Secondo lo psichiatra Zagury (come riporta la rivista “Psicologia Contemporanea”), in presenza di determinate combinazioni di eventi, uccidere un proprio congiunto o conoscente, ahinoi, non è poi una cosa che appartiene soltanto i serial killer o i “pazzi criminali”.
Che cosa intendiamo dire con questa affermazione?
Lo psichiatra – che ha condotto esperimenti ed osservazioni su gruppi di serial killer confrontati con persone “comuni” accusate di genocidio – sostiene che non bisogna necessariamente essere degli assassini provetti per commettere un delitto; basta “semplicemente” mettere da parte ostacoli di natura morale e sociale, liberarsi del senso di colpa… ed ecco che anche uccidere diventa “alla portata di tutti” (almeno potenzialmente).
Per dire questo, come anticipavo, il dottore, esperto in psicopatologia e psichiatria legale, ha messo a confronto le personalità di assassini seriali e responsabili di genocidio.
Dal punto di vista del profilo psicologico, essi non hanno nulla in comune: il serial killer agisce “nel segreto”, prova piacere ad architettare i propri delitti per soddisfare il proprio ego, per sentirsi onnipotente; la stessa indifferenza provata verso la vittima e la sua sofferenza, è per l’assassino seriale fonte di piacere e di autoesaltazione; a ciò si aggiunge, quasi sempre, un passato traumatico che sicuramente sta alla base per la comprensione della personalità malata del soggetto.
Invece, colui che commette un genocidio è di solito un uomo comune, senza particolari traumi alle spalle, che – lasciandosi travolgere da una sorta di “ebbrezza di branco” – compie ciò che gli viene chiesto senza farsi troppe domande: sta solo compiendo un dovere.
Ma allora cosa li accomuna?
Beh, anzitutto l’assenza del senso di colpa, frutto della scarsa considerazione che entrambi hanno della vittima come essere umano: per sentirsi “autorizzati” ad uccidere essi hanno prima ridotto la vittima in una “cosa”, spersonalizzandola; se non lo facessero, cioè se cominciassero a vedere la vittima come una persona che soffre a causa loro, il serial killer proverebbe un tale disgusto di sè da essere indotto al suicidio…, mentre il responsabile di genocidio sarebbe costretto a mettere in discussione il sistema di ideologie in cui crede e per il quale è disposto a commettere crimini.
Il fatto che entrambe le categorie, il più delle volte, rifiutano la messa in discussione di sè e del proprio modo di pensare, fa sì che essi possano anche ripetere l’atto criminale.
Articxolo tratto da: http://cervelliamo.blogspot.it