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A) Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura (peso corporeo al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto).
Sono inclusi due sottotipi:
- Con Restrizioni: non ha presentato abbuffate o condotte di eliminazione;
- Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: che si sono presentate regolarmente (vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici …).
- mangiare in un definito periodo di tempo una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che ci si aspetterebbe;
- sensazione di perdere il controllo durante l’episodio.
- Con condotte di eliminazione.
- Senza condotte di eliminazione: ha utilizzato altri comportamenti compensatori inappropriati (digiuno, esercizio fisico eccessivo).
Secondo un rapporto sulle malattie mentali di Health Canada, c’è stato un incremento del 34% delle ospedalizzazioni dal 1987, con un’incidenza della patologia sulla popolazione totale del 2%. Per quanto riguarda l’Europa Occidentale, l’incidenza è dello 0.3-0.8% per l’anoressia e 1-2% per la bulimia, dati che salgono notevolmente includendo anche i casi sub-clinici.
Teorie psicoanalitiche-psicodinamiche
Freud ha ipotizzato una regressione allo stato “narcisistico” o alla fase dell’ “oralità attiva” dove esperienze traumatiche, legate alla fase orale, hanno portato il soggetto ad una rimozione della libido con una fissazione alla fase pre-edipica dell’oralità e del legame tra pulsione di morte ed alimentazione. Le pulsioni legate al trauma rimosso potrebbero attualizzarsi attraverso il riemergere della libido e predisporre quindi ai disturbi alimentari.
Abraham (1916) vede l’anoressia come uno stato malinconico-depressivo in cui sono proibiti i desideri orali-cannibalici che portano questi soggetti ad un totale rifiuto del cibo.
Waller et al. (1942) pongono l’accento sulle conflittualità familiari dove l’alternarsi degli episodi anoressici verrebbero interpretati come una regressione a un livello infantile con perdita della sessualità cosciente. L’anoressia assume un significato simbolico di difesa nei confronti di fantasie di fecondazione orale, di conseguenza l’amenorrea rappresenterebbe il rifiuto della sessualità genitale e della gravidanza, mentre la costipazione equivale al figlio nell’addome.
La Klein (1967) ritiene che un sano sviluppo psico-fisico derivi dal passaggio dalla fase schizo-paranoide, in cui il seno materno è dissociato in due oggetti parziali caratterizzati dal seno buono introiettato e dal seno cattivo che viene espulso ed attribuito all’esterno, alla fase depressiva caratterizzata dal relazionarsi non ad oggetti parziali ma ad un oggetto intero (la madre). Secondo la sua teoria l’anoressica non avrebbe completamente superato la posizione schizo-paranoide e rifiuterebbero il cibo in quanto teme che l’incorporazione di quest’ultimo possa distruggere l’oggetto buono.
La concezione di Bion sui disturbi alimentari è essenzialmente riconducibile alla sua concezione dell’apparato per pensare come sistema in evoluzione che descrive un funzionamento che può rendere pensabili elementi affettivi e contenuti privi di forma e può fare una distinzione somato-psichica, attraverso processi di decostruzione e ricostruzione.
Con il termine pensare, Bion designa due processi, che in realtà sono diversi: c’è un pensare che dà origine ai pensieri e un altro pensare che consiste nell’usare i pensieri epistemologicamente preesistenti.
Due meccanismi partecipano alla formazione dell’«apparato per pensare i pensieri»: il primo, rappresentato dalla relazione dinamica fra qualcosa che il bambino proietta, un contenuto, un oggetto, e la capacità della madre di essere aperta con il bambino e che lo contiene, «contenitore»; il secondo è rappresentato dalla relazione dinamica fra le posizioni schizoparanoide e depressiva.
In primo luogo, la madre opera da «contenitore» effettivo delle sensazioni del lattante e con la sua maturità riesce a trasformare emozioni per lui insostenibili in emozioni più «digeribili», sopportabili, in modo tale che il bambino reintroietti l’esperienza emotiva modificata e mitigata, reintroiettando, così là le proiezioni-necessita ciò che si chiama capacità di rêverie.
I nuclei emotivi filtrati dalla funzione alfa (che elabora le emozioni in direzione della pensabilità) si trasformano in elementi alfa, immagini inconsce prevalentemente visive ma talvolta, anche, acustiche e olfattive, che costituiscono la prima tappa verso la formazione del pensiero. Gli elementi alfa non sono ancora pensieri, bensì immagini presenti nel sogno, nei ricordi, nel pensiero onirico della veglia.
Se l’elemento alfa incontra la realizzazione (il seno è disponibile) dà origine ad una concezione (sensoriale-percettiva), se invece incontra una frustrazione (il seno è assente) produce un pensiero. Il pensiero è il risultato della capacità di tollerare la frustrazione, che porta non ad allucinare l’oggetto assente, dandogli un’esistenza illusoria, ma a pensare l’oggetto che non c’è, a desiderarlo, a rappresentarlo come realmente esistente (l’oggetto «buono» permane nella mente, anche in sua assenza), ma al momento non disponibile.
Se la capacità del neonato di tollerare la frustrazione è grande, l’esperienza/percezione del «nessun seno» viene trasformata in un pensiero che aiuta a sopportare la frustrazione stessa. […] Gradualmente questa capacità si trasforma nella capacità di immaginare che la sensazione negativa della frustrazione stia effettivamente avendo luogo a causa di un oggetto «buono» che è assente, ma, può ritornare. Se invece la capacità di tollerare la frustrazione è scarsa, l’esperienza del «nessun seno» non si sviluppa nel pensiero del «buon seno assente» (che può ritornare), ma sussiste come «seno cattivo presente»; questo è sentito come un oggetto cattivo concreto di cui ci si deve liberare mediante l’evacuazione, cioè mediante la proiezione onnipotente. Se quest’ultimo processo rimane tale, i veri simboli e il pensiero non possono svilupparsi.