Alla sua età di solito ci si impasticca di caramelle, non di antidepressivi. Ma proprio questa è la terapia prospettata a una bambina inglese di quattro anni, Mollie Murphy, dal suo medico curante. La piccola appare affetta da tristezza cronica, attacchi di vomito e di panico da quando ha dovuto cambiare scuola e lasciare i suoi compagni perché dopo l'asilo non c'era più posto per lei. La madre è attonita. Alcune associazioni di psicologia della famiglia sono già sul sentiero di guerra.
Gli antidepressivi non sono caramelle, avvertono, e nei bambini così piccoli c'è il rischio di effetti collaterali imprevedibili. Mica per niente tre anni fa c'era stato un gran furore quando da un'indagine era risultato che 40 mila allievi delle scuole britanniche, superiori incluse, prendevano farmaci appartenenti a questa categoria. Eppure un certo dottor Kevin Weaver, titolare di un ambulatorio a Sunderland, ha detto alla mamma di Mollie, Victoria Anderson, che se le condizioni psicologiche della bambina non miglioreranno bisognerà considerare anche quest'opzione.
Eppure, da Anna Freud e Melanie Klein in poi, la psicoterapia ha dato benefici incontestabili ai bambini. Quindi non si capisce come mai il dottor Weaver non la consideri l'unica via percorribile per aiutare la sua piccola paziente, che accusa sintomi regolarmente descritti (e curati) già alcuni decenni fa da queste due grandi caposcuola della psicoanalisi infantile: pipì a letto, crisi di pianto irrefrenabili tutte le volte che mamma la porta nella nuova scuola, nausea, insonnia.
Per vedere se fosse possibile riammettere Mollie nella scuola di prima, la East Herrington Primary dove la bambina appariva contenta, il dottor Weaver ha scritto all'autorità locale adducendo la sua diagnosi di stress e depressione, ma non c'è stato niente da fare.
Il medico giustifica così l'eventuale opzione degli antidepressivi: «Sono d'accordo che sarebbe molto inconsueta, ma non è inedita. Prima di solito si tenta una serie di psicoterapie, ma non escludiamo una cura a base di antidepressivi neppure in un bambino di quattro anni».
Ma Barbara Warner, presidente della Association for Family Therapy, lancia l’allarme e protesta: «La ricerca scientifica dice chiaramente che aiutare la famiglia e il bambino è molto più efficace e non ci sono i pericoli degli effetti collaterali».
Fonte: http://www.lastampa.it