gioco "fort-da" fa supporre che il bambino riproponga nel gioco le sue ansie di perdita e che si senta rassicurato dal ritorno del rocchetto, che come la mamma, si allontana ma poi ritorna.
Si tratta di un'anticipazione importante della teoria dell'attaccamento proposta da Bowlby negli anni '60 ampiamente confermata da molte ricerche empiriche anche recentissime. Secondo la teoria dell'attaccamento il lattante ricerca, più che la soddisfazione orale ipotizzata da Freud, la sicurezza che gli viene garantita dalla vicinanza e dal rapporto con i suoi genitori. E quando i genitori si allontanano, come avviene per il bambino osservato da Freud, si genera in lui l'ansia di perdere i genitori, esperienza stressante durante l'infanzia.
Consideriamo ora un altro contributo importante di Freud che riguarda la sua teoria sul mondo onirico sviluppata compiutamente nella sua opera fondamentale "L'interpretazione dei sogni". Come è ben noto Freud mise in luce il fatto che il sogno è fortemente legato ai processi inconsci, in particolare ai desideri sessuali che possono essere soddisfatti nella dimensione allucinatoria dei sogni. Tuttavia la censura è costantemente vigile di fronte ai desideri sessuali, per cui il sogno latente viene mascherato e deformato dal sogno manifesto, quello che ricordiamo al mattino. Anche in questo caso la teoria freudiana dei sogni è stata messa profondamente in discussione negli anni '50 con la scoperta del cosidetto sonno REM direttamente collegato all'attività onirica, che originerebbe nelle parti inferiori del tronco cerebrale, che avrebbero poco a che fare con l'attività mentale. Sembrava che in base a queste scoperte neurofisiologiche la teoria onirica fosse ormai condannata ad essere definitivamente archiviata, tuttavia come spesso succede con gli avanzamenti scientifici si è recentemente messo in luce che i sogni richiederebbero l'attivazione coordinata di una rete di meccanismi cerebrali che presiedono ai comportamenti istintuali, alle emozioni, alla memoria e alla percezione visiva. E come scrive il neurobiologo Solms queste nuove scoperte sono ampiamente compatibili con la teoria freudiana dei sogni.
Si può affermare che "Freud ritorna" riprendendo il titolo di un articolo della Rivista Scientific American del 2004 in cui si sostiene che la teoria psicoanalitica rappresenta ancora oggi la concezione della mente più soddisfacente e coerente. Dello stesso parere è Kandel, secondo cui la teoria di Freud è destinata a giocare un ruolo simile a quello della teoria evoluzionistica di Darwin rispetto alla genetica molecolare, una cornice nella quale potrebbero essere inserite le nuove scoperte che emergono dalla psicologia e dalla neurobiologia.
Non si può concludere senza parlare della terapia psicoanalitica, di cui è stata ripetutamente messa in discussione l'efficacia, perlomeno in alcune patologie mentali. In questo caso è opportuno chiederci se il futuro trattamento dei disturbi psichici debba essere esclusivamente affidato agli psicofarmaci, che intervengono sui meccanismi biochimici cerebrali modificando, ad esempio le risposte emotive senza tuttavia facilitare l'elaborazione psicologica delle esperienze personali che hanno condotto allo stato di sofferenza. Chiediamoci se non sia più utile un trattamento psicoanalitico che aiuti il paziente ad affrontare le proprie difficoltà psicologiche e a ritrovare una continuità personale ed un senso di sé. Non si tratta qui di contrapporre la psicofarmacologia alla terapia psicoanalitica quanto piuttosto di garantire dei trattamenti integrati che possano tener presente la dimensione mentale e il substrato neurobiologico.
Probabilmente molte critiche rivolte a Freud non tengono conto del fatto che il sistema teorico da lui proposto si è sviluppato in un contesto dominato dai modelli scientifici della fisica ottocentesca, che erano inevitabilmente troppo meccanici e rigidi per descrivere le vicissitudini e le dinamiche della mente. Tuttavia, accanto alla costruzione teorica della mente umana, Freud è stato in grado con i resoconti dei suoi "casi clinici" di comprendere e di trasmettere il mondo dei suoi pazienti penetrando in profondità la psiche umana.
Autore: Massimo Ammaniti
Ordinario Psicopatologia dello Sviluppo, La Sapienza, Roma
Fonte: http://www.repubblica.it