Attacchi sistematici e reiterati, abusi, oltraggi, soprusi esercitati da colleghi o da un superiore su un lavoratore indesiderato per diverse ragioni configurano quella forma di "terrorismo psicologico", di "prevaricazione crescente", con danni gravi e irreversibili sull'equilibrio psico-fisico del soggetto colpito, che oggi viene definita "mobbing" e sta consentendo alla psicologia forense di entrare nel diritto del lavoro attraverso contenziosi inerenti alla valutazione dei danni da esso provocati. Un fenomeno allarmante, che interessa sempre di più le società avanzate.
Di questo e non solo ha parlato l'avv. Caterina Restuccia del foro lametino, presidente della locale Associazione degli avvocati lavoristi e previdenzialisti, intervenendo su "Il ruolo dello psicologo forense nel processo per danno da mobbing", nel corso di un convegno che s'è tenuto nella cittadina tirrenica sul tema "Psicologia e diritto: verso un linguaggio comune".
In base a specifiche ricerche, in Italia i lavoratori colpiti da mobbing sarebbero più di un milione e all'incirca cinque milioni le persone coinvolte nell'azione "mobbizzante".
Lo psicologo forense può fornire all'avvocato, al medico e all'organo giudicante elementi importanti per appurare la sussistenza di situazioni interumane conflittuali, persecutorie generatrici di condizioni patologiche da stress.
Al convegno hanno partecipato esperti e operatori del diritto e della psicologia, tra cui il direttore del dipartimento di Salute mentale dell'Asl n. 6, Cesare Perri, che intrattenendosi su "La relazione di coppia, un contratto imperfetto", ha evidenziato, tra l'altro, come il conflitto faccia »parte della filosofia dell'alleanza» e possa favorire un'appropriata soluzione dei problemi di convivenza.
L'europarlamentare Armando Veneto, avvocato del foro di Palmi, nell'affrontare l'argomento "Psicopatie e imputabilità" ha sostenuto che la pena debba essere dimensionata all'imputabilità. «C'è un grande tramestio – ha detto – su un diritto penale europeo, partendo dalla centralità della persona portatrice della propria individualità».
L'indagine psicologica è indispensabile per irrogare il giusto tipo di pena e per non mandare in galera soggetti di cui non si conosca compiutamente la personalità.
Patrizia Patrizi, professoressa associata di Psicologia sociale dell'Università di Sassari, è intervenuta su "L'adolescente deviante nel modello della giustizia riparativa", affermando l'importanza dell'interazione tra giuristi e psicologi per la corretta valutazione delle azioni penali, affinché la giustizia riparativa metta l'adolescente nella condizione di assumere il disvalore dell'azione commessa.
Infine l'intervento di Luca Sammicheli, docente a contratto dell'Università di Padova, su "Neuropsicologia e neuroscienze nel processo", che ha sottolineato la necessità di una formazione comune tra gli operatori del diritto e della psicologia, allo scopo di capirsi.
Articolo tratto da: www.giornaledicalabria.it