“Alla luce del recente fatto di cronaca che ha visto una giovane madre di Passo Corese (Rieti) uccidere il proprio figlio di pochi mesi proponiamo al Ministro della Salute Ferruccio Fazio di applicare la procedura del TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) extraospedaliero per le donne affette da depressione post partum, a rischio di infanticidio”.
È questa l'indicazione avanzata dal prof. Giorgio Vittori, Presidente della SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) e dal dott. Antonio Picano, Presidente dell’Associazione Strade Onlus e Responsabile del “Progetto Rebecca”, che “prometteva” alla sua nascita, di offrire un programma di trattamento completo che va da una valutazione di personalità, ad un supporto psicologico, ad un appropriato trattamento farmacologico e, qualora fosse necessario, un supporto domiciliare per aiutare la mamma ad affrontare il primo periodo dopo il parto.
Dobbiamo forse pensare, vista la proposta, che questi interventi non siano andati a buon fine?
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Precisano i proponenti che il TSO da applicare nel caso della depressione post partum, dovrebbe essere differenziato dal trattamento indicato per psicotici e schizofrenici: l’indicazione è che ci sia costantemente una persona ad assistere la mamma in casa, in modo da continuare l’accudimento del figlio, soltanto garantendo una condizione di totale sicurezza, sia per la madre sia per il bimbo.
Molti però i pareri sfavorevoli a questa proposta a partire da Alberto Siracusano, Past President della Società Italiana di Psichiatria, che accusa il Tso di essere un trattamento che lede i diritti della persona, e poi il Moige – Movimento Italiano Genitori- per il quale il Tso rappresenta semplicemente una soluzione estrema quando sarebbe necessario offrire a queste mamme in difficoltà una maggiore assistenza.
Ancora, fermamente contraria all'uso del Trattamento sanitario obbligatorio Maria Burani Procaccini, già Presidente della Commissione Bicamerale Infanzia e membro dell'esecutivo del Movimento Bambino che ha dichiarato: «Pensarlo come fatto risolutivo è una cosa semplicemente assurda se dietro non c'è un lavoro preventivo».
L’impegno di tutti dovrebbe andare, concretamente, nel cercare di favorire comportamenti che tutelano le donne dal rischio di depressione tenendo conto di quella che già vent’anni fa Soulè e Noel definivano “vulnerabilità parentale”, ovvero la possibilità che dei futuri genitori possano essere turbati dall’arrivo del figlio.
La prevenzione delle patologie psichiche post partum, con l’individuazione tempestiva dei fattori di rischio, costituisce un importante obiettivo da perseguire sia nel corso stesso della gravidanza sia, in ogni caso, attraverso la diagnosi precoce delle prime manifestazioni sospette di disagio della neo mamma. Un impegno prioritario, quello dell’assistenza alla donna in gravidanza, nel parto e nel puerperio, che richiede profili di intervento diversi e complementari che coinvolgono dimensioni educative, psicologiche, sanitarie e sociali.
Intanto, l'Azienda Sanitaria di Ferrara promuove una serata-evento sul tema l'8 giugno, condotta da Lella Costa, «nella convinzione che il sapere faciliti il superamento di pregiudizi e di sentimenti come vergogna e senso di colpa».
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Fonti:
- www.ilmessaggero.it
- www.benessere4u.it, Di Vaio S.E, 2010, La Sindrome di Medea: le madri assassine
- Marinopoulos S., 2008, Nell’intimo delle madri, UEF, Milano
- Pannitteri A., 2009. Madri assassine. Diario da Castiglione delle Stiviere, Alberto Gaffi Editore, Roma