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    Tanoressia, abbronzanti come una droga

    E' una vera e propria malattia che colpisce un terzo dei giovani che ricorre all'abbronzatura artificiale. Una dipendenza come droga e alcol. Non solo, sembra che gli appassionati delle lampade siano anche più inclini a soffrire di ansia. Gli effetti della tanoressia in uno studio americano

    Non è come sdraiarsi su un lettino in riva al mare, ma per alcuni ha lo stesso effetto. Gli appassionati di lampade abbronzanti sanno che quei 15-20 minuti possono diventare una passione a cui non si può rinunciare. Tanto che, secondo una ricerca pubblicata su Archives of Dermatology, un terzo dei giovani che si dedica al trattamento rischia di sviluppare una dipendenza, pari a quella che genera la droga e l’alcol. Non solo, sembra che gli appassionati di lettini abbronzanti siano anche più inclini a soffrire di ansia.

    “Non è la prima volta che la ricerca scientifica analizza il rapporto tra lettini e dipendenza” spiega la professoressa Marcella Ribuffo, dirigente medico dermatologico dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) di Roma. “Tanto che oggi si parla di tanoressia, una vera e propria compulsione ad esporsi esageratamente ai raggi solari. Il comportamento è pari a quello che l’anoressico ha nei confronti del cibo. Questo infatti non si vede mai abbastanza magro, e allo stesso modo il tanoressico ritiene di non essere mai sufficientemente abbronzato, suggestione che può portare il soggetto ad una forma di dipendenza dall'abbronzatura”. Si stima che questa dipendenza, continua l’esperta, colpisca soprattutto i giovani che, insicuri del proprio aspetto, pensano di sentirsi più forti del proprio aspetto se superabbronzati.

    Questa volta a indagare il rapporto tra abbronzatura indoor e dipendenza è un’equipe del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York che ha monitorato 421 studenti di college, 229 dei quali ricorrevano con regolarità ai lettini, con una media di due volte al mese. Tra questi, circa il 30-39% è risultato 'dipendente' dalla tintarella. In altre parole, non riusciva più a vedersi senza un po' di colore addosso, e provava senso di colpa ogni volta che si sottoponeva a una seduta abbronzante, e avrebbe voluto ridurre l'uso. “I risultati – si legge nello studio – sono da prendere in considerazione anche per provare a ridurre il rischio di cancro della pelle. Bisognerebbe affrontare la dipendenza da ‘lampade’ come quella di droghe e altro, riducendo così i rischi che derivano dal rapporto tra l’abitudine all’abbronzatura e la dipendenza”.

    Un obiettivo importante se si considera che i lettini solari fanno male proprio ai più giovani. Prima dei 35 anni infatti, stando a uno studio condotto dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e pubblicata sull'International Journal of Cancer, l'esposizione alle lampade abbronzanti aumenta del 75% il rischio di sviluppare un melanoma, il tumore maligno della pelle. Basti pensare che solo in Italia la stima dei melanomi, e dei decessi ad essi attribuiti, si aggira attorno a 7.000 casi l’anno.

    “Se l'esposizione è elevata, ad esempio a causa dell'eccessiva durata dei trattamenti, sulla pelle e sugli occhi non protetti si possono manifestare quali l'arrossamento della pelle (eritema) e l'infiammazione della cornea e della congiuntiva. Oggi osserviamo giovani che hanno la pelle di sessantenni – conclude la Ribuffo – perché accumulano ustioni in età giovane”. Ma il conto si paga sempre entro 10-15 anni.

    Fonte: http://canali.kataweb.it/

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