L’ARFID (Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder – disturbo evitante/restrittivo nell’assunzione di cibo) è un disordine alimentare nuovo, inserito nel DSM V nella categoria dei disturbi alimentari e non riconducibile a patologie più conosciute come l’anoressia, la bulimia o il binge eating disorder.
Pur presentando manifestazioni variegate, si caratterizza soprattutto per l’evitamento di una tipologia specifica di alimenti: si sceglie cosa mangiare in base alle caratteristiche sensoriali del cibo, quali il colore o la consistenza, e si possono temere le conseguenze dell’assunzione di alimenti (soffocamento, conati, ecc.).
Tali paure possono essere dovute a pregresse esperienze alimentari sgradevoli e la persona opterà ad esempio solo per cibi rossi, oppure solo per cibi cremosi o croccanti.
L’esito è una dieta molto ristretta che non apporta all’organismo tutti i valori nutrizionali necessari, con conseguente perdita di peso e ricorso a supplementi in grado di sopperire agli elementi nutritivi mancanti.
Questo rapporto conflittuale con il cibo inizia a delinearsi nella fase infantile o preadolescenziale, ostacolando un corretto sviluppo del bambino che, anche in assenza di dimagrimento, non riesce a raggiungere i livelli di crescita basilari previsti in rapporto alla sua età.
Se non trattata, l’abitudine lesiva si protrae anche in età adulta.
I bambini affetti da arfid non solo dispongono di una gamma alimentare limitata ma rifiutano di assaggiare cibi nuovi, reagendo con disgusto dinnanzi a pietanze che non conoscono e mangiandole solo se nascoste all’interno di altri cibi maggiormente apprezzati.
Inoltre non di rado si riscontrano disagi nella sfera sociale, soprattutto in quelle attività o situazioni legate al cibo, come ad esempio il momento della merenda o del pranzo nella mensa scolastica.
Chiaramente bisogna distinguere un soggetto Arfid da un bambino che, per capriccio, predilige alcuni nutrimenti piuttosto che altri: quest’ultima può rappresentare una fase transitoria, che non comporta gravi alterazioni a livello fisiologico.
E’ invece necessario fare attenzione quando si assiste ad una perdita di peso notevole o quando lo sviluppo non rispecchia le tabelle di crescita, nonché in caso di problematiche scolastiche e sociali inerenti il cibo.
L’intervento deve essere tempestivo dal momento che si possono attivare delle ripercussioni con effetti a lungo termine, tali da inficiare lo sviluppo fisico e psichico del bambino.
Proprio per la natura psicologica di questa disfunzione è utile che il genitore curi l’interazione con il bambino seguendo alcune indicazioni, onde evitare di aggravare involontariamente la condizione del figlio.
Nel caso in cui il bambino abbia vissuto eventi traumatici, connessi o meno al cibo, o abbia assistito a situazioni potenzialmente impressionanti, questi potrebbero rappresentare dei fattori di rischio da non sottovalutare.
Se poi si aggiungono i sintomi sopraelencati, accompagnati da umore irritabile e comportamenti ingestibili, è indispensabile intervenire immediatamente contattando un’équipe multidisciplinare in grado di aiutare il bambino ad esprimere quello che prova, lavorando sia sulla dimensione pediatrica che su quella psicologica, in collaborazione con la famiglia.
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