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    Siblings: una relazione difficile

    Il termine inglese Siblings  indica le persone con un fratello/sorella diversamente abile.
     
    Quando un individuo è affetto da disabilità la sua condizione si riversa sull’intero sistema familiare, che si trova di fronte alla necessità di ristrutturare le proprie abitudini e il proprio equilibrio.
    Tale cambiamento è stato spesso osservato secondo l’ottica genitoriale, tuttavia anche i fratelli o le sorelle delle persone disabili risentono inevitabilmente dell’influenza esercitata  dalle circostanze in cui vivono e crescono.
     
    Il rapporto tra fratelli, oltre ad essere uno dei più significativi dell’intero arco di vita, si distingue da qualsiasi altra relazione per la condivisione generazionale, familiare e di tutti quei cambiamenti che intercorrono durante il processo di maturazione.  Inoltre è l’unico legame familiare con carattere paritario e, pur non avendolo scelto come avviene ad esempio con il gruppo dei pari, rappresenta la prima occasione per stabilire un impegno proteso alla reciprocità. 
     
    Ma quali sono le dinamiche che si attivano per un siblings?
    Spesso i genitori sono portati a concentrasi maggiormente sul figlio disabile, percepito come quello più bisognoso d’aiuto, mentre l’altro finisce per essere trascurato sviluppando dei sentimenti di gelosia, solitudine  e abbandono che veicolano una richiesta di attenzione.
     
    E’ frequente che emergano vissuti di rabbia rivolti ai genitori poco presenti, al fratello disabile che reca con  sé delle difficoltà o semplicemente nei confronti della vita per l’ingiustizia e le avversità a cui si è esposti. 
     
    Non è insolito nutrire dei dubbi sul futuro, in quanto una volta che i genitori non saranno più in grado di occuparsi del figlio disabile è probabile che debba intervenire il fratello/sorella, aspetto che può spaventare  ed essere esperito come un limite rispetto alle proprie prospettive di vita.      
     
    La conseguenza di questi risentimenti e titubanze è un immediato senso di colpa e di vergogna per quel che si è pensato ed una percezione di sé come egoisti, anche se si tratta di reazioni assolutamente normali e comprensibili.
    Spesso è proprio la mancanza di un confronto a determinare l’insorgenza di emozioni negative; difatti molti siblings lamentano un bisogno di spiegazioni che perlopiù non ricevono dai genitori, i quali con il silenzio cercano di proteggerli e di non sovraccaricarli di responsabilità. 
     
    Tuttavia l’incertezza sulla realtà della situazione genera dubbi e preoccupazioni maggiori rispetto alla conoscenza della verità, pertanto può rivelarsi molto più utile avviare un dialogo sincero ed aperto affinché si possa attuare un processo di condivisione e gestione dei problemi tra tutti i familiari coinvolti. In questo modo si potrà fare spazio per un altro sentimento riportato da molti protagonisti di queste storie: ovvero l’affetto per quel fratello o sorella visto come un essere indifeso e bisognoso di cure.              
     
    Alla luce di quanto detto finora la posizione del sibling potrebbe essere letta come un fattore di rischio, ma in realtà essa può anche fornire un importante contributo per la costruzione di risorse inaspettate: gli sforzi giornalieri cui sono avvezzi  inducono i siblings ad instaurare un atteggiamento di maggiore apertura e proattività, una migliore disposizione ad immedesimarsi negli altri ed una notevole capacità di adattarsi alle situazioni nuove.
    Inoltre, dal momento che le energie dei genitori sono già assorbite altrove,  è probabile che il sibling raggiunga in breve tempo un elevato grado di autonomia. 
     
    Negli ultimi anni sono nati gruppi di auto-aiuto dedicati ai siblings, in cui i partecipanti hanno finalmente la possibilità di mettere in primo piano i propri sentimenti parlando del modo in cui la relazione, talvolta conflittuale, con il proprio fratello possa aver generato ripercussioni nella propria vita.
    Si affrontano e si raccontano le complessità quotidiane, le paure o anche qualche piccolo disagio secondario che può comunque necessitare di uno sfogo, nella consapevolezza di trovarsi in un luogo privo di giudizio e, anzi, orientato al sostegno reciproco. 
     
    L’obiettivo di questi gruppi è quello di garantire conforto attraverso la solidarietà che si crea tra i membri  e lo scambio di esperienze, oltre a favorire un senso di comprensione, può essere utile per individuare delle strategie di risoluzione per quelle problematiche che frequentemente si verificano con le persone disabili. 
     
    A tal fine Don Meyer (1994) ha elaborato un programma chiamato Sibshop  (derivato dalla fusione dei termini sibling e workshop) che predispone tali incontri all’interno di un clima ludico e disteso e che, dopo essere approdato in molti paesi,  si è affacciato per la prima volta anche in Italia nel 2013, a Torino. Si auspica che tale iniziativa prosegua e si estenda per fornire accoglienza e accettazione ad un’utenza troppo spesso non considerata.

    Bibliografia
    Coppola, Valeria (2007). “Siblings, adolescenti di persone diversamente abili: proposta di gruppo omogeneo”.  Edizioni Scientifiche italiane
    Don Meyer and Patricia Vadasy Sibshops (1994). “Workshops for siblings of children with special needs” Baltimore: Brookes
    Farinella, Alessia (2015). “Siblings: essere fratelli di ragazzi con disabilità”. Erickson Edizioni:  Trento.

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