I ricercatori dell'IRCCS "E. Medea" – La Nostra Famiglia hanno dimostrato che una buona relazione mamma-bambino favorisce una migliore gestione dello stress, anche in bambini che, dal punto di vista genetico, sono maggiormente predisposti a mostrare un'iperattivazione dei sistemi biologici implicati nella risposta a stimoli stressanti. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica The Journal of Child Psychology and Psychiatry" ed è frutto della collaborazione tra l'Istituto Scientifico lecchese, l'University College of London e l'University of Reading.
Gli studiosi del Medea, per la prima volta, hanno preso in esame l'azione congiunta di alcuni geni e della relazione di attaccamento sulla risposta psicofisiologica allo stress in un campione di oltre 100 bambini tra i 12 ed i 18 mesi. Nello specifico, hanno investigato se i livelli di due importanti indicatori biologici di stress (cortisolo ed alpha amylase), misurabili facilmente e in maniera non invasiva attraverso la saliva, potessero variare nel bambino in seguito a brevi momenti di separazione dalla madre e se tali variazioni fossero associate a particolari geni legati allo stress, agli stili di attaccamento o ad entrambi i fattori.
I risultati della ricerca hanno dimostrato che, tra i bambini che sono più predisposti dal punto di vista genetico allo stress, quelli che hanno stabilito una relazione di attaccamento sicuro con la madre e che pertanto sanno di poter contare sulla sua disponibilità in caso di bisogno sono maggiormente capaci di regolare la loro risposta emotiva e non mostrano una iperreattività dal punto di vista psicofisiologico.
“Questi risultati possono avere significative implicazioni cliniche, considerato l’impatto che lo stress esercita sulla salute sia fisica sia mentale dell’individuo” – afferma Alessandra Frigerio, responsabile dello studio – Pertanto abbiamo deciso di ritestare, in un progetto di ricerca corrente ministeriale attualmente in corso, lo stesso campione di bambini per comprendere maggiormente l’impatto che le prime esperienze relazionali esercitano sul funzionamento psicofisiologico del bambino. Vogliamo cioè capire se una buona qualità della relazione madre-bambino possa continuare a rappresentare, anche a distanza di tempo, un fattore protettivo capace di difendere chi possiede una predisposizione genetica avversa”.
Fonte: Ufficio Stampa IRCCS “Eugenio Medea” – Associazione La Nostra Famiglia, luglio 2009
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