Ai sogni non si comanda. Ecco allora comparire, mentre ci troviamo nelle braccia di Morfeo, le cose e le situazioni più strane: animali volanti, oggetti che parlano, luoghi fantastici che non riusciamo a collocare nello spazio e nel tempo. O anche fatti ed episodi dell'esperienza reale, come gli avvenimenti del giorno prima, ma distorti e privati della coerenza realistica. Il linguaggio strano dei sogni non è però così misterioso, ma ha una precisa radice biologica che, secondo uno studio, affonda nelle aree più antiche e primitive del cervello.
Il legame tra i sogni e le aree cerebrali più “vecchie” del cervello è stato studiato da un gruppo di ricercatori italo francesi. Lo studio è stato condotto a Roma, nel Centro Ricerche di Neuropsicologia della Fondazione Santa Lucia, e pubblicata sulla rivista internazionale “Experimental Brain Research”. Lo studio è stato coordinato da Fabrizio Doricchi, della facoltà di Psicologia dell'università di Roma La Sapienza, e si è svolto nell'ambito del Laboratorio Europeo di Neuroscienze dell'Azione (LENA) diretto da Alain Berthoz, del College de France di Parigi.
Il punto di partenza, ha detto Doricchi, è stato offerto dall’osservazione di un paziente che, a causa di una lesione nell'emisfero destro del cervello, aveva perso completamente la capacità di seguire con gli occhi gli stimoli che si muovevano lentamente da sinistra a destra, mentre era rimasta intatta quella di seguire gli stimoli in direzione opposta. I ricercatori hanno quindi registrato i movimenti rapidi degli occhi che il paziente aveva durante il sonno, nella fase REM (Rapid Eye Movements), il momento del sonno in cui si compiono i sogni più vividi. Gli esperti hanno notato che questi movimenti corrispondevano agli stimoli visivi che, durante le fasi di veglia, andavano lentamente da destra a sinistra ma mai in direzione contraria.
La prima conclusione, da cui possono derivare importanti ricadute per la medicina del sonno, è che i REM (movimenti oculari rapidi notturni) non sono tutti uguali. La seconda considerazione riguarda invece il tipo di riflesso oculare che entra in gioco in questi movimenti. ''Un riflesso – ha osservato Doricchi – molto antico e condiviso dall'uomo con gli animali più semplici''. Sulla base di questi dati e alla luce di un’analisi della letteratura scientifica i ricercatori sono giunti alla conclusione che, quando si dorme e si sogna, si attivano solo le parti più antiche del cervello e non quelle che si sono evolute più recentemente, dalle quali, nella veglia, deriva la possibilità per le nostre facoltà mentali di ottenere un corretto orientamento nello spazio e nel tempo.
Una conferma di questa teoria viene dal fatto che, negli organismi con un cervello più semplice di quello umano, la stessa attivazione potrebbe generare sogni realistici e corrispondenti, ad esempio, ad una ripetizione abbastanza fedele degli eventi del giorno precedente il sonno. Nel cervello umano, invece, la mancata o parziale attivazione dei circuiti cerebrali più recenti e complesse sarebbe alla base delle distorsioni spaziali e temporali tipiche dei sogni. Secondo gli studiosi, questa teoria è più aggiornata e plausibile rispetto alle ipotesi psicoanalitiche e fisiologiche, che attribuiscono la bizzarria dei sogni all'attivazione intrinsecamente disordinata del cervello durante il sonno.
Fonte: http://www.tgcom.mediaset.it