Si chiama Pumilio ed è una proteina prodotta dalle cellule nervose già nelle prime fasi di formazione del cervello. Il suo compito è quello di regolare come un 'regista' lo sviluppo dei neuroni, 'modellandoli' nelle forme e strutture che li rendono adatti a svolgere la loro funzione principale: ricevere e trasmettere informazioni. Se viene prodotta in eccesso o in difetto, però, questa proteina può causare alterazioni nella forma della cellula portando a grave ritardo mentale. A scoprire l'importante funzione di Pumilio un gruppo internazionale di ricercatori, tra i quali figurano anche studiosi italiani. Per capire meglio la portata di questa scoperta scientifica che ha guadagnato le pagine della rivista 'Pnas', occorre addentrarsi nei segreti del nostro cervello e della nostra storia evolutiva.
La cellula nervosa assomiglia a un albero ricco di rami e foglie. Proprio alle foglie possono essere paragonate le sinapsi, i punti attraverso cui avviene il passaggio di informazioni tra i neuroni. Perché il cervello funzioni bene non è importante, entro certi limiti, il numero di neuroni, ma quanti contatti questi riescono a stabilire con altri neuroni. Nelle persone con malattie degenerative o genetiche gravi come l'autismo o la sindrome di Down, le cellule nervose presentano una forma più semplice, che condiziona lo sviluppo e la funzionalità del cervello con gravi deficit delle capacità cognitive. E' come se il cervello fosse un albero spoglio, con pochi rami e foglie. D'altra parte, troppe ramificazioni possono anch'esse influire negativamente con il funzionamento della cellula nervosa. Ecco perché è importante l'azione di controllo dello sviluppo neuronale, un processo molto complesso e finemente regolato. Come questo controllo avvenga è un interrogativo che da tempo appassiona molti scienziati. Una nuova risposta viene dal lavoro di ricerca condotto dalle università di Vienna, Firenze e Trento.
"La novità di questa scoperta – commenta Paolo Macchi, studioso del Centro interdipartimentale per la Biologia integrata dell'università di Trento – è la conoscenza del ruolo di questa proteina nello sviluppo del neurone. E' un ulteriore passo avanti nella conoscenza dei fattori che regolano lo sviluppo delle cellule nervose e su come malattie genetiche e neurodegenerative potrebbero alterare la funzionalità di queste cellule". Il neurone è caratterizzato una parte centrale (detta soma o corpo cellulare) e da una serie di prolungamenti più o meno ramificati (i dendriti e l'assone) che si allungano, con la crescita, fino a raggiungere altre cellule (altri neuroni, muscoli o ghiandole) con cui stabiliscono contatti. Grazie a questi prolungamenti, le cellule nervose ricevono e trasmettono informazioni, sotto forma di impulsi elettrici e chimici.
A svolgere il lavoro di portare i segnali dall'esterno all'interno della cellula nervosa sono i dendriti. Sui dendriti ci sono numerose piccole ramificazioni chiamate spine dendridiche (o sinapsi), paragonabili appunto alle foglie di un albero, che sono i punti in cui il messaggio proveniente da un altro neurone viene ricevuto. "Si sa che le funzioni biologiche essenziali del sistema nervoso, come l'apprendimento o la memoria, sono strettamente legate alla formazione di nuove sinapsi o al perfetto funzionamento di quelle già esistenti – spiega Macchi – La cellula nervosa è in grado di formare nuove ramificazioni e sinapsi durante tutta la vita di un individuo. Ma questa capacità si riduce con gli anni e così pure la nostra memoria. La perdita eccessiva di neuroni e in particolare delle sinapsi è, invece, il primo segno dell'insorgenza di molte malattie neurodegerative". Il problema che gli scienziati si trovano ad affrontare è, dunque, quello di capire in che modo il neurone assuma e mantenga la sua forma caratteristica.
"Lo sviluppo del sistema nervoso, nonché dell'intelligenza quale aspetto legato alla sua attività – prosegue lo studioso – è controllato dalla combinazione di fattori di tipo genetico, legati cioè alle informazioni contenute nel nostro Dna, e di fattori esterni, come la presenza o l'assenza di stimoli durante la crescita e la vita adulta dell'individuo". "In tutte le nostre cellule – precisa Macchi – il codice del Dna viene trascritto in una diversa molecola chiamata Rna messaggero, il quale produce le proteine che sono i mattoni costituenti e che fanno funzionare le nostre cellule. E' indubbio che questo flusso di informazione genetica svolga il ruolo di artefice primario dello sviluppo e di regolatore del funzionamento delle cellule, neurone incluso. Il nostro gruppo si interessa proprio dello studio del trasporto degli Rna messaggeri nei neuroni e dei meccanismi che regolano la loro traduzione in proteine. E' un processo biologico importante che permette alle cellule nervose di modificarsi creando nuovi rami e nuove foglie proprio là dove servono". Il progetto di ricerca, a cui partecipa anche l'ateneo trentino, è frutto della collaborazione con un gruppo di Vienna guidato da Michael Kiebler, con John Vessey attualmente all'Hospital for Sick Children di Toronto (Canada), e con Ettore Luzi del Dipartimento di medicina interna dell'università di Firenze.
Fonte: http://www.adnkronos.com/